Il processo in Vaticano (quindicesima parte)
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«E quando vi consegneranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi» (Matteo 10,19-20).
> Si leggano anche le scorrettezze compiute dalla Giustizia vaticana.
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Nuove critiche al 'processo Becciu', attraverso un libro di giuristi, in «Gaudium Press», 4 aprile 2025. Anche in portoghese. E in spagnolo. E in inglese. «Gli autori arrivano ad affermare che gli errori del processo avranno ripercussioni sul piano della credibilità internazionale della Santa Sede, non solo sotto l'aspetto penale, ma anche sul piano della credibilità internazionale della giustizia vaticana, sulla validità delle clausole contrattuali e sulla supervisione economica e finanziaria. Gli autori parlano di anomalie procedurali che minerebbero la fiducia nel foro vaticano, anomalie che toccano il cuore del giusto processo, dalla violazione del diritto alla difesa, alla mancanza di adeguati equilibri nella struttura giurisdizionale.»
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Geraldina Boni, Manuel Ganarin e Alberto Tomer, Perché le troppe ingiustizie del processo Becciu hanno indebolito il Vaticano, in «Domani», 9 aprile 2025. «All’opposto, nello Stato d’Oltretevere neppure l’autorità umana più alta – cioè il romano pontefice – potrebbe mai ritenersi legibus solutus, incontrando anch’essa il limite insuperabile del diritto divino: all’interno del quale si rinviene proprio il nucleo fondamentale delle istanze di giustizia più profonde, compreso il diritto di difesa. (...) non solo la pronuncia in questione ma l’intera architettura della giustizia vaticana potrebbe essere sottoposta al vaglio della Corte europea dei diritti dell’uomo, notoriamente rigorosa nel giudicare sulle violazioni dei diritti fondamentali.» CHI TACE E COMPLICE. O MASOCHISTA.
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Enrica Riera, Il lato oscuro del processo Becciu. Le chat che preoccupano il Vaticano, in «Domani», 14 aprile 2025. MA, SE LA GIUSTIZIA È CORROTTA, ALLORA TUTTO CAMBIA! «Se viene fuori che eravamo tutti d'accordo è la fine.» Eh già, visto che se lo dicono tra di loro – nei 120 messaggi oscurati dalla "giustizia" vaticana che, anziché cercare la verità, l'ha nascosta – c'è da credergli, stavolta! Le carte del processo depositate all’ONU. In Vaticano la lotta alla corruzione, tanto cara al Pontefice, la si è combattuta con atti corruttivi, pur di condannare un innocente! A chi crede che la verità ci farà liberi avevo detto che si trattava di un pugno nello stomaco!
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Andrea Gagliarducci, Pope Francis: What's at stake in his financial legacy?, in «MondayVatican», 14 aprile 2025. «Il deficit della Santa Sede è stimato in milioni di euro, il colpo alle casse causato dal COVID-19 si è fatto sentire e le donazioni all’Obolo di San Pietro sono diminuite drasticamente, non solo a causa della crisi globale, ma anche a causa della crisi di credibilità della Chiesa e del pontificato di Papa Francesco negli ultimi anni, (...) durante il pontificato di Papa Francesco, la “nuova guardia” ha voluto cambiare tutto, affinché il potere rimanesse nelle mani di pochi, e di quei pochi che, negli ultimi anni, hanno riportato il Vaticano ad essere uno Stato piccolo. Con poca considerazione per il suo sistema legale, il Vaticano non è nemmeno stimolante se si considera il modo in cui è stato condotto il processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato. (...) Insomma, il sistema ereditato da Papa Francesco era appesantito dal peso della propaganda negativa sui presunti scandali della Santa Sede, e anche il povero Cardinale George Pell ha attinto a questa propaganda, quando stava per ristabilire il controllo dell’economia vaticana. Ma era solo propaganda.» Anche in italiano.
