COMPONI IL PUZZLE
(Il COMPLOTTO)
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«Erano ad un punto morto. Senza di te col ca*** che si faceva l’inchiesta. Siamo seri», scrive su WhatsApp Francesca Immacolata Chaouqui, la lobbista, meglio nota come “papessa”. Chaouqui, in quel momento, sta parlando con Genoveffa “Genevieve” Ciferri, grande amica del monsignor Alberto Perlasca, a sua volta grande accusatore di Becciu. «Se viene fuori che eravamo tutti d'accordo è la fine.»
Francesca Immacolata Chaouqui ha affermato spudoratamente: «SE IO NON FOSSI STATA NOMINATA IN COSEA, PROBABILMENTE SAREBBE PAPA ADESSO; AL PROSSIMO CONCLAVE MAGARI DIVENTAVA PAPA»; «GRAZIE A ME BECCIU NON DIVENTERÀ PAPA». Ecco l'ammissione di colei che ha ordito il complotto! Ecco il fine dell'operazione.
Tutto fa pensare che nella percezione generale sia stato taroccato il nesso eziologico (causa-effetto): tutto il mondo pensa che Becciu venga escluso dal Conclave per essere stato condannato; in realtà anche le parole della Chaouqui fanno intuire che Becciu è stato condannato (senza un briciolo di prova) proprio al fine di espellerlo dal Conclave. La ragion di stato contro la verità, siamo sempre lì: «... meglio che muoia un solo uomo per il popolo...».
2024:
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Elimiano Fittipaldi, Ecco le chat sul caso Orlandi «Bisogna far sparire tutto», in «Domani», 10 maggio 2024. Francesca Immacolata Chaouqui è la “Papessa”: già «accusata di dossieraggio a scopo ricattatorio», licenziata e condannata con divieto di entrare in Vaticano, afferma tuttavia che ha il suo personale «modo di comunicare informazioni» con il Papa. Dopo che nel settembre del 2020 il card. Becciu venne cacciato dal Papa (cacciato da innocente, fino a prova contraria), la Guardia di Finanza italiana, che indagava per altri motivi, trovò nella casa e nell’ufficio della Chaouqui – accusatrice di Becciu – «documenti del Vaticano su Papa Francesco». L'interrogatorio della Chaouqui al processo calendarizzato per il 16 febbraio 2023 è stato improvvisamente e inspiegabilmente cancellato. E cosa c'entra Pell? > Video
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Chaoqui sarà anche una che «parla con il Papa direttamente», ma la credibilità è un'altra cosa.
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«Non distruggiamo il Vaticano»: parola di Chaouqui! (Ansa) Se lo dice lei...
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Emanuela Orlandi, le chat tra Chaouqui e monsignor Balda: «Dobbiamo far sparire quella roba e pagare i tombaroli», in «Il Messaggero», 10 maggio 2024. Anche in francese.
Il 14 maggio 2024, riferendosi chiaramente al card. Becciu (da poco condannato), Chaouqui ha detto: «Ne è valsa la pena, perché se il Santo Padre ti affida una missione, non è importante quanto è difficile; l’importante è ottenere il risultato. (…) Ci ho messo dieci anni per dimostrare questo (...). Tu decidi di supportare il Santo Padre, perché vuoi aiutarlo nella sua missione. (…) Io quel bene che assorbo dal rapporto con il Santo Padre l’ho portato in 37 paesi». Cosa intendeva dire? Che papa Francesco l'avrebbe incaricata di "far fuori" il card. Becciu, magari manipolando il testimone principale Alberto Perlasca e lo stesso sistema giudiziario vaticano? È possibile o si tratta di una millanteria? E in che senso lei «assorbe» il bene dal rapporto con il Santo Padre?
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Arieccola, più spregiudicata e pregiudicata che pria: Francesca Immacolata Chaouqui, in «Dagospia», 16 maggio 2024. «Informazioni false, minacce e rancore». Davvero in Vaticano c'è qualcuno che le dà credito?
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Valeria Pacelli, Tentata estorsione a B.: il processo a Lavitola da rifare, in «Il Fatto Quotidiano», 14 giugno 2024. Diddi, il promotore di giustizia vaticano, difende in Italia Lavitola, il quale insieme a una persona vicina al segretario del Papa incontra Ranucci, il quale diffonde calunnie su Becciu con il sostegno di Chaouqui, protetta da Diddi insieme a Perlasca, che al mercato mio padre comprò... Non c'è più di un legittimo sospetto?
