Il processo in Vaticano (diciassettesima parte)
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«E quando vi consegneranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi» (Matteo 10,19-20).
> Si leggano anche le scorrettezze compiute dalla Giustizia vaticana.
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Rita Cavallaro, Conclave e dossier, l'audio con la Gendarmeria che può riaprire il caso Becciu, in «Il Tempo», 28 aprile 2025. «Nell'audio tra De Santis e Chaouqui, il commissario vaticano direbbe alla Chaouqui cosa dire a Perlasca per la ritrattazione, quella testimonianza che rappresenta la svolta nell'inchiesta contro Becciu e che segue quell'«ultima cena» del 5 settembre 2020 al ristorante romano Lo Scarpone, dove Perlasca invita Becciu e videoregistra la loro conversazione, durante la quale il cardinale, saldo nell’idea della separazione tra Stato e Chiesa, critica la perquisizione autorizzata dal Papa alla Segreteria pontificia. Un’opinione politica buttata lì in un momento conviviale con un amico, che invece verrà fatta ascoltare a Bergoglio, insieme agli altri elementi raccolti nell'inchiesta per far passare Becciu come un ladro. Una trappola inaspettata, quella che Perlasca tende all'amico cardinale, visto che il monsignore, fino al maggio precedente, aveva difeso a spada tratta Becciu, dicendo ai magistrati che il porporato non aveva nulla a che fare con la compravendita del palazzo di Londra. Alla fine di agosto, invece, la situazione cambia. Perlasca prima consegna una memoria piena di accuse senza fondamento nei confronti del suo superiore e, alla fine, diventa il principale accusatore di Becciu. E ora l'audio svelato dell'inchiesta apre ad altri gialli. Al punto tale da rimettere addirittura a posto i pezzi di un grande racconto di spie che non era chiaro, né era stato risolto nel corso del processo del secolo contro Becciu. Perché in quel dibattimento di primo grado, finito con la condanna del porporato a cinque anni di reclusione per due peculati e una truffa aggravata scaturiti dall'affare della compravendita del palazzo di Londra, le difese degli imputati avevano più volte chiesto di desecretare le conversazioni, senza alcun esito.»
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Nicole Winfield, As the Vatican prepares a conclave; the status of a once-powerful Italian cardinal looms, in «The Washington Post», 28 aprile 2025. Anche in spagnolo.
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Enrica Riera, L'incontro segreto, i consigli degli "amici" e il silenzio dei porporati: cosa (e chi) ha convinto Becciu a rinunciare al Conclave, in «Domani», 28 aprile 2025. «Ieri sera, domenica 27 aprile, ci sarebbe stato un incontro segreto tra lo stesso Becciu e il cardinale Pietro Parolin: il segretario di Stato, nel corso di questa riunione, avrebbe ribadito al porporato l'autenticità delle lettere di Bergoglio. Davanti alla volontà papale – queste sarebbero state le parole di Parolin a Becciu – la Congregazione dei cardinali non ne avrebbe mai autorizzato la partecipazione al Conclave. Tuttavia, dopo l'incontro serale, questa mattina, Becciu, nel corso della Congregazione dei cardinali, avrebbe comunque tenuto il punto sulle sue posizioni, richiamando anche le chat e gli audio pubblicati da Domani al procedimento al termine del quale è stato condannato: per il cardinale e i suoi legali, pronti a presentare un esposto in procura a Roma, quei messaggi tra la lobbista Francesca Immacolata Chaouqui e la sodale del grande accusatore di Becciu, Genoveffa "Genevieve" Ciferri, sarebbero la prova di un processo irrimediabilmente falsato. Come faceva la lobbista in particolare a conoscere dettagli investigativi in possesso dei soli promotori di giustizia e dei gendarmi vaticani? Una domanda che resta aperta e getta ombre sulla reale terzietà della giustizia d'Oltretevere. Intanto nel corso della Congregazione in pochissimi avrebbero preso le difese di Becciu...»
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Nina Fabrizio, Il Conclave fra tensioni e rischio invalidità: Becciu prepara il passo indietro, in «Quotidiano Nazionale», 29 aprile 2025. «Condannato in primo grado a cinque anni e mezzo per peculato nel processo sui fondi riservati della Santa Sede investiti in operazioni immobiliari a Londra, è emerso di recente che il promotore di giustizia vaticano, Alessandro Diddi, nel corso del processo ha avuto scambi intensi – anche via chat – con una figura del tutto estranea al dibattimento, come Francesca Immacolata Chaouqui. Quest'ultima sarebbe riuscita a influenzare il "pm" al punto da far sollevare da ogni addebito l'amministratore dei fondi della Segreteria di Stato, monsignor Alberto Perlasca, mentre Becciu è risultato colpevole di quasi tutte le accuse. Un processo manovrato, insomma, che ora gli avrebbe fatto conquistare le simpatie di non pochi confratelli, i quali lo vedono come una vittima e, ieri, lo avrebbero sostenuto e difeso. Proprio loro, però, di fronte alla questione se egli sia o meno ammesso a votare – visto che Francesco lo aveva privato dei diritti connessi al cardinalato solo verbalmente, senza un documento scritto – gli avrebbero chiesto il gesto "nobile" del passo indietro. Si teme infatti un Conclave troppo teso, e Becciu si sarebbe lasciato convincere a desistere, affinché i cardinali possano procedere alla scelta del successore di Pietro con maggiore serenità.
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Franca Giansoldati, Becciu si ritira prima del Conclave: non voterà il nuovo Papa. L'annuncio fatto stamattina ai cardinali, in «Il Messaggero», 28 aprile 2025. «Sul processo sul Palazzo di Londra in passato sono affiorate diverse critiche da parte di molti canonisti perché sarebbero mancate, a loro giudizio, le basi del cosiddetto giusto processo. In questi giorni, tra l'altro, stanno uscendo i messaggi finora coperti dal segreto istruttorio tra le due donne (Chaouqui e Ciferri) che avrebbero architettato un piano per farlo condannare. Il quotidiano Il Domani ha pubblicato una nuova puntata di questa ingarbugliata spy story che coinvolgerebbe anche il pm vaticano e la gendarmeria.»
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Enrica Riera, Becciu verso la rinuncia al conclave: l'incontro chiave con Parolin, in «Domani», 28 aprile 2025. «SE È COLPA SUA, NON PUÒ ESSERE DI BECCIU»: LO DICONO LORO, QUELLI CHE HANNO MONTATO IL COMPLOTTO! «E spuntano le chat sul segretario di Stato: «Se è colpa sua, non può essere di Becciu» (...) Persino il papa, come ricostruito nei giorni scorsi da Domani, avrebbe firmato prima di morire due lettere mettendo nero su bianco la volontà di escludere il fedelissimo (...). «Nel dubbio dargli la colpa a prescindere», scrive Chaouqui, meglio nota come “papessa”, a Ciferri il 29 agosto del 2020. Tradotto: Perlasca dovrà accusare Becciu a ogni costo. «Perché – continua Chaouqui – è meglio un “colpa sua” che un “non so”». (...) Ma c’è di più. Nelle chat Ciferri e Chaouqui tirano in ballo anche il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, oggi tra i papabili per la successione a Francesco. «Il cardinale Parolin fa la gatta morta, ma... ovviamente molte cose le sa benissimo, e le ha sempre sapute», scrive a gennaio 2021 la sodale di Perlasca alla lobbista. (...) Ma «la linea al momento è di difenderlo, Parolin, purtroppo perché se è colpa di Parolin non è di Becciu», ribatte ancora la lobbista. Difenderlo da cosa o da chi? Per Ciferri non ci sarebbero dubbi: «Parolin ha una parte di responsabilità, se non altro morale, su quanto si svolgeva lì, in quanto ha svolto la parte del cieco e del sordo. Perlasca ha la scusante che era Becciu che lo comandava, ma Parolin che era il capo di tutto, che scusante ha per le sue omissioni?». (...) Ad agosto 2020, il messaggio della “papessa” all’ormai ex amica: «Genevieve state tranquilli, ho contezza diretta e certa che il santo padre, Parolin, Peña Parra e il promotore sono informati della volontà di Perlasca di collaborare alle indagini e ne sono felicissimi. Per loro è vitale il contributo di Perlasca e dal momento che lui ha offerto il suo aiuto loro lo hanno accolto e lo proteggeranno».