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Ivo Pincara, "Se viene fuori che eravamo tutti d'accordo è la fine", in «Korazym», 14 aprile 2025. LA FINE DELL'INGANNO MONDIALE? Comunicato del Cardinale Giovanni Angelo Becciu «La lettura dei messaggi pubblicati oggi sul quotidiano Domani non può che suscitare profondo sconcerto. Tali rivelazioni confermano quanto da me denunciato sin dall’inizio e che, in gran parte, il processo ha già dimostrato. Solo scelte discutibili adottate dal Tribunale, su sollecitazione dell’Ufficio del Promotore di Giustizia, hanno consentito a queste conversazioni di rimanere segrete. Sin dal primo momento ho parlato di una macchinazione ai miei danni: un’indagine costruita a tavolino su falsità, che cinque anni fa ha ingiustamente devastato la mia vita e mi ha esposto a una gogna di proporzioni mondiali. Ora, finalmente, spero che il tempo dell’inganno sia giunto al termine. Come si legge in uno dei messaggi riportati: “Se scoprono che eravamo tutti d’accordo è finita”. Una frase che, da sola, è più che eloquente. Da questa mattina, molte persone mi stanno contattando, indignate e scandalizzate, dopo aver letto questi ulteriori messaggi. Rimane un’amarezza profonda nel constatare che individui capaci di tali nefandezze nei confronti di un Cardinale – o indifferenti di fronte a esse – continuino a ricoprire ruoli di prestigio in Vaticano. Ho già conferito mandato ai miei avvocati, Fabio Viglione e Maria Concetta Marzo, di intraprendere ogni azione giudiziaria necessaria per fare piena luce su condotte così sconcertanti, che nulla hanno a che fare con la ricerca della verità. Card. Giovanni Angelo Becciu»
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Franca Giansoldati, Vaticano, pubblici i whatsapp omissati del processo Becciu: «Sapevo che era una macchinazione», in «Il Messaggero», 14 aprile 2025. In Vaticano la perversione della giustizia. Verso la fine della tragica farsa? Anche in tedesco.
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Felice Manti, Becciu infangato a tavolino, la chat che inguaia i suoi accusatori, in «Il Giornale», 14 aprile 2025. «Il processo contro l’ex sostituto alla Segreteria di Stato nasce da una macchinazione creata a tavolino per mascariare l’alto prelato davanti al Pontefice, che oggi parla di «condotte sconcertanti, che nulla hanno a che fare con la ricerca della verità», lui che è stato privato di una serie di guarentigie cardinalizie sulla base di sospetti e illazioni. (...) il capo d’accusa contro Becciu - il memoriale di monsignor Alberto Perlasca - sarebbe stato costruito a tavolino da loro tre in cambio del proscioglimento dello stesso Perlasca, collaboratore di Becciu. Grazie a questo dossier farlocco Perlasca avrebbe (ri)ottenuto un ruolo all’interno del Vaticano e l’accesso ai conti. I tre temevano di essere scoperti («Se viene fuori che eravamo tutti d’accordo, è la fine», si scrivono i tre ), ecco perché la stragrande maggioranza di queste chat è stata omissata (tranne sei messaggi su 126) e mai resa disponibile alle parti, nonostante lo prevedesse il codice, con buona pace del presidente del Tribunale vaticano Giuseppe Pignatone, diventato cittadino vaticano come Diddi, con tanto di stipendio e pensione cumulabile, un pugno di giorni prima della condanna. (...) «C’è un’ulteriore ammissione, profondamente patologica, di un sistema: l’esigenza espressa dalla Chaoqui, di mantenere “due piani”, quello della verità “dove tutti sapevano, dal Papa in giù, cosa stavamo facendo” e il piano processuale, dove “bisogna affermare che nessuno sapeva, perché un complotto porterebbe all’annullamento di un processo che nei fatti è falsato sin dalla sua origine, «con l’assenza di imparzialità e la manipolazione del principale testimone d’accusa».»
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Giancarlo Cavalleri, Mons. Perlasca e le chat scomode: il lato oscuro del processo vaticano che ha ingiustamente condannato il card. Becciu, in «Faro di Roma», 14 aprile 2025. Anche in portoghese. E in spagnolo.
