COMPONI IL PUZZLE
(Il COMPLOTTO)
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«Erano ad un punto morto. Senza di te col ca*** che si faceva l’inchiesta. Siamo seri», scrive su WhatsApp Francesca Immacolata Chaouqui, la lobbista, meglio nota come “papessa”. Chaouqui, in quel momento, sta parlando con Genoveffa “Genevieve” Ciferri, grande amica del monsignor Alberto Perlasca, a sua volta grande accusatore di Becciu. «Se viene fuori che eravamo tutti d'accordo è la fine.»
Francesca Immacolata Chaouqui ha affermato spudoratamente: «SE IO NON FOSSI STATA NOMINATA IN COSEA, (BECCIU) PROBABILMENTE SAREBBE PAPA ADESSO; AL PROSSIMO CONCLAVE MAGARI DIVENTAVA PAPA»; «GRAZIE A ME BECCIU NON DIVENTERÀ PAPA». Ecco l'ammissione di colei che ha ordito il complotto! Ecco il fine dell'operazione.
Tutto fa pensare che nella percezione generale sia stato taroccato il nesso eziologico (causa-effetto): tutto il mondo pensa che Becciu venga escluso dal Conclave per essere stato condannato; in realtà anche le parole della Chaouqui fanno intuire che Becciu è stato condannato (senza un briciolo di prova) proprio al fine di espellerlo dal Conclave. La ragion di stato contro la verità, siamo sempre lì: «... meglio che muoia un solo uomo per il popolo...».
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Enrica Riera, Becciu, il gendarme a Chaouqui «Ecco cosa deve dire Perlasca», in «Domani», 28 aprile 2025. L'HO SEMPRE DETTO: QUESTA "GIUSTIZIA" È CORROTTA! ORA CI SONO LE PROVE! PROBABILMENTE IL PAPA ERA – COME BECCIU – VITTIMA DELL'IMBROGLIO. E SCATTA LA DENUNCIA ALL'ONU! «Chaouqui ha in effetti indotto la donna a convincere Perlasca ad accusare il cardinale sardo, attraverso dettagli e informazioni riservate che al tempo solo gli inquirenti potevano conoscere. (...) Mancava, come si sul dire, la “pistola fumante” di quello che gli avvocati del presulte definiscono «un vero e proprio complotto» fatto all’insaputa anche di Francesco. Ora Domani ha ottenuto e ascoltato un audio presumibilmente mandato dal commissario Stefano De Santis a Chaouqui (o suoi collaboratori) ad agosto del 2020, qualche giorno prima in cui Perlasca, attraverso un memoriale, si pente attaccando Becciu. (...) De Santis non è un gendarme qualunque: insieme a Gianluca Gauzzi ha condotto tutta l’inchiesta sul “processo del secolo”, è a capo della sicurezza vaticana e soprattutto è stato fino a due giorni fa un uomo di assoluta fiducia di Francesco, che lo apprezzava e stimava. L’audio sarà allegato da Raffaele Mincione (anche lui condannato in primo grado nel processo sul palazzo di Sloane Avenue) alla denuncia già fatta in merito alle chat al relatore speciale dell'Onu, Margaret Sutterhwaite, che gestisce l'ufficio che vaglia l'indipendenza dei giudici all'interno dei processi. Chaouqui e De Santis hanno sempre giurato di non conoscersi. La “papessa”, condannata del 2017 per rivelazione di notizie riservate ma rimasta legata a Francesco anche dopo, nel 2023 ha infatti detto al tribunale di non aver mai parlato con il commissario, di non averci mai «preso un caffè», di non averci intrattenuto alcun «rapporto personale e umano». Il commissario a sua volta ha risposto «assolutamente no» quando sono stati gli avvocati di Becciu a chiedergli se la donna lo avesse contattato per le indagini sul cardinale. L’audio - fosse confermata la sua autenticità - sembra provare il contrario. «Francesca, visto che lui (Perlasca ndr) è in possesso del verbale dell’interrogatorio, perché ne ha avuto copia» inizia una voce identica a quella di De Santis, periziata a Londra dagli avvocati di Mincione con esperti che escludono sia stata fatta con l’Ia. «Si leggesse quello, (il suo stesso verbale, ndr) e sottolineasse tutti i punti (…) in cui alla luce degli ultimi eventi, alla luce degli ultimi fatti, alla luce di un lavoro introspettivo che avrà fatto dentro di sé, chiarisca – tanto per qualificare fatti e atti che non lo riguardano ma riguardano altri – una volta per tutte come il sistema di Crasso e Tirabassi, negli anni in cui lui era capo ufficio, ha avuto quello sviluppo… che sicuramente lui ha trovato essendo arrivato dopo Crasso e dopo Tirabassi, ma che non può non sapere. Lui prendesse spunto da quell’interrogatorio e da quelle domande, e chiarisse tutti quei punti e tutti quei “non so” che ha detto in quella sede» Perlasca nel memoriale del 31 agosto 2020 contenete le prime accuse a Becciu, usa proprio la formula suggerita da De Santis a Chaouqui. Sarà un caso ma prima dice di essere giunto «impreparato all’interrogatorio» di quattro mesi prima (dove aveva negato per ore qualsiasi responsabilità del suo ex superiore Becciu) poi specifica di aver cambiato idea grazie al «lavoro di introspezione che sto portando avanti. Dopo il vocale di De Santis e due giorni prima la stesura del memoriale, Chaouqui manda a Ciferri l’elenco delle accuse che Perlasca deve fare contro Becciu, diviso punto per punto: da «come Mincione pagava le percentuali», alla «Diocesi di Ozzieri e birrificio», fino «ai favoreggiamenti ai fratelli per i lavori edili», e «la società in Slovenia» di Cecilia Marogna, altra imputata in Vaticano. Leggendo il memoriale del super testimone, che verrà poi “salvato” dall’inchiesta grazie alla decisione degli inquirenti di far decadere le prime gravi accuse contro di lui, Perlasca sembra fare un copia e incolla del messaggio della Chaouqui. (...) Tra Chaouqui