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Paolo Maninchedda, Becciu: il silenzio dei vigliacchi, in «Sardegna e Libertà», 1° luglio 2024. «Il primo elemento che emerge è che Becciu non ha subito un equo processo (non a caso presieduto da un ex magistrato come Giuseppe Pignatone che solo dei folli, o delle menti raffinatissime, hanno potuto chiamare a presiedere questo giudizio, dopo aver letto le carte del processo Palamara e le carte dei tanti libri sulla magistratura ai tempi di Falcone e Borsellino). Non è stato consentito a Becciu di accedere a documenti importanti, citati dall’accusa per le sue imputazioni ma non disponibili nel processo. Becciu ha visto cambiare quattro volte, durante il suo processo e esplicitamente contro di lui, quello che noi chiameremmo il Codice di Procedura Penale, con violazione conclamata del principio giuridico della ratione temporis. È stato accusato di peculato, ma non un euro è stato reperito nei suoi conti personali e i celebri finanziamenti ai familiari (tra cui la conclamata birreria e l’aiuto alla cooperativa del fratello) si sono rivelati o inesistenti o non iscrivibili sotto il segno del reato di peculato data l’attività (certificata) svolta dalla cooperativa per la Caritas diocesana. Le due iniziative di cui è accusato (i soldi per il palazzo e i soldi alla Marogna) sono risultati entrambi istruiti dagli uffici e autorizzati dal Pontefice. Che poi Becciu si sia fatto ammaliare dalla Marogna è un’altra questione, ma, si potrebbe dire, che l’ammaliamento della Marogna sembra essere stato meno infausto dell’ammaliamento del Pontefice per la Chaouqui.»
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Andrea Paganini, Lettera aperta al dottor Pignatone, in «Il Riformista», 7 agosto 2024. «Sul Riformista il professor Paganini pone una domanda centrale per chi ha seguito il delicatissimo caso Becciu. Perché Pignatone, presidente del tribunale vaticano, non ha applicato nel processo da lui presieduto i principi di garanzia e di tutela dell'imputato che adesso, da inquisito invocherà a suo favore? è un articolo serio, da leggere» (Mario Segni). «Andrea Paganini su @ilriformista "Lettera aperta al dottor Pignatone". Immagini se Lei avesse la sfortuna di essere giudicato dal Tribunale Vaticano da Lei presieduto che ha giudicato il cardinal Becciu e non invece da un tribunale della Repubblica Italiana!» (Arturo Parisi).
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Andrea Paganini, "Caso Becciu": un'inchiesta tra giustizia e ingiustizie, in «Settimana News», 17 dicembre 2024. «Becciu nel primo grado di giudizio è stato condannato, ma senza nemmeno l’ombra di una prova; anzi le prove emerse a suo discarico sono state completamente ignorate nella sentenza, e gran parte del materiale probatorio è stato occultato (ad esempio 120 su 126 messaggi WhatsApp intercorsi tra le due donne che hanno tramato con Perlasca, ma anche parti sostanziali dell’interrogatorio di quest’ultimo coperte da omissis): la giustizia, insomma, invece di cercare la verità, l’ha nascosta scientemente. E questo è gravissimo. Come ben emerge dal libro di Nanni, il vero scandalo in Vaticano è quello della giustizia ingiusta. Ma la verità non muore, benché faccia molto meno rumore e sia più lenta delle calunnie: prima o poi arriva. Il caso Becciu di Mario Nanni è un tassello molto importante per farsi raggiungere dalla verità che, come credono i cristiani, ci farà liberi.» Anche in spagnolo.
Nel dicembre del 2024 Chaouqui ha affermato fra l'altro di apprezzare Elon Musk: «Non per i soldi, ma per la capacità di tenere in scacco con le sue idee il pianeta intero». Come lei tiene in scacco il vertice della Chiesa?
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Presentazione del libro "Il caso Becciu" di Mario Nanni, Mediabooks editore, in «Radio Radicale», 20 febbraio 2025. UN VATICANO SENZA PIETÀ! OLTRE CHE SENZA GIUSTIZIA. «Questo è un libro che racconta forse il processo più delicato, più controverso, più anomalo della storia della Chiesa contemporanea. (...) Se è vero che il sistema giudiziario italiano fa acqua e ha mille pecche da risanare, da risolvere e da affrontare con grande severità e decisionismo, il sistema giudiziario vaticano – per come Mario Nanni ce lo racconta in questo libro – fa addirittura acqua da tutte le parti! Perché è un sistema che non tiene mai conto della presunzione d'innocenza; anzi se sei indagato o imputato per conto della Corte vaticana sei destinato a essere comunque condannato senza pietà!» (Pino Nano) ... il promotore di (in)giustizia del Vaticano, Alessandro Diddi, viene descritto come «uno che non distingue un'ostia consacrata da un uovo al tegamino» (Mario Nanni cita don Filippo Di Giacomo). «Gli "omissis" sono 126 messaggi, poi diventati 100, (...) intercorsi tra il famoso promotore di giustizia, un agente segreto, Ciferri, alias Putignani, e un personaggio che avete sentito qualche volte sui giornali, Francesca Immacolata (solo di nome) Chaouqui, personaggio misto, mezza calabrese mezza marocchina, che è stata una delle cause del disastro contro Becciu (...). Arrestata per il caso Vatileaks, condannata, poi ha chiesto a Becciu "Fammi avere la grazia dal Papa", Becciu ha mandato la domanda al Papa, il Papa dice «Non la voglio più sentire nominare, questa donna!»... Dopo un po' di tempo Becciu alla televisione vede un'udienza e tra le persone ammesse al baciamano vede la Chaouqui! (...) Questi "omissis" sono dei messaggi tra Ciferri e il promotore di giustizia (Alessandro Diddi), tra Ciferri e la Chaouqui. Allora io mi domando: come mai il promotore di giustizia decide che di questi 126 messaggi 26 – bontà sua – li fa conoscere e questi 100... "omissis"! Non si possono conoscere, creando un'asimmetria tra la difesa, che non sa nulla, e lui che sapeva tutto! (...) Questa è una cosa che suscita molti interrogativi. Cosa c'è in questi messaggi omissati? Io deduco che non li fanno conoscere, perché altrimenti si squadernerebbe tutta la storia! (...) Se conoscessimo questi messaggi "omissis" forse il processo finirebbe già: "Basta, abbiamo scherzato"» (Mario Nanni).