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Bruno Vespa, Paola Miletich, Giulio Mainetti, Angelo Bagnasco, Alberto Melloni, Massimo Franco, Rosanna Virgili, in «Porta a Porta», 29 aprile 2025. Tutto vero, tranne il punto sul "perdono": si perdonano i colpevoli, non gli innocenti.
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Il processo Becciu e l'audio che agista il Vaticano, in «Domani», 29 aprile 2025.
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Ignazio Ingrao, Sul Conclave e sulla rinuncia del card. Becciu, in «TG1», 29 aprile 2025. «Male non fare, paura non avere»? In genere lo dicono i colpevoli.
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Alessandro Sortino e Marco Occhipinti, Giallo Vaticano: chi ha fatto fuori il cardinale?, in «Le Iene», Italia1, 29 aprile 2025. LA SPIEGAZIONE DELL'IMBROGLIO Francesca Immacolata Chaouqui afferma che Becciu faceva "cose losche", basandosi su quanto sostiene il grande accusatore Perlasca (al processo non c'è altra "prova"). Solo che, al capo dell'Ufficio amministrativo Perlasca, l'idea di addossare quelle colpe al suo superiore Becciu, l'aveva insufflata proprio lei, la "Papessa", manipolandolo con minacce, ricatti e allettamenti. Perlasca, che aveva appena perso il lavoro, è l'"utile idiota" che, in cambio delle sue menzogne, viene scagionato da ogni colpa, benché fosse il vero responsabile dei traffici incriminati, e anzi ottiene la promessa di un posto di lavoro attraente («io di questo sono certa e sicura», sostiene la Chaouqui): profezia che puntualmente si avvera, visto che Perlasca sarà assunto nella magistratura vaticana. Chaouqui – mossa unicamente da uno spirito di vendetta – risulta insomma essere l'alfa e l'omega dell'intera operazione. La domanda a questo punto è: fino a dove arriva l'influenza di questa donna? Come e perché dispone di tanto potere? Sta forse ricattando qualcuno? Con lei, dice, «nessuno è al sicuro». Evidentemente l'imbroglio si basa su un loschissimo "do ut des" in cui la salvezza di Perlasca viene concessa in cambio della cacciata e della condanna di Becciu, conseguendo così la vendetta della Chaouqui: «un'opera ciclopica», dicono. Al processo le testimonianze di Chaouqui e di Perlasca risultano per questo piene di perfide menzogne. La Ciferri da parte sua, stravagante amica di Perlasca, funge da trait d'union tra i due. E gli inquirenti? Da quanto risulta in questo video, il commissario De Santis suggeriva a Chaouqui ciò che Perlasca avrebbe dovuto dire al processo: una manipolazione di testimone, che poi era un modo per scagionare il vero colpevole. Da parte sua Chaouqui, mentendo, afferma di non avere nulla a che vedere con il magistrato Diddi e con lo stesso De Santis: «Io non conosco Diddi, non ho niente a che fare con la gendarmeria, non ho niente a che fare con il processo», si precipita a dichiarare. Solo che al processo Perlasca va in panico e non regge la pressione, perde completamente credibilità. Ecco perché l'amica Ciferri in quei giorni inonda di messaggi chat lo stesso Diddi: perché, a torto o a ragione, è convinta che il magistrato sia una pedina dell'imbroglio (Chaouqui sostiene d'avere una stretta collaborazione con lui, e realmente le conferme sono moltissime) e lo vuole quindi sollecitare a difendere maggiormente il suo sodale Perlasca. E Diddi che fa? Clamoroso: occulta – gravissimamente – i messaggi che risulterebbero utili alla difesa di Becciu e, benché ci sia una notizia di reato, non istruisce alcuna indagine contro la Chaouqui, perché – ammette lui stesso – «in un modo o nell'altro potrei avere un duplice ruolo»: uno scandaloso conflitto di interessi. Inoltre il magistrato mente affermando d'aver bloccato immediatamente la Ciferri sul suo telefonino. Al bravo giornalista Alessandro Sortino, che lo smaschera, dice: «Ma se lei conosce le cose, perché mi fa le domande?», proprio come risponderebbe un imputato colto in castagna. E il giudice Pignatone, perché accetta i giochi sporchi di Diddi? E che ruolo svolgono Parolin, Peña Parra e il "cerchio magico" attorno al Papa in tutto questo? La Ciferri afferma inoltre che la Chaouqui – come Giuda era strato pagato con 30 denari – le ha chiesto 30'000 euro per cotanto servizio di intermediaria con la magistratura; lei ne avrebbe pagati solo 15'000, recapitati attraverso un sindaco della zona. La "Papessa" lo nega – «non ho mai preso un centesimo; non ho mai preso soldi, questo è sicuro» –; ma il sindaco conferma d'averle consegnato il "pacco". Giustamente il giornalista Sortino si domanda: «Ma perché Chaouqui non è mai stata chiamata in Vaticano a deporre?». Poniamoci anche noi questa domanda e cerchiamo una risposta convincente! «Papa Francesco nei suoi ultimi anni di vita potrebbe essere stato vittima di un inganno? Ci potrebbe essere stato un complotto per far fuori uno dei cardinali più influenti per l’elezione del nuovo Papa?» Intanto, contro la malagiustizia vaticana, è stata presentata una denuncia all'ONU! Condividiamo, gente, diffondiamo questo video nel mondo intero! E guardate chi c'è al fianco di Diddi: Maria Antonietta Calabrò, la "giornalista" servile e velenosa che – complice di una magistratura corrotta, facendosi portavoce di Diddi – ha montato la più violenta e volgare campagna di diffamazione contro un essere umano innocente.
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Franca Giansoldati, Becciu: «Obbedisco a Francesco», scelta per non spaccare il Conclave e la promessa (mancata) del Papa, in «Il Messaggero», 30 aprile 2025. «I documenti in questione (che non sono indirizzati al Collegio Cardinalizio e nemmeno notificati all'interessato secondo la prassi canonica) a detta di una folta schiera di canonisti rappresentano solo le volontà del pontefice ma non hanno in sé valore legale. Tanto però a Becciu è bastato. Ha visto che in gioco c'era la volontà del Papa. Lo stesso Papa che ha sempre servito lealmente e nel quale ha sempre creduto, fino all'ultimo, sperando in una sua riabilitazione completa. (...) Il fatto è che poco tempo prima del ricovero ospedaliero il Pontefice ebbe una conversazione riservata con Becciu dalla quale ebbe rassicurazioni sulla sua riabilitazione. Doveva essere una cosa prossima, bisognava solo trovare il modo. E Becciu ci sperava, ne era convinto, ha sempre gridato la sua innocenza e per lui sarebbe stato un risarcimento personale dopo quello che aveva subito. L'ha sempre chiamata la mia Via Crucis. (...) A Becciu deve essere crollato il mondo addosso, lui che la Chiesa l'ha sempre voluta unita, non poteva essere l'oggetto di altre spaccature e da uomo delle istituzioni si è inginocchiato alla volontà del Papa nonostante le promesse che gli aveva fatto. E così è stato. «Penso che la sua sia stata una nobile decisione, molto responsabile. Credo che si debba dargli atto che ha messo al di sopra della sua situazione il bene della Chiesa. Era una situazione difficilissima. Chapeau» commentava ieri il cardinale Fernando Filoni uscendo a passi veloci dal Vaticano. (...) Nel frattempo continuano ad uscire rivelazioni inedite sulla vicenda al punto da far ipotizzare quasi un complotto ai danni del cardinale. Documenti esclusivi, registrazioni audio, prima sul Domani e poi sulle Iene. E la domanda che la gente si chiede è se Papa Francesco nei suoi ultimi anni di vita potrebbe essere stato vittima di un inganno? E se potrebbe esserci davvero stato un complotto per far fuori uno dei cardinali più influenti per l'elezione del nuovo Papa? Sono i retroscena di presunte manovre sotterranee che avrebbero alterato addirittura il processo contro Becciu, costruendo un impianto accusatorio studiato a tavolino. Il diretto interessato non ha dubbi di sorta: «Queste chat confermano la mia convinzione che c'era gente che aveva cercato di indurre il Papa contro di me, che aveva cercato di ingannare il Papa».