e Ciferri ci sono infatti altre decine di conversazioni che sembrano dimostrare come la papessa vantasse rapporti stretti con la gendarmeria guidata da Diddi. In una chat inedita del 17 settembre 2021 Ciferri è furiosa. «L’uso di Perlasca finisce qui», dice. Due mesi prima Becciu è stato rinviato a giudizio. La donna lamenta che Perlasca sia stato «indotto a parlare sotto pressione» e che le pressioni sarebbero state mosse perché il monsignore non parlasse ai magistrati del ruolo del cardinale Parolin. «Su Parolin (Perlasca, ndr) ha detto» che se vuole può metterlo «in difficoltà su tutto». Una minaccia? Ma ormai Cifferi, con Perlasca salvo e Becciu a processo, dice di volersi «dissociare» da tutto. «Ecco ora tu puoi fare i tuoi giochi, ma cosa pensi di ottenere? Vuoi fare la paladina del Papa, del tribunale, di Parolin? Nessuno te lo vieta. Figurati io, che non sono nessuno!». In altra chat del maggio 2024 Ciferri torna sui rapporti tra Chaouqui e i gendarmi. «Buona domenica! Nei giorni prossimi, chiedi cortesemente alla gendarmeria, a quel “Gianluca” come lo chiami tu (forse Gauzzi, capo della gendarmeria, ndr), oppure a quel De Santis (non ne ricordo il primo nome) insomma a quelli che conosci all’interno, e con cui svolgevi la collaborazione al tempo, se su eventuale richiesta, devo, oppure no, dirmi disponibile a produrre le chat pregresse intercorse, perché come sai quelle documentano la tua collaborazione con questo Organo inquirente durante le indagini, oltre che principalmente con l’Ufficio del promotore nella persona del prof Diddi». Il 7 ottobre 2021 Chaouqui parla con monsignor Perlasca in persona. All’alto prelato la “papessa” confessa, riferendosi ai promotori di giustizia: «Mi hanno chiesto di dare una mano (…) io stavo collaborando alle indagini». Ma dal vocale emergono anche le preoccupazioni di Perlasca, ex braccio destro di Becciu. Chaouqui cerca di calmarlo. «Dopo che ci hanno querelato che fanno? Ci arrestano perché abbiamo calunniato Becciu?», chiosa la lobbista. E Perlasca: «Sinceramente io di questi fastidi non vorrei averne». La paura è che arrivino denunce da parte del porporato. «Eh lo so, e che cosa possiamo fare? Possiamo ucciderlo (Becciu, ndr)?», incalza Chaouqui. Che è sicura: «Ci ho parlato con Diddi e non c’era nulla. Poi magari lui (Becciu, ndr) la querela non la va a fare dall’ufficio del promotore ma presso Pignatone. Se fosse stato Zanotti l’avrei saputo, Milano sta male ed è ricoverato al Gemelli, Diddi mi ha detto che non ce l’ha». La domanda è solo una: come fa la “papessa” a sapere che presso gli uffici dei promotori di giustizia vaticana non sono pervenute querele a suo carico o a carico di Perlasca? «Per qualunque cosa lei mi chiami, tanto lei lo sa. C’ho questo rapporto con i magistrati… se posso essere utile», conclude Chaouqui. In ultimo Domani è riuscito a ottenere due lunghi vocali tra Chaouqui e Ciferri. È il 28 settembre del 2020, Ciferri, a indagini in corso, è quasi certa che Perlasca la farà franca. Loda il lavoro dell’amica: «Con l’operazione tua hai salvato Perlasca e hai fatto dimettere quello». Chaouqui è modesta: «No. I laici nella chiesa hanno ruolo di supporto. Io sono stata un piccolo strumento di questa vicenda. E in cambio abbiamo ottenuto che Perlasca si tirasse fuori da questa storia. Lui sarà prosciolto e avrà tutto quello che gli è stato detto (…) Adesso ci saranno i rinvii a giudizio e lui sarà tenuto fuori da questa storia». Così è andata.»
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Rita Cavallaro, Conclave e dossier, l'audio con la Gendarmeria che può riaprire il caso Becciu, in «Il Tempo», 28 aprile 2025. «Nell'audio tra De Santis e Chaouqui, il commissario vaticano direbbe alla Chaouqui cosa dire a Perlasca per la ritrattazione, quella testimonianza che rappresenta la svolta nell'inchiesta contro Becciu e che segue quell'«ultima cena» del 5 settembre 2020 al ristorante romano Lo Scarpone, dove Perlasca invita Becciu e videoregistra la loro conversazione, durante la quale il cardinale, saldo nell’idea della separazione tra Stato e Chiesa, critica la perquisizione autorizzata dal Papa alla Segreteria pontificia. Un’opinione politica buttata lì in un momento conviviale con un amico, che invece verrà fatta ascoltare a Bergoglio, insieme agli altri elementi raccolti nell'inchiesta per far passare Becciu come un ladro. Una trappola inaspettata, quella che Perlasca tende all'amico cardinale, visto che il monsignore, fino al maggio precedente, aveva difeso a spada tratta Becciu, dicendo ai magistrati che il porporato non aveva nulla a che fare con la compravendita del palazzo di Londra. Alla fine di agosto, invece, la situazione cambia. Perlasca prima consegna una memoria piena di accuse senza fondamento nei confronti del suo superiore e, alla fine, diventa il principale accusatore di Becciu. E ora l'audio svelato dell'inchiesta apre ad altri gialli. Al punto tale da rimettere addirittura a posto i pezzi di un grande racconto di spie che non era chiaro, né era stato risolto nel corso del processo del secolo contro Becciu. Perché in quel dibattimento di primo grado, finito con la condanna del porporato a cinque anni di reclusione per due peculati e una truffa aggravata scaturiti dall'affare della compravendita del palazzo di Londra, le difese degli imputati avevano più volte chiesto di desecretare le conversazioni, senza alcun esito.»