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Enrica Riera, Il lato oscuro del processo Becciu. Le chat che preoccupano il Vaticano, in «Domani», 14 aprile 2025. MA, SE LA GIUSTIZIA È CORROTTA, ALLORA TUTTO CAMBIA! «Se viene fuori che eravamo tutti d'accordo è la fine.» Eh già, visto che se lo dicono tra di loro – nei 120 messaggi oscurati dalla "giustizia" vaticana che, anziché cercare la verità, l'ha nascosta – c'è da credergli, stavolta! Le carte del processo depositate all’ONU. In Vaticano la lotta alla corruzione, tanto cara al Pontefice, la si è combattuta con atti corruttivi, pur di condannare un innocente! A chi crede che la verità ci farà liberi avevo detto che si trattava di un pugno nello stomaco!
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Ivo Pincara, "Se viene fuori che eravamo tutti d'accordo è la fine", in «Korazym», 14 aprile 2025. LA FINE DELL'INGANNO MONDIALE? Comunicato del Cardinale Giovanni Angelo Becciu «La lettura dei messaggi pubblicati oggi sul quotidiano Domani non può che suscitare profondo sconcerto. Tali rivelazioni confermano quanto da me denunciato sin dall’inizio e che, in gran parte, il processo ha già dimostrato. Solo scelte discutibili adottate dal Tribunale, su sollecitazione dell’Ufficio del Promotore di Giustizia, hanno consentito a queste conversazioni di rimanere segrete. Sin dal primo momento ho parlato di una macchinazione ai miei danni: un’indagine costruita a tavolino su falsità, che cinque anni fa ha ingiustamente devastato la mia vita e mi ha esposto a una gogna di proporzioni mondiali. Ora, finalmente, spero che il tempo dell’inganno sia giunto al termine. Come si legge in uno dei messaggi riportati: “Se scoprono che eravamo tutti d’accordo è finita”. Una frase che, da sola, è più che eloquente. Da questa mattina, molte persone mi stanno contattando, indignate e scandalizzate, dopo aver letto questi ulteriori messaggi. Rimane un’amarezza profonda nel constatare che individui capaci di tali nefandezze nei confronti di un Cardinale – o indifferenti di fronte a esse – continuino a ricoprire ruoli di prestigio in Vaticano. Ho già conferito mandato ai miei avvocati, Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo, di intraprendere ogni azione giudiziaria necessaria per fare piena luce su condotte così sconcertanti, che nulla hanno a che fare con la ricerca della verità. Card. Giovanni Angelo Becciu»
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Franca Giansoldati, Vaticano, pubblici i whatsapp omissati del processo Becciu: «Sapevo che era una macchinazione», in «Il Messaggero», 14 aprile 2025. In Vaticano la perversione della giustizia. Verso la fine della tragica farsa? Anche in tedesco.
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Felice Manti, Becciu infangato a tavolino, la chat che inguaia i suoi accusatori, in «Il Giornale», 14 aprile 2025. «Il processo contro l’ex sostituto alla Segreteria di Stato nasce da una macchinazione creata a tavolino per mascariare l’alto prelato davanti al Pontefice, che oggi parla di «condotte sconcertanti, che nulla hanno a che fare con la ricerca della verità», lui che è stato privato di una serie di guarentigie cardinalizie sulla base di sospetti e illazioni. (...) il capo d’accusa contro Becciu - il memoriale di monsignor Alberto Perlasca - sarebbe stato costruito a tavolino da loro tre in cambio del proscioglimento dello stesso Perlasca, collaboratore di Becciu. Grazie a questo dossier farlocco Perlasca avrebbe (ri)ottenuto un ruolo all’interno del Vaticano e l’accesso ai conti. I tre temevano di essere scoperti («Se viene fuori che eravamo tutti d’accordo, è la fine», si scrivono i tre ), ecco perché la stragrande maggioranza di queste chat è stata omissata (tranne sei messaggi su 126) e mai resa disponibile alle parti, nonostante lo prevedesse il codice, con buona pace del presidente del Tribunale vaticano Giuseppe Pignatone, diventato cittadino vaticano come Diddi, con tanto di stipendio e pensione cumulabile, un pugno di giorni prima della condanna. (...) «C’è un’ulteriore ammissione, profondamente patologica, di un sistema: l’esigenza espressa dalla Chaoqui, di mantenere “due piani”, quello della verità “dove tutti sapevano, dal Papa in giù, cosa stavamo facendo” e il piano processuale, dove “bisogna affermare che nessuno sapeva, perché un complotto porterebbe all’annullamento di un processo che nei fatti è falsato sin dalla sua origine, «con l’assenza di imparzialità e la manipolazione del principale testimone d’accusa».»