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Nico Spuntoni, caso Becciu, gli omissis svelati gettano ombre sull'indagine, in «La Nuova Bussola Quotidiana», 15 aprile 2025. «... dobbiamo capire cosa devi dire. Per evitare che le chat siano considerate attendibili ove mai si decidesse di dissecretarle. Perché in questo caso avrebbe ragione Becciu. Va disinnescata la bomba. Per me vale ciò che ho detto al processo. Non conosco Diddi. Se viene fuori che eravamo tutti d'accordo alla fine». Parole sottolineate nella dichiarazione del cardinale arrivata dopo la pubblicazione dell'articolo di Riera. Per l'ex sostituto questa «frase da sola, è più che eloquente (...). È evidente la sproporzionalità della pena inflitta su questo piano al cardinale Becciu per le accuse successivamente mossegli sul penale e sulle quali stanno emergendo in queste ore elementi davvero discutibili. Si sarebbe quasi portati a chiedere se il processo contro di lui sia stato la causa o l'effetto di quella decisione presa dal Pontefice». Anche in spagnolo.
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Paolo Maninchedda, Il Papa e Becciu: la costruzione del colpevole, in «Sardegna e Libertà», 15 aprile 2025. Tutta da leggere, con attenzione!
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Felice Manti, Ecco la chat che svela la macchinazione contro Becciu, in «Il Giornale», 15 aprile 2025. «Che cosa c’è scritto nelle chat desecretate nel caso Becciu? Che quel processo è nullo perché frutto di una macchinazione. (...) Oggi sappiamo anche che la Chaouqui e la Ciferri si scambiavano messaggi - oggi desecretati - nei quali si legge «il processo a Becciu è nullo» (...) «Dobbiamo capire cosa devi dire. Per evitare che le chat siano considerate attendibili ove mai si decidesse di desecretarle. Perché in questo caso avrebbe ragione Becciu. Va disinnescata la bomba. Per me vale ciò che ho detto al processo. Non conosco Diddi. Se viene fuori che eravamo tutti d’accordo è la fine».
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Massimiliano Rais, Il caso Becciu e gli omissis, l'avvocata: "Un complotto contro il cardinale", in «L'Unione Sarda», 15 aprile 2025. Il disastro della "giustizia" vaticana che perseguita un innocente!
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Chat pubblicate da "Domani", Becciu: "Complotto ai miei danni", in «SkyTG24», 15 aprile 2025.
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Pressebericht nährt Zweifel an Vatikanprozess gegen Kardinal Becciu, in «Kath.ch», 15 aprile 2025.
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Paolo Ardovino, «Una macchinazione contro di me», in «La Nuova Sardegna», 15 aprile 2025.
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Enrica Riera, Caso Becciu, le nuove chat: «senza di te inchiesta morta. I pm? Io lavoro per il papa», in «Domani», 16 aprile 2025. ERA – ED È – TUTTA UNA COLOSSALE MONTATURA ORDITA CONTRO UN INNOCENTE! SENZA LE BUFALE DEL TRIO CHAOUQUI-PERLASCA-CIFERRI, BECCIU NON SAREBBE MAI STATO RINVIATO A GIUDIZIO, PERCHÉ COMPLETAMENTE INNOCENTE! LO DICONO LORO STESSI! «Erano ad un punto morto. Senza di te col ca*** che si faceva l’inchiesta. Siamo seri», scrive su WhatsApp Francesca Immacolata Chaouqui, la lobbista, meglio nota come “papessa”. Chaouqui, in quel momento, sta parlando con Genoveffa “Genevieve” Ciferri, grande amica del monsignor Alberto Perlasca, a sua volta grande accusatore di Becciu. Che significano quelle parole?
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Becciu: vers un procès en appel, in «Golias», 16 aprile 2025.