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Enrica Riera, L'incontro segreto, i consigli degli "amici" e il silenzio dei porporati: cosa (e chi) ha convinto Becciu a rinunciare al Conclave, in «Domani», 28 aprile 2025. «Ieri sera, domenica 27 aprile, ci sarebbe stato un incontro segreto tra lo stesso Becciu e il cardinale Pietro Parolin: il segretario di Stato, nel corso di questa riunione, avrebbe ribadito al porporato l'autenticità delle lettere di Bergoglio. Davanti alla volontà papale – queste sarebbero state le parole di Parolin a Becciu – la Congregazione dei cardinali non ne avrebbe mai autorizzato la partecipazione al Conclave. Tuttavia, dopo l'incontro serale, questa mattina, Becciu, nel corso della Congregazione dei cardinali, avrebbe comunque tenuto il punto sulle sue posizioni, richiamando anche le chat e gli audio pubblicati da Domani al procedimento al termine del quale è stato condannato: per il cardinale e i suoi legali, pronti a presentare un esposto in procura a Roma, quei messaggi tra la lobbista Francesca Immacolata Chaouqui e la sodale del grande accusatore di Becciu, Genoveffa "Genevieve" Ciferri, sarebbero la prova di un processo irrimediabilmente falsato. Come faceva la lobbista in particolare a conoscere dettagli investigativi in possesso dei soli promotori di giustizia e dei gendarmi vaticani? Una domanda che resta aperta e getta ombre sulla reale terzietà della giustizia d'Oltretevere. Intanto nel corso della Congregazione in pochissimi avrebbero preso le difese di Becciu...»
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Franca Giansoldati, Becciu si ritira prima del Conclave: non voterà il nuovo Papa. L'annuncio fatto stamattina ai cardinali, in «Il Messaggero», 28 aprile 2025. «Sul processo sul Palazzo di Londra in passato sono affiorate diverse critiche da parte di molti canonisti perché sarebbero mancate, a loro giudizio, le basi del cosiddetto giusto processo. In questi giorni, tra l'altro, stanno uscendo i messaggi finora coperti dal segreto istruttorio tra le due donne (Chaouqui e Ciferri) che avrebbero architettato un piano per farlo condannare. Il quotidiano Il Domani ha pubblicato una nuova puntata di questa ingarbugliata spy story che coinvolgerebbe anche il pm vaticano e la gendarmeria.»
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Nina Fabrizio, Il Conclave fra tensioni e rischio invalidità: Becciu prepara il passo indietro, in «Quotidiano Nazionale», 29 aprile 2025. «Condannato in primo grado a cinque anni e mezzo per peculato nel processo sui fondi riservati della Santa Sede investiti in operazioni immobiliari a Londra, è emerso di recente che il promotore di giustizia vaticano, Alessandro Diddi, nel corso del processo ha avuto scambi intensi – anche via chat – con una figura del tutto estranea al dibattimento, come Francesca Immacolata Chaouqui. Quest'ultima sarebbe riuscita a influenzare il "pm" al punto da far sollevare da ogni addebito l'amministratore dei fondi della Segreteria di Stato, monsignor Alberto Perlasca, mentre Becciu è risultato colpevole di quasi tutte le accuse. Un processo manovrato, insomma, che ora gli avrebbe fatto conquistare le simpatie di non pochi confratelli, i quali lo vedono come una vittima e, ieri, lo avrebbero sostenuto e difeso. Proprio loro, però, di fronte alla questione se egli sia o meno ammesso a votare – visto che Francesco lo aveva privato dei diritti connessi al cardinalato solo verbalmente, senza un documento scritto – gli avrebbero chiesto il gesto "nobile" del passo indietro. Si teme infatti un Conclave troppo teso, e Becciu si sarebbe lasciato convincere a desistere, affinché i cardinali possano procedere alla scelta del successore di Pietro con maggiore serenità.
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Enrica Riera, Becciu verso la rinuncia al conclave: l'incontro chiave con Parolin, in «Domani», 28 aprile 2025. «SE È COLPA SUA, NON PUÒ ESSERE DI BECCIU»: LO DICONO LORO, QUELLI CHE HANNO MONTATO IL COMPLOTTO! «E spuntano le chat sul segretario di Stato: «Se è colpa sua, non può essere di Becciu» (...) Persino il papa, come ricostruito nei giorni scorsi da Domani, avrebbe firmato prima di morire due lettere mettendo nero su bianco la volontà di escludere il fedelissimo (...). «Nel dubbio dargli la colpa a prescindere», scrive Chaouqui, meglio nota come “papessa”, a Ciferri il 29 agosto del 2020. Tradotto: Perlasca dovrà accusare Becciu a ogni costo. «Perché – continua Chaouqui – è meglio un “colpa sua” che un “non so”». (...) Ma c’è di più. Nelle chat Ciferri e Chaouqui tirano in ballo anche il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, oggi tra i papabili per la successione a Francesco. «Il cardinale Parolin fa la gatta morta, ma... ovviamente molte cose le sa benissimo, e le ha sempre sapute», scrive a gennaio 2021 la sodale di Perlasca alla lobbista. (...) Ma «la linea al momento è di difenderlo, Parolin, purtroppo perché se è colpa di Parolin non è di Becciu», ribatte ancora la lobbista. Difenderlo da cosa o da chi? Per Ciferri non ci sarebbero dubbi: «Parolin ha una parte di responsabilità, se non altro morale, su quanto si svolgeva lì, in quanto ha svolto la parte del cieco e del sordo. Perlasca ha la scusante che era Becciu che lo comandava, ma Parolin che era il capo di tutto, che scusante ha per le sue omissioni?». (...) Ad agosto 2020, il messaggio della “papessa” all’ormai ex amica: «Genevieve state tranquilli, ho contezza diretta e certa che il santo padre, Parolin, Peña Parra e il promotore sono informati della volontà di Perlasca di collaborare alle indagini e ne sono felicissimi. Per loro è vitale il contributo di Perlasca e dal momento che lui ha offerto il suo aiuto loro lo hanno accolto e lo proteggeranno».