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Nico Spuntoni, caso Becciu, gli omissis svelati gettano ombre sull'indagine, in «La Nuova Bussola Quotidiana», 15 aprile 2025. «... dobbiamo capire cosa devi dire. Per evitare che le chat siano considerate attendibili ove mai si decidesse di dissecretarle. Perché in questo caso avrebbe ragione Becciu. Va disinnescata la bomba. Per me vale ciò che ho detto al processo. Non conosco Diddi. Se viene fuori che eravamo tutti d'accordo alla fine». Parole sottolineate nella dichiarazione del cardinale arrivata dopo la pubblicazione dell'articolo di Riera. Per l'ex sostituto questa «frase da sola, è più che eloquente (...). È evidente la sproporzionalità della pena inflitta su questo piano al cardinale Becciu per le accuse successivamente mossegli sul penale e sulle quali stanno emergendo in queste ore elementi davvero discutibili. Si sarebbe quasi portati a chiedere se il processo contro di lui sia stato la causa o l'effetto di quella decisione presa dal Pontefice». Anche in spagnolo.
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Felice Manti, Ecco la chat che svela la macchinazione contro Becciu, in «Il Giornale», 15 aprile 2025. «Che cosa c’è scritto nelle chat desecretate nel caso Becciu? Che quel processo è nullo perché frutto di una macchinazione. (...) Oggi sappiamo anche che la Chaouqui e la Ciferri si scambiavano messaggi - oggi desecretati - nei quali si legge «il processo a Becciu è nullo» (...) «Dobbiamo capire cosa devi dire. Per evitare che le chat siano considerate attendibili ove mai si decidesse di desecretarle. Perché in questo caso avrebbe ragione Becciu. Va disinnescata la bomba. Per me vale ciò che ho detto al processo. Non conosco Diddi. Se viene fuori che eravamo tutti d’accordo è la fine».
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Chat pubblicate da "Domani", Becciu: "Complotto ai miei danni", in «SkyTG24», 15 aprile 2025.
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Enrica Riera, Caso Becciu, le nuove chat: «senza di te inchiesta morta. I pm? Io lavoro per il papa», in «Domani», 16 aprile 2025. ERA – ED È – TUTTA UNA COLOSSALE MONTATURA ORDITA CONTRO UN INNOCENTE! SENZA LE BUFALE DEL TRIO CHAOUQUI-PERLASCA-CIFERRI, BECCIU NON SAREBBE MAI STATO RINVIATO A GIUDIZIO, PERCHÉ COMPLETAMENTE INNOCENTE! LO DICONO LORO STESSI! «Erano ad un punto morto. Senza di te col ca*** che si faceva l’inchiesta. Siamo seri», scrive su WhatsApp Francesca Immacolata Chaouqui, la lobbista, meglio nota come “papessa”. Chaouqui, in quel momento, sta parlando con Genoveffa “Genevieve” Ciferri, grande amica del monsignor Alberto Perlasca, a sua volta grande accusatore di Becciu. Che significano quelle parole?
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Enrica Riera, Becciu, le chat con il braccio destro del papa. «Diddi fornisce informazioni a Chaouqui», in «Domani», 17 aprile 2025. Cosa c'entra Peña Parra? Come mai Ciferri è in collegamento con il sostituto della Segreteria di Stato? Peña Parra non aveva preso le distanze da Perlasca, allontanandolo dalla SdS? Quante menzogne ci hanno fatto credere? E Ciferri a proposito di Chaouqui: «Per quel che riguarda l'attività del Tribunale le informazioni, nel dettaglio, vengono fornite, purtroppo, dal prof Alessandro Diddi, con cui Lei (Chaouqui, ndr) collabora in un non meglio precisato ruolo di “collaboratrice di giustizia”, questo spiega il fatto gravissimo per cui documenti riservati dell’inchiesta siano stati rinvenuti in casa sua, e il perché Lei possa conoscere dettagliatamente, e anticipatamente, ogni attività inquisitoria relativa al Segretario di Stato, alla Sua persona, a quella di monsignor Perlasca, e a quella di tutti gli indagati e di tutti i personaggi entrati a vario titolo nell'inchiesta. Ero a conoscenza, da tempo, che relativamente alla segretezza sull'attività investigativa l'anello debole del Tribunale era il prof Diddi, ma non avrei mai immaginato fino a tal punto». Ecco perché una pregiudicata come Chaouqui, che detiene illegalmente materiale riservato, collabora con la "giustizia" (quell'«anello debole» di Diddi); o la manipola? E senza essere perseguita! COSÌ IL COMBINATO DISPOSTO DI DUE DONNE PERFIDE: UNA (CIFERRI) VOLEVA IL PROSCIOGLIMENTO DEL BARABBA-PERLASCA, L'ALTRA (CHAOUQUI) LA CROCIFISSIONE DI BECCIU. E, IN VATICANO, ENTRAMBE OTTENGONO CIÒ CHE VOGLIONO.