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Enrica Riera, Becciu, le chat con il braccio destro del papa. «Diddi fornisce informazioni a Chaouqui», in «Domani», 17 aprile 2025. Cosa c'entra Peña Parra? Come mai Ciferri è in collegamento con il sostituto della Segreteria di Stato? Peña Parra non aveva preso le distanze da Perlasca, allontanandolo dalla SdS? Quante menzogne ci hanno fatto credere? E Ciferri a proposito di Chaouqui: «Per quel che riguarda l'attività del Tribunale le informazioni, nel dettaglio, vengono fornite, purtroppo, dal prof Alessandro Diddi, con cui Lei (Chaouqui, ndr) collabora in un non meglio precisato ruolo di “collaboratrice di giustizia”, questo spiega il fatto gravissimo per cui documenti riservati dell’inchiesta siano stati rinvenuti in casa sua, e il perché Lei possa conoscere dettagliatamente, e anticipatamente, ogni attività inquisitoria relativa al Segretario di Stato, alla Sua persona, a quella di monsignor Perlasca, e a quella di tutti gli indagati e di tutti i personaggi entrati a vario titolo nell'inchiesta. Ero a conoscenza, da tempo, che relativamente alla segretezza sull'attività investigativa l'anello debole del Tribunale era il prof Diddi, ma non avrei mai immaginato fino a tal punto». Ecco perché una pregiudicata come Chaouqui, che detiene illegalmente materiale riservato, collabora con la "giustizia" (quell'«anello debole» di Diddi); o la manipola? E senza essere perseguita! COSÌ IL COMBINATO DISPOSTO DI DUE DONNE PERFIDE: UNA (CIFERRI) VOLEVA IL PROSCIOGLIMENTO DEL BARABBA-PERLASCA, L'ALTRA (CHAOUQUI) LA CROCIFISSIONE DI BECCIU. E, IN VATICANO, ENTRAMBE OTTENGONO CIÒ CHE VOGLIONO.
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Felice Manti, Così Diddi rivelava alla Chaouqui i segreti sul processo Becciu, in «Il Giornale», 17 aprile 2025. «Il Papa è stato ingannato su monsignor Angelo Becciu? La Procura di Roma che cosa farà? Continua sul «Domani» la pubblicazione di alcune conversazioni tra le due donne che avrebbero imbeccato il supertestimone nel processo all’ex Sostituto della Segreteria di Stato. Sono le chat messe a disposizione da Genoveffa Ciferri detta Genevieve, grande amica del monsignor Alberto Perlasca che di Becciu era collaboratore con la strettissima collaboratrice del Papa Francesca Immacolata Chaouqui. Parlano del memoriale che Perlasca si è falsamente autoattribuito e che contiene tutte le accuse contro Becciu, condannato in primo grado a cinque anni e sei mesi per truffa e peculato (senza essersi messo in tasca un centesimo) (...). La verità è stata manipolata, ma anche la Ciferri ha capito tardi di essere stata usata. Secondo il «Domani» avrebbe segnalato già allora alcuni strani comportamenti della Chaoqui, invano: «Per ben tre volte presso gli apparati di sicurezza dello stato della Città del Vaticano, e cioè presso l’ufficio del promotore di giustizia Giampiero Milano, presso il commissario Stefano De Santis e presso il promotore Alessandro Diddi», dichiara la donna.» LA SCANDALOSA CORRUZIONE DELLA "GIUSTIZIA" VATICANA.
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Cataldo Intrieri, Vaticano, la notte del diritto: perché abbiamo il dovere di chiedere giustizia all'Italia, in «Domani», 17 aprile 2025. LA NOTTE DEL DIRITTO! LA MORTE DELLA VERITÀ E DELLA GIUSTIZIA. «L’affaire Chaouqui e l’opera di inquinamento sono fatti risaputi a chi abbia seguito il processo. Lo scandalo è stato soffocato occultando con omissis il contenuto delle chat tra la signora, monsignor Perlasca e una sua amica, Genoveffa Ciferri, che ora rende pubblici migliaia di messaggi su questo oscuro rapporto. Per tali motivi noi difensori abbiamo in animo, con delle denunce, di sollecitare l’intervento della magistratura per i fatti realizzati sul territorio italiano. (...) nel cuore della cristianità e dell’Europa degli Stati di diritto, opera una giurisdizione svincolata dalla Rule of The law e dal rispetto del diritto di difesa, una vera e propria autocrazia giudiziaria che condanna, arresta, sequestra beni senza rispettare la volontà ed i principi degli Stati dell’Unione europea a cui a parole dichiara di ispirare il suo sistema giudiziario. Un tema oggi di enorme portata e sul quale lo Stato della Chiesa dovrebbe essere un faro di civiltà e non un pessimo esempio. (...) parliamoci chiaro, se gli imputati incarnano certi modelli che il dilagante populismo ripudia, dall’alto prelato “con le mani in pasta” al finanziere spregiudicato, al funzionario trafficone, perfino la femme fatale, tra leggenda e realtà meglio vinca la favola su cui impancare il mito populista di inesistenti rivoluzioni e palingenesi etiche. L’affaire Chaouqui, i suoi vantati legami con i vertici della giustizia e dello Stato vaticano, l’opera di inquinamento processuale, la sua «missione per conto di Dio» spinta sino alla subornazione di un teste tramite minacce e pressioni, sono fatti risaputi e ben noti a chi abbia seguito il processo. (...) crediamo che in un tempo buio in cui il senso della giustizia e del diritto sembrano persi anche nei paesi liberi, non sia tollerabile che il simbolo della rivoluzione cristiana e di tutti gli ideali più nobili dell’umanità spenga «la democrazia nell’oscurità.»