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Alessandro Sortino e Marco Occhipinti, Giallo Vaticano: chi ha fatto fuori il cardinale?, in «Le Iene», Italia1, 29 aprile 2025. LA SPIEGAZIONE DELL'IMBROGLIO Francesca Immacolata Chaouqui afferma che Becciu faceva "cose losche", basandosi su quanto sostiene il grande accusatore Perlasca (al processo non c'è altra "prova"). Solo che, al capo dell'Ufficio amministrativo Perlasca, l'idea di addossare quelle colpe al suo superiore Becciu, l'aveva insufflata proprio lei, la "Papessa", manipolandolo con minacce, ricatti e allettamenti. Perlasca, che aveva appena perso il lavoro, è l'"utile idiota" che, in cambio delle sue menzogne, viene scagionato da ogni colpa, benché fosse il vero responsabile dei traffici incriminati, e anzi ottiene la promessa di un posto di lavoro attraente («io di questo sono certa e sicura», sostiene la Chaouqui): profezia che puntualmente si avvera, visto che Perlasca sarà assunto nella magistratura vaticana. Chaouqui – mossa unicamente da uno spirito di vendetta – risulta insomma essere l'alfa e l'omega dell'intera operazione. La domanda a questo punto è: fino a dove arriva l'influenza di questa donna? Come e perché dispone di tanto potere? Sta forse ricattando qualcuno? Con lei, dice, «nessuno è al sicuro». Evidentemente l'imbroglio si basa su un loschissimo "do ut des" in cui la salvezza di Perlasca viene concessa in cambio della cacciata e della condanna di Becciu, conseguendo così la vendetta della Chaouqui: «un'opera ciclopica», dicono. Al processo le testimonianze di Chaouqui e di Perlasca risultano per questo piene di perfide menzogne. La Ciferri da parte sua, stravagante amica di Perlasca, funge da trait d'union tra i due. E gli inquirenti? Da quanto risulta in questo video, il commissario De Santis suggeriva a Chaouqui ciò che Perlasca avrebbe dovuto dire al processo: una manipolazione di testimone, che poi era un modo per scagionare il vero colpevole. Da parte sua Chaouqui, mentendo, afferma di non avere nulla a che vedere con il magistrato Diddi e con lo stesso De Santis: «Io non conosco Diddi, non ho niente a che fare con la gendarmeria, non ho niente a che fare con il processo», si precipita a dichiarare. Solo che al processo Perlasca va in panico e non regge la pressione, perde completamente credibilità. Ecco perché l'amica Ciferri in quei giorni inonda di messaggi chat lo stesso Diddi: perché, a torto o a ragione, è convinta che il magistrato sia una pedina dell'imbroglio (Chaouqui sostiene d'avere una stretta collaborazione con lui, e realmente le conferme sono moltissime) e lo vuole quindi sollecitare a difendere maggiormente il suo sodale Perlasca. E Diddi che fa? Clamoroso: occulta – gravissimamente – i messaggi che risulterebbero utili alla difesa di Becciu e, benché ci sia una notizia di reato, non istruisce alcuna indagine contro la Chaouqui, perché – ammette lui stesso – «in un modo o nell'altro potrei avere un duplice ruolo»: uno scandaloso conflitto di interessi. Inoltre il magistrato mente affermando d'aver bloccato immediatamente la Ciferri sul suo telefonino. Al bravo giornalista Alessandro Sortino, che lo smaschera, dice: «Ma se lei conosce le cose, perché mi fa le domande?», proprio come risponderebbe un imputato colto in castagna. E il giudice Pignatone, perché accetta i giochi sporchi di Diddi? E che ruolo svolgono Parolin, Peña Parra e il "cerchio magico" attorno al Papa in tutto questo? La Ciferri afferma inoltre che la Chaouqui – come Giuda era strato pagato con 30 denari – le ha chiesto 30'000 euro per cotanto servizio di intermediaria con la magistratura; lei ne avrebbe pagati solo 15'000, recapitati attraverso un sindaco della zona. La "Papessa" lo nega – «non ho mai preso un centesimo; non ho mai preso soldi, questo è sicuro» –; ma il sindaco conferma d'averle consegnato il "pacco". Giustamente il giornalista Sortino si domanda: «Ma perché Chaouqui non è mai stata chiamata in Vaticano a deporre?». Poniamoci anche noi questa domanda e cerchiamo una risposta convincente! «Papa Francesco nei suoi ultimi anni di vita potrebbe essere stato vittima di un inganno? Ci potrebbe essere stato un complotto per far fuori uno dei cardinali più influenti per l’elezione del nuovo Papa?» Intanto, contro la malagiustizia vaticana, è stata presentata una denuncia all'ONU! Condividiamo, gente, diffondiamo questo video nel mondo intero! E guardate chi c'era al fianco di Diddi: la "giornalista" servile e velenosa che – complice di una magistratura corrotta, facendosi portavoce di Diddi – ha montato la più violenta e volgare campagna di diffamazione contro un essere umano innocente.