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Felice Manti, Così Diddi rivelava alla Chaouqui i segreti sul processo Becciu, in «Il Giornale», 17 aprile 2025. «Il Papa è stato ingannato su monsignor Angelo Becciu? La Procura di Roma che cosa farà? Continua sul «Domani» la pubblicazione di alcune conversazioni tra le due donne che avrebbero imbeccato il supertestimone nel processo all’ex Sostituto della Segreteria di Stato. Sono le chat messe a disposizione da Genoveffa Ciferri detta Genevieve, grande amica del monsignor Alberto Perlasca che di Becciu era collaboratore con la strettissima collaboratrice del Papa Francesca Immacolata Chaouqui. Parlano del memoriale che Perlasca si è falsamente autoattribuito e che contiene tutte le accuse contro Becciu, condannato in primo grado a cinque anni e sei mesi per truffa e peculato (senza essersi messo in tasca un centesimo) (...). La verità è stata manipolata, ma anche la Ciferri ha capito tardi di essere stata usata. Secondo il «Domani» avrebbe segnalato già allora alcuni strani comportamenti della Chaoqui, invano: «Per ben tre volte presso gli apparati di sicurezza dello stato della Città del Vaticano, e cioè presso l’ufficio del promotore di giustizia Giampiero Milano, presso il commissario Stefano De Santis e presso il promotore Alessandro Diddi», dichiara la donna.» LA SCANDALOSA CORRUZIONE DELLA "GIUSTIZIA" VATICANA.
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Cataldo Intrieri, Vaticano, la notte del diritto: perché abbiamo il dovere di chiedere giustizia all'Italia, in «Domani», 17 aprile 2025. LA NOTTE DEL DIRITTO! LA MORTE DELLA VERITÀ E DELLA GIUSTIZIA. «L’affaire Chaouqui e l’opera di inquinamento sono fatti risaputi a chi abbia seguito il processo. Lo scandalo è stato soffocato occultando con omissis il contenuto delle chat tra la signora, monsignor Perlasca e una sua amica, Genoveffa Ciferri, che ora rende pubblici migliaia di messaggi su questo oscuro rapporto. Per tali motivi noi difensori abbiamo in animo, con delle denunce, di sollecitare l’intervento della magistratura per i fatti realizzati sul territorio italiano. (...) nel cuore della cristianità e dell’Europa degli Stati di diritto, opera una giurisdizione svincolata dalla Rule of The law e dal rispetto del diritto di difesa, una vera e propria autocrazia giudiziaria che condanna, arresta, sequestra beni senza rispettare la volontà ed i principi degli Stati dell’Unione europea a cui a parole dichiara di ispirare il suo sistema giudiziario. Un tema oggi di enorme portata e sul quale lo Stato della Chiesa dovrebbe essere un faro di civiltà e non un pessimo esempio. (...) parliamoci chiaro, se gli imputati incarnano certi modelli che il dilagante populismo ripudia, dall’alto prelato “con le mani in pasta” al finanziere spregiudicato, al funzionario trafficone, perfino la femme fatale, tra leggenda e realtà meglio vinca la favola su cui impancare il mito populista di inesistenti rivoluzioni e palingenesi etiche. L’affaire Chaouqui, i suoi vantati legami con i vertici della giustizia e dello Stato vaticano, l’opera di inquinamento processuale, la sua «missione per conto di Dio» spinta sino alla subornazione di un teste tramite minacce e pressioni, sono fatti risaputi e ben noti a chi abbia seguito il processo. (...) crediamo che in un tempo buio in cui il senso della giustizia e del diritto sembrano persi anche nei paesi liberi, non sia tollerabile che il simbolo della rivoluzione cristiana e di tutti gli ideali più nobili dell’umanità spenga «la democrazia nell’oscurità.»