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Enrica Riera, Conclave, i cardinali: «Apprezziamo il gesto di Becciu. Ora si accertino i fatti». Il legale di Mincione: Processo falsato, in «Domani», 30 aprile 2025. «Secondo Becciu e i suoi legali il procedimento sulla gestione dei fondi vaticani sarebbe stato pregiudicato: lo dimostrerebbero le chat e gli audio, pubblicati nei giorni scorsi da Domani e depositati all’Onu, in cui la lobbista Francesca Immacolata Chaouqui e la sodale di monsignor Alberto Perlasca, grande accusatore di Becciu, Genoveffa Ciferri, si scambiano informazioni che, al tempo, solo gli inquirenti avrebbero potuto conoscere. Oggi il Times, ricostruisce tutta la vicenda, aggiungendo alcuni particolari. In particolare il giornale britannico ha intervistato l'esperto di diritto internazionale Rodney Dixon KC, che assiste il finanziere Raffaele Mincione, anche lui condannato nel “processo del secolo”: è stato proprio Mincione, tramite gli avvocati, a depositare il nuovo materiale investigativo all’Onu, compreso l’audio in cui Stefano De Santis, commissario della gendarmeria vaticana, sembrerebbe consigliare a Chaouqui quanto Perlasca avrebbe dovuto scrivere all’interno del memoriale d’accusa contro Becciu. La registrazione «sembra indirizzare il modo in cui monsignor Perlasca ha fatto il suo lavoro e indicare come monsignor Perlasca dovrebbe modificare le sue prove», ha detto Dixon al Times. «Le nuove prove sottolineano in modo drammatico la gravità del fallimento dell’Ufficio del Promotore di Giustizia [del Vaticano] di divulgare le informazioni rilevanti alla luce delle garanzie di una difesa completa previste dal diritto internazionale dei diritti umani», ha continuato.» UNA CHIESA MASOCHISTA?
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Nicole Winfield, Prelados agradecen al cardenal Becciu por retirarse del cónclave, in «AP», 30 aprile 2025. Anche in inglese.
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Nico Spuntoni, Becciu, il caso scuote il Conclave. Paura per Parolin, arrivano i medici, in «Il Tempo», 1° maggio 2025. «... non c’è traccia di alcun riferimento ai famosi due documenti attribuiti al Papa che sono stati portati nella quinta congregazione generale e che hanno sollevato le perplessità pubbliche del cardinale Giuseppe Versaldi, incredulo per la loro mancata pubblicazione. Anche perché, come abbiamo svelato ieri, il secondo è stato presentato addirittura come un "motu proprio" ed è risalente al ricovero al Gemelli di Francesco lo scorso marzo. La dichiarazione ufficiale della congregazione lega la mancata partecipazione di Becciu in conclave al suo generoso gesto di farsi da parte mentre non fa alcun accenno all’applicazione delle disposizioni papali contenute nei due documenti. Un’assenza significativa specialmente alla luce dell’acceso dibattito sulla validità di quelle carte. (...) Possibile che il Papa, sostenitore della presunzione d’innocenza in una dichiarazione fatta in volo nel 2021 proprio a proposito del suo ex collaboratore, abbia disposto in punto di morte una punizione così severa sulla base di una sentenza di un tribunale secolare non ancora definitiva? Insomma, la congregazione dei cardinali non si è limitata a riconoscere l’onore delle armi a Becciu, ma in qualche modo ne ha stabilito una riabilitazione pubblica che i media vaticani avevano finora negato come dimostra emblematicamente un editoriale dello scorso 30 ottobre firmato da Andrea Tornielli su Vatican News. Il direttore editoriale del dicastero per la comunicazione della Santa Sede aveva usato toni perentori nel presentare quello vaticano come un processo giusto e all’insegna della trasparenza, non risparmiando anche osservazioni moralisteggianti in base alle quali sarebbe stato «positivo che all’interno dello stesso sistema della Santa Sede si siano sviluppati gli "anticorpi" che hanno permesso di portare alla luce i fatti oggetto del processo, nella speranza che non si ripetano più». Alla luce di quello che sta emergendo sulla genesi del memoriale di monsignor Alberto Perlasca, teste chiave del coinvolgimento di Becciu, l’editoriale di Tornielli sembra davvero invecchiato male. (...) Il paradosso è che la vicenda processuale di Becciu, dopo l’Appello, potrebbe finire in quella stessa Corte di Cassazione vaticana presieduta dal cardinale Kevin Joseph Farrell, ovvero colui che in quanto camerlengo di Santa Romana Chiesa sarebbe stato destinatario dei due documenti sul conclave e li ha tenuti nel cassetto fino alla recente rivelazione. Non solo: Farrell è anche membro dell’Apsa che si era costituita parte civile nel procedimento penale conclusosi in primo grado con la condanna per peculato e truffa a Becciu. Circostanze che fanno alzare il sopracciglio sull’opportunità che sia lui a poter dire l’ultima sulla sentenza d’Appello nel caso in cui ci dovesse essere un ricorso. In ogni caso, toccherà al nuovo Papa eventualmente confermarlo in quel ruolo dove Francesco lo ha voluto nonostante sia privo di competenze giuridiche idonee e nonostante i numerosi altri incarichi rivestiti in Curia.» MA QUANTO FETORE DI MARCIO!
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Caso Angelo Becciu, i legali del processo Vaticano: no alla distorsione della verità, in «Milano Finanza», 1° maggio 2025. Diddi un esperto bugiardo? «I legali (Massimo Bassi, Gian Domenico Caiazza, Cataldo Intrieri, Maria Concetta Marzo, Ester Molinaro, Luigi Panella, Claudio Urciuoli, Francesco Verri, Fabio Viglione, Mario Zanchetti e Andrea Zappalà) affermano che, nonostante Diddi abbia dichiarato che le conversazioni pubblicate dai media fossero «già note» e acquisite agli atti, in realtà solo otto messaggi WhatsApp (su un totale di 126 inviati da Genoveffa Ciferri, amica del testimone chiave monsignor Alberto Perlasca) sono stati «ufficialmente messi a disposizione delle difese, e per di più con parti omissate». Gli altri 118 messaggi, proseguono i legali, sarebbero stati esclusi dal fascicolo con la motivazione che rientrano in un nuovo procedimento separato, su cui però non si hanno informazioni concrete. I difensori, spiegano nella nota, avevano chiesto che questi messaggi venissero inclusi senza omissis, ma il Tribunale ha respinto la richiesta, lasciando la decisione interamente nelle mani del Promotore. I legali contestano anche quanto dichiarato da Diddi in due recenti interviste (al TG1 e al programma Le Iene), in cui ha affermato di aver interrotto subito la comunicazione con Ciferri una volta compreso il contesto. In realtà, secondo la difesa, il blocco sarebbe avvenuto solo dopo quattro giorni e dopo aver ricevuto anche un lungo messaggio vocale con riferimenti specifici a strategie processuali. Oltre alla conversazione tra Diddi e Ciferri, i difensori segnalano l’esistenza di una chat molto corposa (oltre 3.000 pagine) tra la stessa Ciferri e Francesca Immacolata Chaouqui, nonché di un’ulteriore chat tra Ciferri e monsignor Edgar Peña Parra. Queste conversazioni, pur essendo state offerte al Promotore durante le indagini, sarebbero state da lui rifiutate. In conclusione i legali denunciano quella che secondo loro è stata una gestione selettiva delle prove e chiedono «trasparenza, corretto accesso agli atti e rispetto delle garanzie processuali, a tutela del diritto alla difesa e della verità processuale».