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Franca Giansoldati, Becciu: «Obbedisco a Francesco», scelta per non spaccare il Conclave e la promessa (mancata) del Papa, in «Il Messaggero», 30 aprile 2025. «I documenti in questione (che non sono indirizzati al Collegio Cardinalizio e nemmeno notificati all'interessato secondo la prassi canonica) a detta di una folta schiera di canonisti rappresentano solo le volontà del pontefice ma non hanno in sé valore legale. Tanto però a Becciu è bastato. Ha visto che in gioco c'era la volontà del Papa. Lo stesso Papa che ha sempre servito lealmente e nel quale ha sempre creduto, fino all'ultimo, sperando in una sua riabilitazione completa. (...) Il fatto è che poco tempo prima del ricovero ospedaliero il Pontefice ebbe una conversazione riservata con Becciu dalla quale ebbe rassicurazioni sulla sua riabilitazione. Doveva essere una cosa prossima, bisognava solo trovare il modo. E Becciu ci sperava, ne era convinto, ha sempre gridato la sua innocenza e per lui sarebbe stato un risarcimento personale dopo quello che aveva subito. L'ha sempre chiamata la mia Via Crucis. (...) A Becciu deve essere crollato il mondo addosso, lui che la Chiesa l'ha sempre voluta unita, non poteva essere l'oggetto di altre spaccature e da uomo delle istituzioni si è inginocchiato alla volontà del Papa nonostante le promesse che gli aveva fatto. E così è stato. «Penso che la sua sia stata una nobile decisione, molto responsabile. Credo che si debba dargli atto che ha messo al di sopra della sua situazione il bene della Chiesa. Era una situazione difficilissima. Chapeau» commentava ieri il cardinale Fernando Filoni uscendo a passi veloci dal Vaticano. (...) Nel frattempo continuano ad uscire rivelazioni inedite sulla vicenda al punto da far ipotizzare quasi un complotto ai danni del cardinale. Documenti esclusivi, registrazioni audio, prima sul Domani e poi sulle Iene. E la domanda che la gente si chiede è se Papa Francesco nei suoi ultimi anni di vita potrebbe essere stato vittima di un inganno? E se potrebbe esserci davvero stato un complotto per far fuori uno dei cardinali più influenti per l'elezione del nuovo Papa? Sono i retroscena di presunte manovre sotterranee che avrebbero alterato addirittura il processo contro Becciu, costruendo un impianto accusatorio studiato a tavolino. Il diretto interessato non ha dubbi di sorta: «Queste chat confermano la mia convinzione che c'era gente che aveva cercato di indurre il Papa contro di me, che aveva cercato di ingannare il Papa».
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Card. Versaldi, 'su fiducia tradita non mi riferivo a Becciu' 'Senza condanna definitiva è da considerarsi innocente', «Ansa», 3 maggio 2025. CHI HA REALMENTE TRADITO IL PAPA? BASTA MENZOGNE DAL VATICANO! «La dichiarazione del cardinale Versaldi è particolarmente rilevante in quanto è il primo cardinale che osa parlare con libertà ad evidenziare forti dubbi sulla regolarità del processo che si è trasformato in una esecuzione in piena regola per il cardinale Becciu. È finito il periodo del terrore dentro le mura vaticane?» M.B.
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Rita Cavallaro, Parolin, c'è la sua firma sull'ultimo documento dell'affaire Sloane Avenue che ha segnato il caso Becciu, in «Il Tempo», 5 maggio 2025. Scrive Parolin, «sono favorevole alla stipulazione dei contratti». «... in calce al memorandum, che delinea l'uscita dal Fondo del palazzo (che alla fine è costato al Vaticano 40 milioni di euro e che, nei giorni scorsi, ha portato l'Alta Corte inglese a condannare la Santa Sede al risarcimento di 4 milioni di euro di spese processuali nei confronti di Raffaele Mincione, proprietario dell'immobile), c'è la nota scritta a mano da Parolin, con la quale autorizza l'operazione e la stipulazione dei contratti, che avrebbero portato all'acquisto del palazzo attraverso la società lussemburghese Gutt.Sa, di proprietà del broker Gianluigi Torzi. Una decisione che Parolin avrebbe preso, come lui stesso scrive, dopo aver sentito, la sera prima, il parere del monsignore Alberto Perlasca, il grande accusatore di Becciu, e quello di Fabrizio Tirabassi, l'uno a capo e l'altro minutante dell'Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato. Di questa via libera formale della Santa Sede, in tutto questo scandalo non si era mai parlato. Si era sempre ritenuto che l'iniziativa fosse stata presa dai singoli, senza un avvallo formale, al punto che Becciu ha pagato un prezzo alto nel processo del secolo, finito in primo grado con la condanna del cardinale a cinque anni e sei mesi di reclusione per peculato e truffa aggravata, pur se il dibattimento ha dimostrato che il porporato non si è intascato neanche un centesimo. Questo documento, contenuto all'interno del fascicolo sul processo ma mai trapelato, si trova a pagina 97 dell’allegato denominato «All 15 Annotazione di PG Squillace con allegati», che fa parte del secondo faldone di atti depositati dall'ufficio del promotore di giustizia, Alessandro Diddi, il 20 agosto 2021. Un memorandum che mostrerebbe un'altra versione della storia di quel grande scandalo sui fondi extrabilancio dell'Obolo di San Pietro, che servivano per i poveri e invece sarebbero stati usati per fare affari. E ora queste nuove rivelazioni potrebbero riaprire la questione Becciu, che sembrava chiusa dopo le controverse lettere di Papa Francesco, che escludevano il porporato dal Conclave, e con la rinuncia del cardinale, formalizzata nei giorni scorsi.» BECCIU HA SEMPRE DETTO LA VERITÀ. ALTRI NO!