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Maximus Ali Perajaka, Kardinal Becciu Sebut Bukti Baru Menunjukkan Pelanggaran dalam ‘Persidangan Vatikan Abad Ini', in «Katolikku», 17 aprile 2025. Perfino in Indonesia l'hanno capito!
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Vittorio Feltri, Quel che non si dice su Becciu, in «Il Giornale», 18 aprile 2025. APPELLO A PAPA FRANCESCO PER IL VENERDÌ SANTO: UN INNOCENTE CROCIFISSO BASTA. «Ci sono frasi che valgono come quelle che nei gialli si chiamano "pistole fumanti". Ecco alcuni messaggi. Scrive Chaouqui: "Se viene fuori che eravamo tutti d'accordo è la fine" (tutti: cioè le due donne e Diddi e la gendarmeria). Scandalizzata dalla immoralità di questa conduzione delle indagini, la Ciferri scrive al vescovo Parra, numero 3 del Vaticano, forse per farsi assolvere: «(La Chaouqui) conosce tutti i dettagli dell'inchiesta vaticana. Da chi, e come attinge queste informazioni sensibili? (...) La sostanza è questa. Il processo è marcio. (...) mi rivolgo al Papa. Non conosco indirizzo più umano di questo. Oggi è il Venerdì Santo: ne basta uno di Cristo in croce. Santo Padre, lei che può, stacchi i chiodi, e tiri giù da quel legno il cardinale Becciu. In questi giornni è diventato chiaro come il sole che c'è stata una macchinazione, di cui anche Lei è stato vittima, inducendola ad applicare una cocifissione preventiva, tanto le prove le parvero inequivocabili. (...) I giornalisti – e i vaticanisti non sono da meno – si conformarono alla regola aurea della sopravvivenza dei mediocri: dar ragione all'accusatore. (...) La prego perciò (...) di eliminare con atto sovrano – un colpo secco di bisturi – questo tumore che è cresciuto in Vaticano a colpi di intrigo. Tiri giù Becciu dalla croce.» Anche online.
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Salvatore Izzo, Caso Becciu. Un'indagine costruita a tavolino su falsità per uccidere senza spargimento di sangue un innocente e con lui la credibilità della Santa Sede, in «Faro di Roma», 18 aprile 2025. IL DIAVOLO FA LE PENTOLE MA NON I COPERCHI «Nelle chat di Genoveffa Ciferri, l’amica e protettrice di mons. Perlasca, secretate al processo vaticano sui fondi della Segreteria di Stato e pubblicate in questi giorni dal quotidiano Domani, ce n’è una che smaschera nelle poche righe di un messaggino watshapp la congiura orchestrata ai danni del card. Giovanni Angelo Becciu, ingiustamente condannato per un peculato che non c’è stato, e del Papa, tratto in inganno sul suo conto attraverso una ben orchestrata strategia di camuffamento della verità (di cui in parte è stato vittima pire Perlasca, il quale riteneva che le false accuse gli fossero suggerite da un anziano magistrato, che invece era la signora Chaouqui). (...) Emerge dunque una verità sconcertante: un pm e due persone estranee al processo che si mettono d’accordo su come addestrare il supertestimone dell’accusa. E a imbeccare le due donne, secondo i legali di Mincione guidati da Gian Domenico Caiazza, Andrea Zappalà, Ester Molinaro e Claudio Urciuoli che hanno ottenuto la chat della Ciferri sarebbe stato lo stesso Diddi. (...) Non va dimenticato che Papa Francesco ha paragonato più volte la calunnia e il pettegolezzo all’omicidio, soprattutto nelle sue omelie mattutine a Santa Marta e in varie udienze generali. (...) “La calunnia è un colpo basso, è dire il falso per rovinare il prossimo. […] È un peccato gravissimo, è omicidio.”» IL CULMINE DELL'IPOCRISIA NELLA "GIUSTIZIA" VATICANA. E DANNI INCOMMENSURABILI. Anche in spagnolo.