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Procès Becciu: Les mystères d'une messagerie, in «Golias», 1° maggio 2025.
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Luisella Scrosati, Rispettare il diritto per garantire la giustizia ed evitare l'assolutismo, in «La Nuova Bussola Quotidiana», 2 maggio 2025. «Che Francesco sia più volte entrato in conflitto con la giustizia, con quel dare a ciascuno il suo che struttura la vita di ogni compagine sociale, inclusa la Chiesa, è piuttosto evidente nel caso del processo che ha coinvolto il cardinale Angelo Becciu; il Papa non si è fatto alcun problema a cambiare le regole del gioco a processo iniziato, infilando ben quattro rescripta, come se nulla fosse. Al cardinale sardo, colpevole o innocente che sia, non è stato concesso un trattamento equo, rispettoso della sua dignità di uomo e di principe della Chiesa. Anomalie che sollevano più di un dubbio circa la legittimità del processo ed allontanano pericolosamente la giustizia vaticana dai parametri internazionali, trasformando la sovranità della Città del Vaticano in un’oscura eccezione giustizialista.»
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Felice Manti, "La Santa Sede risarcisca il broker", la sentenza su Becciu fa tremare il Vaticano, in «Il Giornale», 2 maggio 2025. «Sbugiardato il Promotore di Giustizia Diddi, accusato da tutti i legali del processo sui fondi vaticani di aver nascosto delle prove. (...) Insomma, un doppio ko per Diddi e l'ennesimo segnale che quello che avrebbe essere "il processo del secolo" nasconda una verità che nessuno riesce più a occultare.»
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Angelo Di Natale, Papa Francesco, gigante politico fuori dalla sua Chiesa, ma incapace all'interno di distinguere il bene dal male, in «In Sicilia Report», 2 maggio 2025. Ahimé, la verità brucia!
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Vaticano, Alta Corte inglese condanna Santa Sede a pagare oltre 4 milioni euro al finanziere Raffaele Mincione, in «Il Messaggero», 2 maggio 2025. LA PROVVIDENZA HA TEMPI TUTTI SUOI: PROVVIDENZIALI! OGGI UNA BOMBA DA LONDRA: LA SEGRETERIA DI STATO DEL VATICANO È CONDANNATA A RIMBORSARE RAFFAELE MINCIONE – COIMPUTATO DEL CARD. BECCIU NEL "PROCESSO DEL SECOLO" – CON OLTRE 4 MILIONI DI EURO, A TITOLO DI PARZIALE RIMBORSO IN QUANTO INGIUSTAMENTE ACCUSATO DI DISONESTÀ, FRODE E COSPIRAZIONE DA PARTE DI ALTI FUNZIONARI DELLA SANTA SEDE! INSOMMA: 1) LA GIUSTIZIA VATICANA – ALESSANDRO DIDDI E CO. – MENTIVA! 2) LA STAMPA (FILO)VATICANA – "VATICAN NEWS", ANDREA TORNIELLI, "OSSERVATORE ROMANO", "MARIA ANTONIETTA CALABRÒ" ECC. – MENTIVA! 3) LA CONSEGUENZA LOGICA È CHE BECCIU NON POTEVA ESSERE IN COMBUTTA CON MINCIONE, E QUINDI È INNOCENTE PURE LUI! 4) UNA VERGOGNA COLOSSALE PER LA CHIESA CATTOLICA (O PER I SUOI VERTICI)! 5) AH, CHE PECCATO CHE IL CARD. BECCIU – VITTIMA COME MINCIONE DELLA MALAGIUSTIZIA VATICANA E LA CUI INNOCENZA RISULTA SEMPRE PIÙ EVIDENTE – NON SIA CITTADINO BRITANNICO, ALTRIMENTI NE VEDREMMO DELLE BELLE!
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Antonio Mastrapasqua, Da Prestipino a Becciu: quando la giustizia di Stato diventa presunzione di colpevolezza, in «Affari Italiani», 3 maggio 2025. «E curioso che lo scatto giustizialista a carico di Prestipino – subito sospeso dal suo incarico – non sia stato mai condiviso dalle sorti di Pignatone, a sua volta indagato (sempre a Caltanissetta) su fatti relativi agli anni in cui Pignatone era capo della Procura di Palermo. La carriera di Pignatone è continuata senza conseguenze. E dopo il pensionamento dai ruoli nello Stato italiano, fino al dicembre 2024 è stato presidente del Tribunale Vaticano. L’ipotesi di reato nei suoi confronti – favoreggiamento alla mafia – non gli aveva impedito una fulgida carriera ai vertici della Giustizia anche oltre Tevere. La giustizia (umana) non è uguale per tutti. Speriamo lo sia quella divina, nonostante qualche incertezza anche in Vaticano.»
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Solarino Antonino, Ancora sul card. Becciu, in «Facebook», 3 maggio 2025. «Le idee valgono anche per il prezzo che si è disponibili a pagare per esse.»
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Card. Versaldi, 'su fiducia tradita non mi riferivo a Becciu' 'Senza condanna definitiva è da considerarsi innocente', «Ansa», 3 maggio 2025. CHI HA REALMENTE TRADITO IL PAPA? BASTA MENZOGNE DAL VATICANO! «La dichiarazione del cardinale Versaldi è particolarmente rilevante in quanto è il primo cardinale che osa parlare con libertà ad evidenziare forti dubbi sulla regolarità del processo che si è trasformato in una esecuzione in piena regola per il cardinale Becciu. È finito il periodo del terrore dentro le mura vaticane?» M.B.
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Luigi Bisignani, L'eredità di Bergoglio. Una Chiesa in default, in «Il Tempo», 4 maggio 2025. «È delle ultime ore la vicenda dell'immobile di Sloane Street (Avenue), a Londra, che rende sempre più fragile il caso Becciu. Oltre al danno d'immagine, provocato da un processo che appare taroccato, il Vaticano ha già perso tra i 13 e i 14 milioni di euro. I giudici inglesi lo hanno condannato a coprire le proprie spese legali e a versare oltre 4 milioni di euro al finanziere Raffaele Mincione, che continua a proclamarsi innocente e potrebbe ora chiedere un risarcimento.»
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Vik van Brantegem, L'ingiusta condanna del Cardinal Becciu e la sua esclusione dal Conclave. Approfondimenti e valutazioni – Prima parte, in «Korazym», 4 maggio 2025. Anche in tedesco.
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Rita Cavallaro, Parolin, c'è la sua firma sull'ultimo documento dell'affaire Sloane Avenue che ha segnato il caso Becciu, in «Il Tempo», 5 maggio 2025. Scrive Parolin, «sono favorevole alla stipulazione dei contratti». «... in calce al memorandum, che delinea l'uscita dal Fondo del palazzo (che alla fine è costato al Vaticano 40 milioni di euro e che, nei giorni scorsi, ha portato l'Alta Corte inglese a condannare la Santa Sede al risarcimento di 4 milioni di euro di spese processuali nei confronti di Raffaele Mincione, proprietario dell'immobile), c'è la nota scritta a mano da Parolin, con la quale autorizza l'operazione e la stipulazione dei contratti, che avrebbero portato all'acquisto del palazzo attraverso la società lussemburghese Gutt.Sa, di proprietà del broker Gianluigi Torzi. Una decisione che Parolin avrebbe preso, come lui stesso scrive, dopo aver sentito, la sera prima, il parere del monsignore Alberto Perlasca, il grande accusatore di Becciu, e quello di Fabrizio Tirabassi, l'uno a capo e l'altro minutante dell'Ufficio amministrativo della Segreteria di Stato. Di questa via libera formale della Santa Sede, in tutto questo scandalo non si era mai parlato. Si era sempre ritenuto che l'iniziativa fosse stata presa dai singoli, senza un avvallo formale, al punto che Becciu ha pagato un prezzo alto nel processo del secolo, finito in primo grado con la condanna del cardinale a cinque anni e sei mesi di reclusione per peculato e truffa aggravata, pur se il dibattimento ha dimostrato che il porporato non si è intascato neanche un centesimo. Questo documento, contenuto all'interno del fascicolo sul processo ma mai trapelato, si trova a pagina 97 dell’allegato denominato «All 15 Annotazione di PG Squillace con allegati», che fa parte del secondo faldone di atti depositati dall'ufficio del promotore di giustizia, Alessandro Diddi, il 20 agosto 2021. Un memorandum che mostrerebbe un'altra versione della storia di quel grande scandalo sui fondi extrabilancio dell'Obolo di San Pietro, che servivano per i poveri e invece sarebbero stati usati per fare affari. E ora queste nuove rivelazioni potrebbero riaprire la questione Becciu, che sembrava chiusa dopo le controverse lettere di Papa Francesco, che escludevano il porporato dal Conclave, e con la rinuncia del cardinale, formalizzata nei giorni scorsi.» BECCIU HA SEMPRE DETTO LA VERITÀ. ALTRI NO!