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Gianluigi Nuzzi, L'ombra di Becciu, in «La Stampa», 6 maggio 2025. SE PERFINO NUZZI – CHE È TUTTO DIRE – PRENDE IN CONSIDERAZIONE LA REALTÀ (QUELLA VERA, NON QUELLA CHE CI HANNO FATTO CREDERE), QUALCOSA VORRÀ PUR DIRE!
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Felice Manti, Si (ri)apre l'indagine vaticana sulle chat del processo Becciu, in «Il Giornale», 7 maggio 2025. «Sono due anni che c'è un'indagine su queste conversazioni «omissate» dallo stesso Diddi. Nel corso del processo, era emerso che Perlasca aveva riferito a De Santis che avrebbe incontrato Becciu alla famosa cena del 5 settembre 2020 al ristorante romano Lo Scarpone, al Gianicolo. Per quale motivo l'avrebbe informato? Era parte della «macchinazione» che oggi lamentano i legali di Becciu? Le due donne millantano anche un ruolo di Pietro Parolin: «Fa la gatta morta, ma... molte cose le sa benissimo, e le ha sempre sapute», dice la Ciferri. Ma che c'entra lui? Come documentato dal Tempo, c'è la sua firma sul via libera all'affare del palazzo di Londra che ha portato alla condanna di Becciu. Il memorandum sull'affarre di Sloane Avenue, nato su idea Credit Suisse di Londra, è datato 25 novembre 2018, quando Becciu era alla Congregazione dei santi. Eppure sarebbe stato costretto al passo indietro sul Conclave «per assecondare la volontà di Papa Francesco», suggellata nelle due lettere firmate F e diffuse dallo stesso Parolin. Le chat - 2.500 pagine circa di fitte conversazioni - sono state consegnate dalla Ciferri al broker Raffaele Mincione, infangato da un processo a suo dire «ingiusto», tanto da rivolgersi all'Onu. Nei giorni scorsi il finanziere ha anche ottenuto la condanna della Santa Sede a rifondere 1,5 milioni di spese legali dopo la condanna decisa dal Tribunale vaticano diretto da Giuseppe Pignatone. «Becciu è stato escluso dal Conclave perché condannato o è stato condannato per farlo fuori dal Conclave?», è la domanda che circola da giorni in Vaticano.» SI SVEGLIANO ALL'ULTIMO MINUTO IN VATICANO? SE LA MAGISTRATURA DEVE INDAGARE SULL'OPERATO DELLA MAGISTRATURA E DELLA GENDARMERIA...
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Giovanni Maria Vian, Sant'Agostino e universalismo, le radici del pontificato di Leone XIV, in «Domani», 10 maggio 2025. Parolin sapeva che Becciu era innocente, ma... «E sul cardinale veneto devono avere pesato anche le ombre del criticatissimo processo vaticano e la vicenda del confratello Angelo Becciu, escluso dal conclave. Tutto questo è sfuggito però alla stragrande maggioranza dei media, da quanto si è sentito e si è letto durante la sede vacante. L’informazione, soprattutto in Italia, ma non solo, è stata infatti strabordante e ossessiva, infondata e acritica come mai prima.» La stampa tifosa che sosteneva spudoratamente Parolin probabilmente lo faceva in modo interessato: lui avrebbe potuto continuare a tener nascoste le scorrettezze compiute in Vaticano contro il cardinale sardo, con la complicità di una perversa campagna stampa di mascariamento. Inoltre Parolin risulta ricattabile (vedansi le chat Chaouqui-Ciferri).
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Felice Manti, La misericordia di Leone XIV sull'escluso Becciu, in «Il Giornale», 27 maggio 2025. MISERICORDIA? A NOI BASTEREBBERO VERITÀ E GIUSTIZIA. «Per quella condanna da cui si proclama innocente, vittima di una macchinazione che trova ogni giorno più conferme, Becciu si era auto escluso da un Conclave al quale aveva più che diritto a partecipare. Lo aveva fatto ufficialmente in ossequio alla volontà di Papa Francesco, espressa in due lettere successive alla cacciata di Becciu dala Curia del 2020 ed esibite fuori dal Conclave a pochi intimi dal Segretario di Stato Pietro Parolin, sulla cui autenticità aveva espresso qualche dubbio persino il cardinale Giuseppe Versaldi, prefetto emerito della Congregazione per l’educazione cattolica ed ex presidente della Prefettura degli affari economici della Santa Sede, uno dei tanti favorevoli alla sua partecipazione al Conclave («finché non c’è la sentenza definitiva uno è innocente»), anche lui convinto come tanti in Vaticano che dietro la condanna per peculato senza pecunia - lo dice la sentenza, Becciu non ha intascato una lira per sé - ci sia stato un complotto. Lo dicono le chat via whatsapp desecretate e senza omissis pubblicate nelle scorse settimane dal Domani (e intercettate anche dal Giornale) tra il Promotore di Giustizia Alessandro Diddi (pm del processo all’ex sostituto), la lobbista Francesca Immacolata Chaouqui voluta da Francesco nella Commissione per la trasparenza finanziaria Cosea nel 2013 e condannata nel 2017 a 10 mesi per rivelazione di notizie riservate nel processo Vatileaks II e infine Genevieve Ciferri, sodale e amica del supertestimone Alberto Perlasca, diventato in una notte da collaboratore a spietato accusatore. Sarebbero loro ad aver imbeccato Perlasca. Sono le conversazioni acquisite dal relatore speciale dell’Onu Margaret Satterhwaite, a capo dell’ufficio che vaglia l’indipendenza dei giudici all’interno dei processi, su denuncia dei legali del finanziere