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Luis Badilla e Robert Calvaresi, Card. Becciu, "chat omissate smascherano macchinazione ai miei danni. Il tempo dell'inganno è finito”. Le macchinazioni sporche nel processo contro il card. Becciu, in «Osservazioni casuali», 64, 12-19 aprile 2025. «... evidenzia e dimostra quanto la cosiddetta grande stampa – che a volte con ironia si apostrofa con l'espressione "i giornaloni" – sia, probabilmente a sua insaputa (tutto da verificare però) parte del trappolone o complotto contro il cardinale Angelo G. Becciu. È accaduto dal primo giorno, da quando il Papa defenestrò il porporato nel giro di mezz'ora, e alcuni Telegiornali delle ore 20 avevano la notizia con anticipo. Come con largo anticipo la rivista "L'Espresso", diretta da Marco Da Milano, parte dell'operazione e le menzogne di Massimiliano Coccia, orchestrarono il carnevale mediatico per condannare il card. Becciu prima di un processo. Per questa stampa, la sentenza, era quanto trapelava dal Vaticano. Una qualche domanda, un dubbio, una perplessità, una contro indagine? No. Secondo questa visione era tutto chiaro e definitivo. Ora questa medesima stampa tace, fa finta, sdrammatizza, ignora. Insomma, ancora una volta, con astuzia, si manipola la verità dei fatti usando il silenzio o altri pretesti. Forse si aspettano ancora ordini dall'alto, per far funzionare il proprio cervello.» Luis Badilla e Robert Calvaresi dicono pane al pane e vino al vino, papale papale.
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D.L.V. e D.P., Vaticano. Processi pilotati e millantatrici che aleggiano attorno al Papa, in «Silere non possum», 19 aprile 2025. «Tra le decisioni più discutibili prese da Papa Francesco nei primi mesi, spicca quella di affidare un incarico delicatissimo a una donna priva di competenze e rivelatasi una millantatrice: la calabrese Francesca Immacolata Chaouqui. Quest’ultima è stata condannata per reati gravissimi dal Tribunale dello Stato Vaticano. La sentenza fu emessa sotto la presidenza del Dott. Giuseppe Dalla Torre – un magistrato di ben altro spessore rispetto a figure come Pignatone – e risultò così solida e inequivocabile da non essere nemmeno appellata da alcuna delle parti coinvolte. In un messaggio inviato su Facebook al cardinale Angelo Becciu, Francesca Immacolata Chaouqui dichiarava di essere amica di Domenico Giani e Stefano De Santis. Si tratta di una lunga serie di messaggi, dal tono insistente e persecutorio, attraverso i quali la Chaouqui – già condannata in via definitiva – tentava disperatamente di ottenere la Grazia dal Papa per le sue gravissime azioni ai danni del Papa. Nel corso degli anni, Chaouqui si è distinta per una costante sete di visibilità e potere. Ha spesso millantato contatti e relazioni che nella realtà non possedeva, rappresentando uno dei tanti esempi di chi ambisce a entrare nei circuiti vaticani non per vocazione, ma per puro desiderio di affermazione personale. (...) È bene chiarire che oggi non ha più accesso a Casa Santa Marta, ma grazie all’appoggio di uomini come Stefano De Santis, Alessandro Diddi e altri, ha continuato a ricevere informazioni riservate, dando l’impressione di avere un ruolo che in realtà non le spetta. (...) Le conversazioni che pubblichiamo oggi in esclusiva (...) mostrano chiaramente come la Chaouqui abbia mentito anche durante la sua audizione in aula. Una falsità grave, che costituisce un reato e che il Tribunale non potrà ignorare. (...) Papa Francesco è perfettamente consapevole che Francesca Immacolata Chaouqui rappresenta un problema serio. Le sue azioni hanno arrecato danni non solo all’istituzione, ma anche alla sua stessa