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Jaime Gurpegui, El “mal menor” era cómplice: Parolin firmó la operación que arruinó al Vaticano y hundió a Becciu, in «Infovaticana», 5 maggio 2025. «La firma que lo cambia todo.»
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Rita Cavallaro, Il documento segreto che riabilita Becciu: la firma del cardinale Parolin sull'affare di Londra, in «L'Identità», 6 maggio 2025. CONTRO LA LOGICA ILLOGICA DEL LUPO C'È POCO DA FARE PER L'AGNELLO. ANCHE SE HA TUTTE LE RAGIONI DEL MONDO. UNA MACCHIA INDELEBILE SULLA CHIESA!
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Gianluigi Nuzzi, L'ombra di Becciu, in «La Stampa», 6 maggio 2025. SE PERFINO NUZZI – CHE È TUTTO DIRE – PRENDE IN CONSIDERAZIONE LA REALTÀ (QUELLA VERA, NON QUELLA CHE CI HANNO FATTO CREDERE), QUALCOSA VORRÀ PUR DIRE!
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Felice Manti, Si (ri)apre l'indagine vaticana sulle chat del processo Becciu, in «Il Giornale», 7 maggio 2025. «Sono due anni che c'è un'indagine su queste conversazioni «omissate» dallo stesso Diddi. Nel corso del processo, era emerso che Perlasca aveva riferito a De Santis che avrebbe incontrato Becciu alla famosa cena del 5 settembre 2020 al ristorante romano Lo Scarpone, al Gianicolo. Per quale motivo l'avrebbe informato? Era parte della «macchinazione» che oggi lamentano i legali di Becciu? Le due donne millantano anche un ruolo di Pietro Parolin: «Fa la gatta morta, ma... molte cose le sa benissimo, e le ha sempre sapute», dice la Ciferri. Ma che c'entra lui? Come documentato dal Tempo, c'è la sua firma sul via libera all'affare del palazzo di Londra che ha portato alla condanna di Becciu. Il memorandum sull'affarre di Sloane Avenue, nato su idea Credit Suisse di Londra, è datato 25 novembre 2018, quando Becciu era alla Congregazione dei santi. Eppure sarebbe stato costretto al passo indietro sul Conclave «per assecondare la volontà di Papa Francesco», suggellata nelle due lettere firmate F e diffuse dallo stesso Parolin. Le chat - 2.500 pagine circa di fitte conversazioni - sono state consegnate dalla Ciferri al broker Raffaele Mincione, infangato da un processo a suo dire «ingiusto», tanto da rivolgersi all'Onu. Nei giorni scorsi il finanziere ha anche ottenuto la condanna della Santa Sede a rifondere 1,5 milioni di spese legali dopo la condanna decisa dal Tribunale vaticano diretto da Giuseppe Pignatone. «Becciu è stato escluso dal Conclave perché condannato o è stato condannato per farlo fuori dal Conclave?», è la domanda che circola da giorni in Vaticano.» SI SVEGLIANO ALL'ULTIMO MINUTO IN VATICANO? SE LA MAGISTRATURA DEVE INDAGARE SULL'OPERATO DELLA MAGISTRATURA E DELLA GENDARMERIA...
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Angela Ambrogetti, Tra il bene e il male, il diritto tra ordinamento italiano e canonico, in «Ewtn», 8 maggio 2025. «Non conosciamo la fonte della comunicazione divulgata, né se si tratti di un documento, l’epoca della sua redazione e quale natura esso rivesta. Se si tratta di un documento autentico in cui sarebbe depositata la volontà del papa di escludere il cardinale dal conclave, osservo che nella Costituzione Apostolica Romano Pontifici eligendo di Paolo VI vi era una norma che andava in senso esattamente contrario alla presunta decisione di papa Francesco. L’art. 35 suonava così: “Nessun Cardinale elettore potrà essere escluso dall’elezione, attiva e passiva, del Sommo Pontefice, a causa o col pretesto di qualunque scomunica, sospensione, interdetto o di altro impedimento ecclesiastico; queste censure dovranno ritenersi sospese soltanto agli effetti di tale elezione”. L’articolo seguente sanciva l’esclusione dei cardinali canonicamente deposti o che abbiano rinunciato, con il consenso del papa, alla dignità cardinalizia. Ne consegue che il diritto di voto in conclave è strettamente legato alla dignità cardinalizia, che non mi risulta sia stata tolta al card. Becciu, il quale comunque non è incorso in alcuna scomunica o interdetto, che comunque sarebbero sospesi. Il n. 35 della Costituzione vigente UniversiDominici gregis, di Giovanni Paolo II, recita: “Nessun Cardinale elettore potrà essere escluso dall’elezione sia attiva che passiva per nessun motivo o pretesto, fermo restando quanto prescritto al n. 40 e al n. 75 di questa Costituzione”. Dunque, sostanzialmente la stessa prescrizione di Paolo VI, anche se molto più sobria. (...) la minore tutela del diritto di difesa non proviene solo dalla cattiva volontà o dalla scarsa preparazione degli operatori del diritto nella Chiesa, ma dal fatto che il processo penale canonico presenti ancora un carattere marcatamente inquisitorio, quando invece gli ordinamenti dei paesi democratici più avanzati hanno gradualmente purificato gli elementi di carattere inquisitorio per assumere caratteri più marcatamente garantisti per gli imputati, come accade negli ordinamenti processuali a carattere accusatorio. (...) Il diritto di difesa è il diritto di opporre le proprie ragioni a discolpa o diminuzione delle responsabilità dell’imputato, assistito da una difesa che occupi nel processo un posto di parità rispetto alla pubblica accusa. S. Alfonso, già nella metà del settecento, scriveva che il giudice non può condannare l’accusato, se per scienza privata sa esser colpevole, ma lo può condannare solo secundum allegata et probata. Nelle cause criminali si deve sempre porre a favore del reo, quando vi sono ragioni probabili in sua difesa (in dubio, pro reo). Il reo, poi, “può resistere positivamente per liberarsi dalle mani de’ birri, se condannato a morte può lecitamente fuggire dalla carcere” e poi, infine, una chicca che lascia interdetti per la modernità del suo pensiero: “Essendo poi lecito al reo il fuggire, è lecito ancora agli altri il somministragli le funi, le lime o altri stromenti a poter fuggire …”. Allora si trattava spesso del diritto di difesa della propria vita. Giudichi il lettore se da allora ad oggi vi sia stato un vero progresso nella tutela del diritto alla difesa. (...) Non è sufficiente proclamare il diritto di difesa, occorre renderlo effettivo creando i meccanismi processuali che lo salvaguardino, senza far difetto alla ricerca della verità e delle responsabilità individuali.» IL CARDINALE BECCIU – INNOCENTE MESSO IN CROCE – HA AMATO LA CHIESA, FINO ALLE ESTREME CONSEGUENZE.