italo-inglese Raffaele Mincione, anch’egli condannato dal Vaticano (ingiustamente, dicono i giudici inglesi a cui si è rivolto) per la presunta speculazione finita male dietro la compravendita del palazzo di Sloane Square a Londra. In quelle conversazioni si parla di un memoriale che sarebbe stato preparato a tavolino da Diddi e da due persone estranee al processo per incastrare Becciu e salvare altri, non solo Perlasca. Chi ha seguito il processo ha capito subito che quella non era farina del sacco dell’ex braccio destro dell’alto prelato sardo, più volte «stanato» dalle domande dei legali di Becciu Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo. All’inizio delle indagini era stato interrogato per 11 ore dal Promotore di giustizia, gli erano stati sequestrati i conti presso Ior e banche italiane, era stato sollevato dal suo incarico di Promotore aggiunto presso la Segnatura, allontanato da Santa Marta, con cittadinanza e stipendio revocati. Una volta consegnato Becciu ai giudici con questo dossier, Perlasca è finito assolto da tutte le accuse e riabilitato in Vaticano con un incarico di prestigio e i conti dissequestrati, a differenza dell’ex prefetto della Congregazione delle cause dei Santi Becciu. Amen. Di «criticità macroscopiche nella gestione del processo» ce ne sono decine, come il peso dei quattro «rescripta» pontifici che hanno modificato la legge a processo in corso, come ha più volte ribadito Geraldina Boni, ordinaria di Diritto ecclesiastico all’Alma Mater di Bologna, già autrice di un parere pro veritate che ha messo in luce la deriva giustizialista di questo processo, piene di «zone d’ombra» e di «bizzarre asserzioni, frutto di incompetenza canonica» da parte dei magistrati del Papa. Altro che «giusto processo», secondo la studiosa ci sarebbe stata persino un’interferenza dei giudici con «il diritto divino naturale», con «rischi concreti per lo Stato pontificio stesso» e senza che la condanna avesse compromesso il diritto di Becciu a partecipare al Conclave. Come ha scritto il Giornale c’è un’indagine su queste e su altre conversazioni «perse», omissate e mai acquisite a processo, vedi gli 8 messaggi su 126 di una particolare chat resi estensibili alle parti dal tribunale vaticano presieduto all’epoca da Giuseppe Pignatone, diventato cittadino di Sua Santità assieme allo stesso Diddi, qualche giorno prima della sentenza di condanna di Becciu, grazie a un motu proprio del Papa scoperto in anticipo dal «Giornale», che ha permesso loro di cumulare anche stipendio e pensione vaticana con gli emolumenti italiani. Ci sarebbe anche un filone sulla possibile subornazione del testimone e su diverse potenziali false testimonianze. «Se viene fuori che eravamo tutti d’accordo è la fine», «il processo a Becciu è nullo», si dicono le due donne. L’indagine verrà riaperta? Non lo sappiamo. Ma dalla conversazione tra Leone XIV e Becciu potrebbe venire fuori un’altra verità sul sedicente «processo del secolo» che ha inchiodato Becciu a una sentenza di colpevolezza che ha ormai perso ogni credibilità.»
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Ignazio Ingrao, Il Tribunale vaticano apre un indagine su Francesca Immacolata Chaouqui per “falsa testimoninza, traffico di influenze e subornazione di testimone, in «Tg1», 4 giugno 2025. DOPO QUASI CINQUE ANNI DI PERSECUZIONI DI UN INNOCENTE, FINALMENTE CI AVVICINIAMO ALLA VERITÀ. ERA OVVIO! MA ERA OVVIO GIÀ DA QUASI CINQUE ANNI! ORA SI SVEGLIA LA "GIUSTIZIA" VATICANA? IL PARADOSSO – ANCHE QUESTO GIÀ CHIARISSIMO DA QUASI CINQUE ANNI – È CHE IL PROMOTORE DI GIUSTIZIA DIDDI A QUESTO PUNTO DOVREBBE INDAGARE... SU SE STESSO E SUL COMMISSARRIO DELLA GENDARMERIA VATICANA! SUL PERVERSO IMBROGLIO CHE HA MESSO IN TRAPPOLA PERFINO PAPA FRANCESCO SI LEGGA IL PUZZLE! «È scandaloso un promotore di Giustizia che indaga solo dopo il clamore mediatico su cose che lui ben conosceva e che ha tenute nascoste» (Solarino Antonino).
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Caso Becciu, Tribunale Vaticano apre fascicolo contro Chaouqui, in «Il Tempo», 4 giugno 2025.
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Vaticano, Tg1: aperto fascicolo su caso Becciu contro Chaouqui, in «ADNkronos», 4 giugno 2025.
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Felice Manti, Processo a Becciu, indagata la Chaouqui, in «Il Giornale», 4 giugno 2025. «Bugie a processo e teste subornato contro il prelato costretto a rinunciare al Conclave»
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Piero Bonito Oliva, Scandalo Vaticano, Francesca Chaouqui indagata: "Ha cercato di influenzare il testimone chiave contro Becciu", in «Dire», 4 giugno 2025. «Secondo quanto appreso dal Tg1, la prima imputazione riguarda l’accusa di aver ricevuto denaro da un’altra testimone del processo, allo scopo di influenzare e condizionare monsignor Alberto Perlasca, considerato il principale accusatore di Becciu. Il secondo capo d’imputazione contesta a Chaouqui una falsa testimonianza resa durante il dibattimento, mentre il terzo, di subornazione, le attribuisce il tentativo di indurre un altro testimone a rilasciare dichiarazioni mendaci.»