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Vittorio Feltri, Quel che non si dice su Becciu, in «Il Giornale», 18 aprile 2025. APPELLO A PAPA FRANCESCO PER IL VENERDÌ SANTO: UN INNOCENTE CROCIFISSO BASTA. «Ci sono frasi che valgono come quelle che nei gialli si chiamano "pistole fumanti". Ecco alcuni messaggi. Scrive Chaouqui: "Se viene fuori che eravamo tutti d'accordo è la fine" (tutti: cioè le due donne e Diddi e la gendarmeria). Scandalizzata dalla immoralità di questa conduzione delle indagini, la Ciferri scrive al vescovo Parra, numero 3 del Vaticano, forse per farsi assolvere: «(La Chaouqui) conosce tutti i dettagli dell'inchiesta vaticana. Da chi, e come attinge queste informazioni sensibili? (...) La sostanza è questa. Il processo è marcio. (...) mi rivolgo al Papa. Non conosco indirizzo più umano di questo. Oggi è il Venerdì Santo: ne basta uno di Cristo in croce. Santo Padre, lei che può, stacchi i chiodi, e tiri giù da quel legno il cardinale Becciu. In questi giornni è diventato chiaro come il sole che c'è stata una macchinazione, di cui anche Lei è stato vittima, inducendola ad applicare una cocifissione preventiva, tanto le prove le parvero inequivocabili. (...) I giornalisti – e i vaticanisti non sono da meno – si conformarono alla regola aurea della sopravvivenza dei mediocri: dar ragione all'accusatore. (...) La prego perciò (...) di eliminare con atto sovrano – un colpo secco di bisturi – questo tumore che è cresciuto in Vaticano a colpi di intrigo. Tiri giù Becciu dalla croce.»
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Salvatore Izzo, Caso Becciu. Un'indagine costruita a tavolino su falsità per uccidere senza spargimento di sangue un innocente e con lui la credibilità della Santa Sede, in «Faro di Roma», 18 aprile 2025. IL DIAVOLO FA LE PENTOLE MA NON I COPERCHI «Nelle chat di Genoveffa Ciferri, l’amica e protettrice di mons. Perlasca, secretate al processo vaticano sui fondi della Segreteria di Stato e pubblicate in questi giorni dal quotidiano Domani, ce n’è una che smaschera nelle poche righe di un messaggino watshapp la congiura orchestrata ai danni del card. Giovanni Angelo Becciu, ingiustamente condannato per un peculato che non c’è stato, e del Papa, tratto in inganno sul suo conto attraverso una ben orchestrata strategia di camuffamento della verità (di cui in parte è stato vittima pire Perlasca, il quale riteneva che le false accuse gli fossero suggerite da un anziano magistrato, che invece era la signora Chaouqui). (...) Emerge dunque una verità sconcertante: un pm e due persone estranee al processo che si mettono d’accordo su come addestrare il supertestimone dell’accusa. E a imbeccare le due donne, secondo i legali di Mincione guidati da Gian Domenico Caiazza, Andrea Zappalà, Ester Molinaro e Claudio Urciuoli che hanno ottenuto la chat della Ciferri sarebbe stato lo stesso Diddi. (...) Non va dimenticato che Papa Francesco ha paragonato più volte la calunnia e il pettegolezzo all’omicidio, soprattutto nelle sue omelie mattutine a Santa Marta e in varie udienze generali. (...) “La calunnia è un colpo basso, è dire il falso per rovinare il prossimo. […] È un peccato gravissimo, è omicidio.”» IL CULMINE DELL'IPOCRISIA NELLA "GIUSTIZIA" VATICANA. E DANNI INCOMMENSURABILI. Anche in spagnolo.
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Luis Badilla e Robert Calvaresi, Card. Becciu, "chat omissate smascherano macchinazione ai miei danni. Il tempo dell'inganno è finito”. Le macchinazioni sporche nel processo contro il card. Becciu, in «Osservazioni casuali», 64, 12-19 aprile 2025. «... evidenzia e dimostra quanto la cosiddetta grande stampa – che a volte con ironia si apostrofa con l'espressione "i giornaloni" – sia, probabilmente a sua insaputa (tutto da verificare però) parte del trappolone o complotto contro il cardinale Angelo G. Becciu. È accaduto dal primo giorno, da quando il Papa defenestrò il porporato nel giro di mezz'ora, e alcuni Telegiornali delle ore 20 avevano la notizia con anticipo. Come con largo anticipo la rivista "L'Espresso", diretta da Marco Da Milano, parte dell'operazione e le menzogne di Massimiliano Coccia, orchestrarono il carnevale mediatico per condannare il card. Becciu prima di un processo. Per questa stampa, la sentenza, era quanto trapelava dal Vaticano. Una qualche domanda, un dubbio, una perplessità, una contro indagine? No. Secondo questa visione era tutto chiaro e definitivo. Ora questa medesima stampa tace, fa finta, sdrammatizza, ignora. Insomma, ancora una volta, con astuzia, si manipola la verità dei fatti usando il silenzio o altri pretesti. Forse si aspettano ancora ordini dall'alto, per far funzionare il proprio cervello.» Luis Badilla e Robert Calvaresi dicono pane al pane e vino al vino, papale papale.