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Giuliano Foschini, Il Conclave visto da Becciu: "Il mio passo indietro per la serenità (dei cardinali)", in «La Repubblica», 8 maggio 2025. «La messa in una chiesetta al Trionfale, come un semplice parroco. L’attesa, e la fiducia, per la scelta del nuovo Papa. La “sofferenza” per quello che è successo. La consapevolezza che, se questo Conclave si sta tenendo senza polemiche, è anche grazie al suo “passo indietro”. Ma anche una “grande serenità: la mia coscienza è tranquilla. Non ho mai incassato un soldo, non ho favorito familiari, ho sempre e soltanto lavorato per la Santa Sede: quegli investimenti, che mi erano stati proposti da altri, dovevano servire soltanto ad aiutare il Vaticano”. C’è un 134esimo cardinale che avrebbe potuto essere nella Sistina e che, invece, ha gli occhi al cielo in attesa di sapere quando e chi sarà il nuovo Papa. E’ il cardinale Angelo Becciu che, dopo la decisione di Papa Francesco, documentata in una lettera firmata poco prima di morire, aveva perso il suo diritto di entrare nella Sistina. Su quel documento Becciu avrebbe potuto aprire un caso […]. Ma ha raccolto l’invito dei suoi colleghi cardinali – in particolare di Pietro Parolin e del decano del collegio cardinalizio, Giovanni Battista Re – e ha deciso di “obbedire, avendo a cuore il bene della Chiesa, come ho sempre fatto, alla volontà di Papa Francesco di non entrare in Conclave, pur rimanendo convinto della mia innocenza". Tutto nasce dalla condanna per peculato avuta in primo grado per la storia del palazzo di Sloan Avenue, l’immobile acquistato a Londra dal Vaticano e che si è rivelato un pessimo affare per la Santa Sede. Becciu aveva dato il via libera all’operazione “perché lo studio che si occupava di questo investimento”, ha raccontato più volte il cardinale, “mi aveva assicurato che era un buon investimento e non mi aveva balenato il minimo rischio”. In sentenza i giudici – che hanno riconosciuto come Becciu non abbia guadagnato un euro dall’operazione – gli hanno però contestato di non essersi comportato come “un bravo padre di famiglia”. Un punto però che gli avvocati di Becciu – Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo – sono convinti di poter smontare facilmente nell’appello che comincerà alla fine dell’anno visto che operazioni simili erano state fatte anche prima della vicenda londinese. E che il tutto era stato proposto e raccomandato a Becciu come un affare sicuro. Ma il futuro del cardinale sardo non passa soltanto per il tribunale vaticano. Perché proprio la sua scelta di evitare la conta, di non “macchiare la serenità del Conclave”, potrebbe portare a una sua riabilitazione in tempi molto più brevi. Molti cardinali sono infatti convinti dell’innocenza di Becciu. O comunque della necessità del perdono, ancor più dopo la sua scelta del passo di lato, per alcuni versi inevitabile ma che comunque è stata assai apprezzata. […] “È un bravo prete ed è sempre stato leale con il Papa. Io mi occupo di dottrina e non di finanze ma sono convinto della sua innocenza” aveva detto a Repubblica l’influentissimo cardinale tedesco, Gherard Muller. Spiegando della necessità che debba “essere riabilitato. Noi ci aspettiamo che il prossimo Papa lo faccia subito. Però saremo noi a chiederlo”. […]»
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Giovanni Maria Vian, Sant'Agostino e universalismo, le radici del pontificato di Leone XIV, in «Domani», 10 maggio 2025. Parolin sapeva che Becciu era innocente, ma... «E sul cardinale veneto devono avere pesato anche le ombre del criticatissimo processo vaticano e la vicenda del confratello Angelo Becciu, escluso dal conclave. Tutto questo è sfuggito però alla stragrande maggioranza dei media, da quanto si è sentito e si è letto durante la sede vacante. L’informazione, soprattutto in Italia, ma non solo, è stata infatti strabordante e ossessiva, infondata e acritica come mai prima.» La stampa tifosa che sosteneva spudoratamente Parolin probabilmente lo faceva in modo interessato: lui avrebbe potuto continuare a tener nascoste le scorrettezze compiute in Vaticano contro il cardinale sardo, con la complicità di una perversa campagna stampa di mascariamento. Inoltre Parolin risulta ricattabile (vedansi le chat Chaouqui-Ciferri).
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Luigi Bisignani, La Chiesa italiana è finita. Può andare in pace, in «Il Tempo», 11 maggio 2025. «Il metodo è stato spietato: punire uno per ammonire tutti. Il caso Becciu è la parabola perfetta. Colpito, umiliato, processato con Francesco sempre vigile nel negare sia la misericordia che il garantismo. Il processo si è rivelato un'operazione più politica che giudiziaria. Il messaggio era chiaro: chiunque emerga troppo, o abbia seguito o carisma, verrà neutralizzato. È stato il gesuitismo applicato al governo della Chiesa, con buona pace del Vangelo.» AHIMÉ, SOPRATTUTTO È MANCATO IL GARANTISMO (eppure Gesù era stato chiaro: «Se ho parlato male, dimostrami dov'è il male; ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?»)
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Lorenzo Zilletti, Processo penale e poteri divini, quando l'ultima parola è del Papa "per conto di Dio", in «Il Riformista», 18 maggio 2025. «In Vaticano le regole del processo possono essere in ogni momento riscritte “ad hoc” dal Pontefice. Proprio come è accaduto nel “processo del secolo”. (...) Un’inquietudine che cresce all’ennesima potenza quando si apprende che a sollecitare l’adozione dei rescripta può essere il promotore di giustizia, ossia quello che dalle nostre parti – varcata Porta Pia – viene chiamato pubblico ministero…»
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Caso Becciu, violazione dei diritti di difesa o rescripta legittimi? Parla il Promotore di Giustizia, in «Il Riformista», 19 maggio 2025. «Con quei “rescripta”, infatti, era stato consentito all’Ufficio inquirente (il Promotore di Giustizia) di adottare -solo per questo processo, dunque solo nei confronti di quegli imputati- i provvedimenti più invasivi della libertà personale degli indagati (arresti, sequestri, intercettazioni, etc.) senza alcuna autorizzazione di un Giudice, come invece previsto dal codice di rito dello Stato Vaticano. Si trattava dunque, secondo le difese, di una violazione dei diritti di difesa senza precedenti o equivalenti in alcuno degli ordinamenti giuridici moderni, in eclatante violazione dei principi del “giusto processo” ai quali pure, nel 2013, lo Stato Vaticano aveva formalmente dichiarato di aderire.»