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Caso Becciu: indagata Francesca Immacolata Chaouqui, in «La Nuova Sardegna», 4 giugno 2025.
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Felice Manti, Processo Becciu, Chaouqui indagata. "Influenzava il super testimone", in «Il Giornale», 5 giugno 2025. «Da queste conversazioni, agli atti di un processo all'Onu intentato dal finanziere inglese Raffaele Mincione (che ha già ottenuto 1,5 milioni di risarcimento dalla Santa Sede per la sua condanna al processo, come deciso da un tribunale inglese) emergerebbe una macchinazione ai danni di Becciu - da sempre denunciata dai legali Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo - per estrometterlo dai suoi uffici e inimicargli i rapporti con Francesco, a cui Becciu è rimasto comunque fedele, tanto che Francesco avrebbe deciso di mettere per iscritto la sua volontà di estrometterlo dal collegio cardinalizio in due lettere firmate «F», esibite da Pietro Parolin appena prima del Conclave ma su cui più di un alto prelato avrebbe espresso perplessità.»
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D.R.S., Chaouqui. La donna che tradì Bergoglio torna alla ribalta: e ora è indagata, in «Silere non possum», 4 giugno 2025. L'ECATOMBE DELLA GIUSTIZIA VATICANA «Il 22 dicembre 2016, la condanna definitiva per Choauqui, alla quale non fecero neppure appello dato il fatto che era una decisione motivata perfettamente, anzi, fin troppo clemente. Da allora, Chaouqui ha chiesto ripetutamente la grazia, sempre negata da Francesco. Tuttavia, questa donna non si è mai arresa e ha sempre millantato conoscenze e contatti. Basti ricordare i suoi rapporti con Stefano De Santis, Commissario della Gendarmeria Vaticana, con il quale strinse contatti da quando fu incarcerata. Negli ultimi mesi sono emersi messaggi e audio compromettenti, intercorsi tra Chaouqui, De Santis e Genevieve Ciferri, che quest’ultima ha poi inviato ad Alessandro Diddi. Dai messaggi emerge un quadro inquietante: Chaouqui anticipava le mosse del Promotore di Giustizia e sapeva in anteprima gli sviluppi processuali, in particolare quelli legati al processo contro il cardinale Angelo Becciu. Un processo in cui Becciu è stato attaccato, anche da Alessandro Diddi, senza alcun rispetto per la sua dignità episcopale. A diffondere, per prima, la notizia dell’indagine su Chaouqui è stata Maria Antonietta Calabrò, definita da più parti come la “portavoce di Alessandro Diddi”. Giornalista da tempo impegnata in una sistematica campagna mediatica contro il cardinale Becciu, Calabrò è nota per aver promosso incessantemente un libro che altro non è se non un copia e incolla di quanto le è stato riferito direttamente da Diddi. La sua posizione è smaccatamente schierata a favore del Promotore di Giustizia, un dettaglio che mina ulteriormente la già flebile credibilità del personaggio. Come se non bastasse, Diddi ha partecipato alla presentazione del libro di Calabrò, uno degli imputati che Diddi ha processato. Una scena indegna persino della magistratura italiana, oggi spesso criticata per l’eccessiva esposizione mediatica. Proprio durante quella presentazione, alcuni giornalisti andarono a fare delle domande al Promotore di Giustizia, il quale affermò alcune cose false smentite anche dai fatti. Diddi, il quale non ha mai ottenuto competenze in diritto canonico o in quello vaticano, ha sempre agito con fare spavaldo e da sbruffone. Sia in aula nel processo Becciu, sia in altri procedimenti facendo interrogatori a dipendenti che venivano illegalmente arrestati. Nel suo curriculum non esiste alcuna traccia di formazione specifica negli ambiti richiesti per poter esercitare nello Stato della Città del Vaticano. Eppure guida l’Ufficio che dovrebbe rappresentare l’equilibrio e la giustizia dello Stato del Papa. Durante il processo Sloane Avenue, quando vennero portate alla luce le chat tra Chaouqui e De Santis, Diddi omissò i messaggi, impedendo alle difese di leggerli, in un abuso di potere gravissimo. Dichiarò di aver aperto un fascicolo sulla vicenda, ma oggi — a distanza di tempo — si scopre che l’indagine su Chaouqui è partita solo ora, segno che anche su questo punto aveva mentito. La domanda allora sorge spontanea: chi indaga su tutto questo? Diddi stesso? Lo stesso Diddi coinvolto nei fatti? È una situazione paradossale, da Corea del Nord, dove colui che dovrebbe essere imparziale addirittura è parte del problema. È urgente che Alessandro Diddi si dimetta immediatamente e che l’indagine venga affidata a terze parti imparziali, in grado di accertare le responsabilità penali e disciplinari che verosimilmente toccano anche lui. Una cosa è certa: un’indagine condotta da Alessandro Diddid non può avere alcuna credibilità. Si tratta di un avvocato romano che risulta indagato dalla procura per aver abbandonato un’aula di tribunale in Calabria mentre era difensore di alcuni imputati. Ora, con questa mossa mediatica, pare voler fare colpo su Papa Leone XIV, il quale è chiamato a decidere sul suo futuro e su quello di Stefano De Santis, ormai sparito dall’entourage pontificio — non guida più neppure l’auto del Papa. Il vento è cambiato. E qualcuno ha paura di perdere il proprio posto.» È davvero una farsa da scompisciarsi che a dare la notizia sia la "portavoce" di Diddi, protagonista del "giornalismo" più vergognoso prodotto dal consorzio umano.