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D.L.V. e D.P., Vaticano. Processi pilotati e millantatrici che aleggiano attorno al Papa, in «Silere non possum», 19 aprile 2025. «Tra le decisioni più discutibili prese da Papa Francesco nei primi mesi, spicca quella di affidare un incarico delicatissimo a una donna priva di competenze e rivelatasi una millantatrice: la calabrese Francesca Immacolata Chaouqui. Quest’ultima è stata condannata per reati gravissimi dal Tribunale dello Stato Vaticano. La sentenza fu emessa sotto la presidenza del Dott. Giuseppe Dalla Torre – un magistrato di ben altro spessore rispetto a figure come Pignatone – e risultò così solida e inequivocabile da non essere nemmeno appellata da alcuna delle parti coinvolte. In un messaggio inviato su Facebook al cardinale Angelo Becciu, Francesca Immacolata Chaouqui dichiarava di essere amica di Domenico Giani e Stefano De Santis. Si tratta di una lunga serie di messaggi, dal tono insistente e persecutorio, attraverso i quali la Chaouqui – già condannata in via definitiva – tentava disperatamente di ottenere la Grazia dal Papa per le sue gravissime azioni ai danni del Papa. Nel corso degli anni, Chaouqui si è distinta per una costante sete di visibilità e potere. Ha spesso millantato contatti e relazioni che nella realtà non possedeva, rappresentando uno dei tanti esempi di chi ambisce a entrare nei circuiti vaticani non per vocazione, ma per puro desiderio di affermazione personale. (...) È bene chiarire che oggi non ha più accesso a Casa Santa Marta, ma grazie all’appoggio di uomini come Stefano De Santis, Alessandro Diddi e altri, ha continuato a ricevere informazioni riservate, dando l’impressione di avere un ruolo che in realtà non le spetta. (...) Le conversazioni che pubblichiamo oggi in esclusiva (...) mostrano chiaramente come la Chaouqui abbia mentito anche durante la sua audizione in aula. Una falsità grave, che costituisce un reato e che il Tribunale non potrà ignorare. (...) Papa Francesco è perfettamente consapevole che Francesca Immacolata Chaouqui rappresenta un problema serio. Le sue azioni hanno arrecato danni non solo all’istituzione, ma anche alla sua stessa figura. Tuttavia, nonostante ne conoscesse la pericolosità, l’ha comunque utilizzata per liberarsi di una figura che ormai considerava scomoda. La rabbia della Chaouqui nei confronti del cardinale Angelo Becciu ha raggiunto livelli patologici. La sua è un’ostilità viscerale, carica di rancore. Ricorda la reazione immatura di chi, una volta ottenuto il “giocattolo”, non tollera di vederselo sottratto. Essere stata scoperta, processata e condannata è stato per lei uno smacco intollerabile, una ferita al suo ego. (...) Da anni, Chaouqui utilizza la minaccia e il ricatto come strumenti di pressione. Fa continui riferimenti a presunte rivelazioni, sostiene di sapere molto più di quanto realmente sappia, e costruisce attorno a sé un’aura di potere fondata su illusioni e intimidazioni. I giornali continuano a chiamarla “la papessa” ma il termine corretto è “la millantatrice”. (...) Durante il processo svoltosi in Vaticano, è emerso un fatto di straordinaria gravità: Alessandro Diddi, Promotore di Giustizia, risultava coinvolto nella vicenda su cui egli stesso era chiamato a indagare. Una circostanza che, alla luce del codice di procedura penale che lui non ha mai studiato, avrebbe dovuto comportare la sua immediata ricusazione e la nomina di un sostituto. (...) a muovere i fili, dietro le quinte, c’era ancora una volta Francesca Immacolata Chaouqui. Nelle sue chat, arriva persino a promettere che Perlasca non avrebbe subito alcuna conseguenza legale. (...) Dai messaggi che ora rendiamo pubblici, risulta evidente che Stefano De Santis e Alessandro Diddi condividevano informazioni riservate con Francesca Immacolata Chaouqui. A confermarlo è il fatto che Chaouqui anticipava sistematicamente a Genoveffa Ciferri le mosse del Promotore di Giustizia, al punto che la stessa, preoccupata, scrisse in una chat: “Se viene fuori che eravamo tutti d’accordo, è la fine.” Gli atti di cui parliamo erano stati secretati proprio da Alessandro Diddi, il Promotore di Giustizia coinvolto direttamente nella vicenda. Una decisione gravissima, che solleva interrogativi urgenti: com’è possibile che il Tribunale vaticano abbia consentito tutto questo? Com’è possibile che un promotore possa secretare atti, fingendo di aver avviato un procedimento di cui, a distanza di tempo, non si conosce ancora nulla? E, soprattutto: chi starebbe conducendo le indagini in questo presunto procedimento? Ancora Diddi? Dunque, l’indagato indaga su sé stesso? O forse le indagini sono in mano a Stefano De Santis, lo stesso che ha passato documenti riservati a Francesca Immacolata Chaouqui? Poiché sembra che Alessandro Diddi abbia dimenticato cosa significhi essere un pubblico ufficiale, glielo ricordiamo: il Promotore di Giustizia vaticano lo è a tutti gli effetti. Se un pubblico ufficiale condivide atti di un’indagine delicatissima con una millantatrice o con una giornalista di cui presenta i libri, oppure – peggio ancora – li consegna a un settimanale come L’Espresso, siamo davanti a un reato di estrema gravità. (...) Eppure, da quando la stampa ha iniziato a sollevare domande su questo caso, Diddi ha scelto il silenzio – un atteggiamento in netto contrasto con la sua consueta prontezza nel rilasciare dichiarazioni contro tutto e tutti. La Sala Stampa della Santa Sede, da parte sua, si è trincerata in un mutismo assordante. Nel piccolo Stato vaticano, le voci però non si fermano. Anche Vatican News e l’intera macchina “non comunicativa” di Piazza Pia restano muti, nonostante la portata senza precedenti di quanto sta accadendo. Stupisce, in particolare, il silenzio di Andrea Tornielli (...). Non dimentichiamo che fu proprio lui, forte delle sue “profonde competenze giuridiche”, a definire quello di Sloane Avenue “un processo giusto”. Ora però le alternative sono due: o Alessandro Diddi si dimette immediatamente, oppure si apre una fase che porterà seri grattacapo. Chiunque abbia un procedimento penale in corso in Vaticano non può più essere costretto a subire questo teatrino da processo kafkiano.» Si aggiunga che anche l'inchiesta che, correndo precipitevolissimevolmente da Raffaele Cantone a Perugia (per tappare una falla?), Diddi afferma di aver aperto a proposito dell'operazione di spionaggio e dossieraggio illecito (Striano, Laudati e co.), puzza terribilmente di messinscena: anche lì Diddi finge di indagare su se stesso?