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Claudio Urciuoli e Tommaso Politi, Caso Becciu: la presunta truffa, il peculato, la sentenza. La vera storia del "Processo del Secolo", in «Il Riformista», 19 maggio 2025. «Per questo solo procedimento, Papa Francesco riconosce al Promotore di Giustizia la facoltà di “adottare direttamente”, in deroga alle vigenti disposizioni, qualunque tipo di provvedimento “anche di natura cautelare”. Sulla base di tale deroga il Promotore dispone l’arresto di due indagati, eseguendone poi effettivamente solo uno (Torzi). Il Papa inoltre autorizza il Promotore, solo per questa indagine, a disporre intercettazioni e utilizzare strumenti investigativi non previsti dal codice, ad individuare “le modalità più adeguate” per acquisire e utilizzare le prove raccolte, con termini “prorogabili a seconda delle esigenze istruttorie”. Oltre ai quattro Rescripta, all’alba del processo, il Santo Padre modifica ad hoc anche la legge sull’ordinamento giudiziario, consentendo che, per la prima volta nella storia, un cardinale, Angelo Becciu, venga giudicato da un Tribunale totalmente composto da laici. (...) Pur direttamente coinvolto in ogni fase dell’investimento, con pareri e atti autorizzativi a sua firma, il Promotore Vaticano decide di chiedere l’archiviazione del Capo Ufficio amministrativo della SDS, mons. Alberto Perlasca, che da indagato diventa così il “teste della Corona”. Perlasca punta il dito contro il suo superiore gerarchico card. Becciu e il suo sottoposto, il minutante Fabrizio Tirabassi, ma accusa anche, a vario titolo, il consulente esterno Crasso, il finanziere Mincione, il broker Torzi e i collaboratori di quest’ultimo. Proprio durante le udienze in cui viene ascoltato, si scopre però un retroscena inquietante, la cui portata attende ancora oggi di essere chiarita: le dichiarazioni del monsignore risultano infatti “ispirate” da Francesca Chaouqui, già stretta collaboratrice del Papa ai tempi di Cosea (la Commissione di riforma delle finanze vaticane), poi arrestata e condannata in Vaticano nell’inchiesta nota come Vatileaks 2. Durante le indagini, infatti, la Chaouqui rivela a Genoveffa Ciferri, amica di mons. Perlasca, informazioni particolareggiate sull’inchiesta in corso e veicola quelle che a suo dire sono richieste provenienti direttamente dagli organi inquirenti. Migliaia di messaggi resi noti dalla Ciferri e depositati in un ricorso all’ONU da Mincione; questi atti risultano ancora formalmente secretati in Vaticano dal Promotore ed aperto un nuovo fascicolo che ancora oggi, a tre anni di distanza, giace in indagini. Spunta di recente anche un audio che proverebbe i rapporti, aventi ad oggetto il processo, tra Chaouqui e il Commissario De Santis della Gendarmeria. (...) Palesemente scorretti o assolutamente in linea coi valori di mercato? Accusa, parti civili e difese si scontrano per tutto il dibattimento sui valori finanziari (c.d. NAV) attribuiti al fondo proprietario dell’immobile. Il Tribunale ritiene però che la truffa prospettata dall’accusa non sia configurabile per ragioni giuridiche, prima ancora che legate al metodo di calcolo. Una volta sottoscritto un fondo, infatti, per tutta la sua durata (lock up period) le decisioni sul denaro investito competono al solo gestore, mentre all’investitore resta una legittima aspettativa di guadagno. Non ha dunque senso presupporre un’induzione in errore dell’investitore da parte del gestore per compiere un atto che spetta a quest’ultimo e non al primo. Questa impostazione consente al Tribunale di non statuire sulla correttezza sostanziale delle valutazioni estimative, anche se riconosce che esse erano avvenute usando un parametro consentito (investment value), ancorché favorevole al gestore. Risulta in qualche modo sposata la tesi della difesa che quello della SDS non fosse, banalmente, l’acquisto pro quota di un palazzo, bensì di un progetto di sviluppo immobiliare. D’altro canto, la correttezza delle valutazioni applicate all’investimento è stata confermata da una recente sentenza dell’Alta Corte Inglese, adita da Mincione, ancorché la stessa Corte attribuisca al gestore un deficit informativo sui criteri utilizzati. (...) Il Tribunale confuta anzitutto la tesi del Promotore – di ottima resa mediatica – secondo cui la SDS avrebbe investito l’Obolo di San Pietro, cioè le donazioni caritatevoli al Santo Padre: le risorse rinvenivano infatti da un finanziamento bancario e oltretutto le riserve della SDS risultavano costituite in maniera stratificata nel tempo. Né tantomeno pone in dubbio il potere della SDS di disporre del patrimonio affidatole. Ma c’è un ma. Sussisterebbe infatti il peculato per “uso illecito” dei fondi, in quanto il can. 1284 del codice canonico (fonte del diritto vaticano) prescrive agli amministratori di beni ecclesiastici di “attendere alle loro funzioni con la diligenza di un buon padre di famiglia”: disposizione, questa, che il Tribunale ritiene di per sé ontologicamente ostativa ad investimenti speculativi come quello nei fondi Athena. Una soluzione giuridica piuttosto sorprendente, tenuto conto delle allegazioni delle difese, rivelatrici di una lunga “tradizione” vaticana di investimenti alternativi o in hedge fund, nonché delle dichiarazioni di ben due Segretari di Stato (Bertone e Parolin), rilasciate in anni diversi alle banche investitrici, attestanti la liceità di “qualunque utilizzo” del credito concesso.»
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Cataldo Intrieri, Vaticano, dove il "giusto processo" è impossibile. Quando il diritto si scontra con il potere assoluto, in «Il Riformista», 19 maggio 2025. «Il Vaticano è costituito da due entità distinte, ancorché rappresentate e governate da un’unica guida politica e spirituale: la Santa Sede, faro e rappresentanza della comunità cattolica mondiale, e lo Stato della Città del Vaticano, fazzoletto territoriale nato a seguito dell’accordo dei Patti lateranensi del 1929 per garantire, anche fisicamente, l’indipendenza effettiva della Chiesa, entrambe con proprie norme e codici. Il codice canonico racchiude il complesso di norme ispirate a princìpi religiosi che regolano l’amministrazione delle istituzioni ecclesiastiche e dei suoi rappresentanti, i codici ordinari costituiscono il corpo delle leggi civili e penali che si applicano all’interno del minuscolo Stato. Il Codice penale è un derivato dell’ultimo codice dello Stato liberale, varato dal guardasigilli Zanardelli nel 1890 ed ancora in vigore al tempo dei Patti lateranensi prima di essere sostituito da quello fascista, ed ha subìto continue modifiche ed aggiornamenti particolarmente intensificatisi nel pontificato di Papa Francesco. (...) Una legislazione “ad personam” applicata “in malam partem” solo agli imputati di un unico processo è difficilmente compatibile anche con i princìpi di uguaglianza del “diritto divino” invocati dal Promotore di giustizia e con la asserita incontestabilità dell’operato del Pontefice (Prima Sedes a nemine iudicatur) sì da autorizzare dubbi sulla sua effettiva efficacia anche presso la dottrina più accreditata, che si è spinta ad ipotizzare una sorta di vera e propria “inesistenza” degli atti. È legittimo che il giurista laico si chieda se possano convivere i meccanismi del giusto processo all’interno di un ordinamento che non contempli la divisione dei poteri ma sia organizzato sul modello di monarchia assoluta. (...) L’esperienza mostra i rischi legati a possibili se non inevitabili interferenze sugli esiti processuali delle finalità politiche dettate dal governo dell’istituzione (si pensi all’esigenza pur nobile di moralizzare e bonificare gli apparati amministrativi). E tuttavia sbaglierebbe chi volesse ridurre il confronto culturale ad un puro conflitto tra vecchio e nuovo, tra autoritarismo e liberalismo. “L’estrema ingiustizia non è legge”, diceva un secolo fa Gustav Radbruch, a sottolineare l’esigenza che diritto e morale convivano. Il punto è come. (...) Forse la risposta sta nell’invito di Cristo a separare gli strumenti di Cesare dalle finalità divine. L’art. 22 della convenzione lateranense stabilisce la facoltà della Santa Sede di delegare all’autorità giudiziaria italiana l’accertamento dei reati ancorché commessi nel suo territorio.»
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Luigi Panella, I rescripta di Papa Francesco sottratti alla conoscenza degli imputati, quel potere incondizionato di modificare la legge, in «Il Riformista», 19 maggio 2025. «Tali Rescripta, non pubblicati negli Acta Apostolicae Sedis e inizialmente sottratti alla conoscenza degli imputati, hanno stabilito una procedura penale di eccezione solo per questa causa in deroga alle previsioni del codice di procedura penale vaticano. Le richieste del Promotore di Giustizia per l’ottenimento di tali Rescripta non risultano in atti. (...) A fronte delle reiterate eccezioni delle difese, il Tribunale vaticano ha sostenuto che attraverso i Rescripta la “Suprema Autorità, detentrice (anche) del potere legislativo, ha disposto direttamente la disciplina normativa da applicare” in questo particolare procedimento penale e che tali “leggi emanate dal titolare del potere legislativo nello Stato” sarebbero insindacabili da chiunque in forza del principio canonistico “Prima Sedes a nemine iudicatur”. Come evidenziato anche dalla dottrina, è stata recepita e teorizzata dal Tribunale una concezione assolutista del potere sovrano che non trova più alcun riscontro negli ordinamenti giuridici moderni e contemporanei rispettosi dei diritti umani. Tale concezione annulla ogni divisione o separazione dei poteri e priva i giudici di ogni indipendenza rispetto al soggetto sovrano, la cui volontà, comunque manifestata, è legge. È stato pertanto riconosciuto alla “Suprema Autorità” il potere incondizionato di modificare ad libitum, in segreto e con riferimento alla singola causa, la disciplina legislativa a scapito dei diritti degli imputati, annullando le garanzie stabilite dalla legge persino in materia di tutela della libertà personale e della libertà di comunicazione, con sottrazione del processo all’applicazione delle norme del codice di procedura penale vaticano, in cui l’art. 350 bis prevede che “ogni imputato ha diritto ad un giudizio da svolgersi secondo le norme del presente codice”. Ciò risulta in grave contrasto con i più elementari princìpi dello stato di diritto e del giusto processo, parte integrante dello ius divinum secondo il Magistero dei Sommi Pontefici.»