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Ivo Pincara, Le chat depositate all'ONU e rese note da Domani sono l'equivalente di una bomba atomica. I grandi giornali e i telegiornali tacciono. La Santa Sede tace, in «Korazym», 19 aprile 2025. GLI OMISSIS E IL GRAVISSIMO PECCATO DI OMISSIONE. Quello del Vaticano – e dei "giornaloni" – è un silenzio vile o un silenzio complice? Don Abbondio, don Rodrigo o Azzeccagarbugli? Oh, cadranno i sepolcri e grideranno le pietre!
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D.M.T., I cardinali: "Mai più un sud americano". La fabbrica delle fake news vaticane, in «Silere non possum», 23 aprile 2025. DA LEGGERE, CON ATTENZIONE, QUESTO ARTICOLO. Ormai la maschera è caduta, signori Calabrò, Coccia, Diddi, Chaouqui, Perlasca, Pignatone, Ciferri e co.! (ps: io però amo i latinoamericani)
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Giammaria Lavena, Conclave: le tensioni fra Parolin e Becciu pongono quesiti. Cosa succede? Scenari e precedenti, in «SardegnaLive», 24 aprile 2025. «Di recente, le rivelazioni pubblicate dal quotidiano Domani, il 14 aprile 2025, riguardanti nuove intercettazioni e chat inedite nel caso giudiziario che coinvolge il cardinale, gettano nuovi interrogativi sulla vicenda. Queste conversazioni, precedentemente omesse dai magistrati vaticani, sollevano infatti dubbi sulla trasparenza dell'indagine e sulla legittimità delle accuse mosse contro Becciu. Le conversazioni pubblicate includono messaggi tra Francesca Immacolata Chaouqui, lobbista coinvolta nel caso, e Genoveffa Ciferri, collaboratrice di monsignor Alberto Perlasca. In uno dei messaggi, Chaouqui scrive: “Se scoprono che eravamo tutti d’accordo è finita”, suggerendo una possibile concertazione tra le parti coinvolte nell'inchiesta. Altri messaggi rivelano dettagli riservati sull'inchiesta e sugli interrogatori, precedentemente non divulgati. Il cardinale Becciu ha definito queste rivelazioni come la conferma di una "macchinazione" ai suoi danni, denunciando un'indagine "costruita su falsità". Ha sottolineato che tali conversazioni avrebbero dovuto essere rese pubbliche durante il processo e ha annunciato l'intenzione di intraprendere azioni legali per fare luce su queste condotte. Un nuovo tassello sull'imponente vicenda giudiziaria che nei prossimi mesi scriverà nuove pagine: dagli sviluppi sul contrasto pe r il Conclave al processo d'appello previsto per il 22 settembre.»
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Massimiliano Piga, Il caso Becciu e la questione della partecipazione al Conclave del 2005: un'analisi canonica e giuridica, in «Gazzetta Sarda», 24 aprile 2025. «Tuttavia, il processo d’appello in corso e le recenti rivelazioni su presunte irregolarità investigative potrebbero influenzare la percezione della sua innocenza o colpevolezza. Le chat tra Francesca Chaouqui e Genoveffa Ciferri, emerse nel 2025, hanno gettato ombre sul processo originale, suggerendo un coordinamento tra accusatori e il promotore di giustizia Alessandro Diddi. Becciu ha denunciato una “macchinazione ai suoi danni”, annunciando ricorsi internazionali per violazione dei diritti umani. Se tali accuse venissero validate, potrebbero riaprire il caso e, ipoteticamente, portare a una revisione dello status cardinalizio. (...) La sua esclusione dal Conclave, sebbene giuridicamente solida, solleva interrogativi sulla trasparenza dei processi decisionali vaticani e sul bilanciamento tra presunzione di innocenza e reputazione istituzionale.»