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Nico Spuntoni, Tra le righe di Leone XIV la svolta sul diritto vaticano, in «La Nuova Bussola Quotidiana», 26 maggio 2025. «Come ha detto l'ex radicale Giuseppe Rippa, si è verificata una «italianizzazione della struttura giudiziaria vaticana» che ha partorito il pasticcio del processo al cardinale Angelo Becciu e che tra le sue implicazioni ha avuto anche un crescente ruolo della componente mediatica. (...) nella mente di Leone XIV sono ancora fresche le lamentele fatte dai cardinali durante le congregazioni generali ed in particolare gli strascichi poco edificanti del caso Becciu. I cardinali stranieri che poco sapevano della vicenda, arrivati a Roma con qualche pregiudizio, sono infine rimasti scandalizzati dalla modalità con cui il loro confratello sardo è stato «liquidato». Non ci sono logiche di appartenenza dietro a quest'insofferenza se si pensa che uno dei più indignati per il trattamento riservato a Becciu è stato un giovane cardinale ultra-bergogliano, autore dell'intervento più progressista durante il pre-conclave. Che la questione non sia stata irrilevante lo si è visto anche dal responso della Sistina.» Quando una magistratura marcia incontra una macchina della comunicazione vaticana altrettanto marcia... Anche in francese.
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Felice Manti, La misericordia di Leone XIV sull'escluso Becciu, in «Il Giornale», 27 maggio 2025. MISERICORDIA? A NOI BASTEREBBERO VERITÀ E GIUSTIZIA. «Per quella condanna da cui si proclama innocente, vittima di una macchinazione che trova ogni giorno più conferme, Becciu si era auto escluso da un Conclave al quale aveva più che diritto a partecipare. Lo aveva fatto ufficialmente in ossequio alla volontà di Papa Francesco, espressa in due lettere successive alla cacciata di Becciu dala Curia del 2020 ed esibite fuori dal Conclave a pochi intimi dal Segretario di Stato Pietro Parolin, sulla cui autenticità aveva espresso qualche dubbio persino il cardinale Giuseppe Versaldi, prefetto emerito della Congregazione per l’educazione cattolica ed ex presidente della Prefettura degli affari economici della Santa Sede, uno dei tanti favorevoli alla sua partecipazione al Conclave («finché non c’è la sentenza definitiva uno è innocente»), anche lui convinto come tanti in Vaticano che dietro la condanna per peculato senza pecunia - lo dice la sentenza, Becciu non ha intascato una lira per sé - ci sia stato un complotto. Lo dicono le chat via whatsapp desecretate e senza omissis pubblicate nelle scorse settimane dal Domani (e intercettate anche dal Giornale) tra il Promotore di Giustizia Alessandro Diddi (pm del processo all’ex sostituto), la lobbista Francesca Immacolata Chaouqui voluta da Francesco nella Commissione per la trasparenza finanziaria Cosea nel 2013 e condannata nel 2017 a 10 mesi per rivelazione di notizie riservate nel processo Vatileaks II e infine Genevieve Ciferri, sodale e amica del supertestimone Alberto Perlasca, diventato in una notte da collaboratore a spietato accusatore. Sarebbero loro ad aver imbeccato Perlasca. Sono le conversazioni acquisite dal relatore speciale dell’Onu Margaret Satterhwaite, a capo dell’ufficio che vaglia l’indipendenza dei giudici all’interno dei processi, su denuncia dei legali del finanziere italo-inglese Raffaele Mincione, anch’egli condannato dal Vaticano (ingiustamente, dicono i giudici inglesi a cui si è rivolto) per la presunta speculazione finita male dietro la compravendita del palazzo di Sloane Square a Londra. In quelle conversazioni si parla di un memoriale che sarebbe stato preparato a tavolino da Diddi e da due persone estranee al processo per incastrare Becciu e salvare altri, non solo Perlasca. Chi ha seguito il processo ha capito subito che quella non era farina del sacco dell’ex braccio destro dell’alto prelato sardo, più volte «stanato» dalle domande dei legali di Becciu Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo. All’inizio delle indagini era stato interrogato per 11 ore dal Promotore di giustizia, gli erano stati sequestrati i conti presso Ior e banche italiane, era stato sollevato dal suo incarico di Promotore aggiunto presso la Segnatura, allontanato da Santa Marta, con cittadinanza e stipendio revocati. Una volta consegnato Becciu ai giudici con questo dossier, Perlasca è finito assolto da tutte le accuse e riabilitato in Vaticano con un incarico di prestigio e i conti dissequestrati, a differenza dell’ex prefetto della Congregazione delle cause dei Santi Becciu. Amen. Di «criticità macroscopiche nella gestione del processo» ce ne sono decine, come il peso dei quattro «rescripta» pontifici che hanno modificato la legge a processo in corso, come ha più volte ribadito Geraldina Boni, ordinaria di Diritto ecclesiastico all’Alma Mater di Bologna, già autrice di un parere pro veritate che ha messo in luce la deriva giustizialista di questo processo, piene di «zone d’ombra» e di «bizzarre asserzioni, frutto di incompetenza canonica» da parte dei magistrati del Papa. Altro che «giusto processo», secondo la studiosa ci sarebbe stata persino un’interferenza dei giudici con «il diritto divino naturale», con «rischi concreti per lo Stato pontificio stesso» e senza che la condanna avesse compromesso il diritto di Becciu a partecipare al Conclave. Come ha scritto il Giornale c’è un’indagine su queste e su altre conversazioni «perse», omissate e mai acquisite a processo, vedi gli 8 messaggi su 126 di una particolare chat resi estensibili alle parti dal tribunale vaticano presieduto all’epoca da Giuseppe Pignatone, diventato cittadino di Sua Santità assieme allo stesso Diddi, qualche giorno prima della sentenza di condanna di Becciu, grazie a un motu proprio del Papa scoperto in anticipo dal «Giornale», che ha permesso loro di cumulare anche stipendio e pensione vaticana con gli emolumenti italiani. Ci sarebbe anche un filone sulla possibile subornazione del testimone e su diverse potenziali false testimonianze. «Se viene fuori che eravamo tutti d’accordo è la fine», «il processo a Becciu è nullo», si dicono le due donne. L’indagine verrà riaperta? Non lo sappiamo. Ma dalla conversazione tra Leone XIV e Becciu potrebbe venire fuori un’altra verità sul sedicente «processo del secolo» che ha inchiodato Becciu a una sentenza di colpevolezza che ha ormai perso ogni credibilità.»
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Francesco Peloso, Speranza Becciu: il papa vuole studiare le carte del processo, in «Domani», 27 maggio 2025. «... il pontefice ha quindi manifestato in tal modo una volontà chiara di ascoltare le ragioni di Becciu. Anche perché vuole scongiurare l’idea, diffusasi nell’opinione pubblica, che il Vaticano sia il luogo dove vengono violati i diritti della difesa. Per questo si prenderà il tempo che serve per studiarsi con cura le carte processuali.» MI PARE CHE LEONE XIV SIA UNO CHE, PRIMA DI DECIDERE, VUOLE CAPIRE BENE. E QUESTO È MOLTO POSITIVO.
>>> vai alla continuazione (quindicesima parte del processo)