figura. Tuttavia, nonostante ne conoscesse la pericolosità, l’ha comunque utilizzata per liberarsi di una figura che ormai considerava scomoda. La rabbia della Chaouqui nei confronti del cardinale Angelo Becciu ha raggiunto livelli patologici. La sua è un’ostilità viscerale, carica di rancore. Ricorda la reazione immatura di chi, una volta ottenuto il “giocattolo”, non tollera di vederselo sottratto. Essere stata scoperta, processata e condannata è stato per lei uno smacco intollerabile, una ferita al suo ego. (...) Da anni, Chaouqui utilizza la minaccia e il ricatto come strumenti di pressione. Fa continui riferimenti a presunte rivelazioni, sostiene di sapere molto più di quanto realmente sappia, e costruisce attorno a sé un’aura di potere fondata su illusioni e intimidazioni. I giornali continuano a chiamarla “la papessa” ma il termine corretto è “la millantatrice”. (...) Durante il processo svoltosi in Vaticano, è emerso un fatto di straordinaria gravità: Alessandro Diddi, Promotore di Giustizia, risultava coinvolto nella vicenda su cui egli stesso era chiamato a indagare. Una circostanza che, alla luce del codice di procedura penale che lui non ha mai studiato, avrebbe dovuto comportare la sua immediata ricusazione e la nomina di un sostituto. (...) a muovere i fili, dietro le quinte, c’era ancora una volta Francesca Immacolata Chaouqui. Nelle sue chat, arriva persino a promettere che Perlasca non avrebbe subito alcuna conseguenza legale. (...) Dai messaggi che ora rendiamo pubblici, risulta evidente che Stefano De Santis e Alessandro Diddi condividevano informazioni riservate con Francesca Immacolata Chaouqui. A confermarlo è il fatto che Chaouqui anticipava sistematicamente a Genoveffa Ciferri le mosse del Promotore di Giustizia, al punto che la stessa, preoccupata, scrisse in una chat: “Se viene fuori che eravamo tutti d’accordo, è la fine.” Gli atti di cui parliamo erano stati secretati proprio da Alessandro Diddi, il Promotore di Giustizia coinvolto direttamente nella vicenda. Una decisione gravissima, che solleva interrogativi urgenti: com’è possibile che il Tribunale vaticano abbia consentito tutto questo? Com’è possibile che un promotore possa secretare atti, fingendo di aver avviato un procedimento di cui, a distanza di tempo, non si conosce ancora nulla? E, soprattutto: chi starebbe conducendo le indagini in questo presunto procedimento? Ancora Diddi? Dunque, l’indagato indaga su sé stesso? O forse le indagini sono in mano a Stefano De Santis, lo stesso che ha passato documenti riservati a Francesca Immacolata Chaouqui? Poiché sembra che Alessandro Diddi abbia dimenticato cosa significhi essere un pubblico ufficiale, glielo ricordiamo: il Promotore di Giustizia vaticano lo è a tutti gli effetti. Se un pubblico ufficiale condivide atti di un’indagine delicatissima con una millantatrice o con una giornalista di cui presenta i libri, oppure – peggio ancora – li consegna a un settimanale come L’Espresso, siamo davanti a un reato di estrema gravità. (...) Eppure, da quando la stampa ha iniziato a sollevare domande su questo caso, Diddi ha scelto il silenzio – un atteggiamento in netto contrasto con la sua consueta prontezza nel rilasciare dichiarazioni contro tutto e tutti. La Sala Stampa della Santa Sede, da parte sua, si è trincerata in un mutismo assordante. Nel piccolo Stato vaticano, le voci però non si fermano. Anche Vatican News e l’intera macchina “non comunicativa” di Piazza Pia restano muti, nonostante la portata senza precedenti di quanto sta accadendo. Stupisce, in particolare, il silenzio di Andrea Tornielli (...). Non dimentichiamo che fu proprio lui, forte delle sue “profonde competenze giuridiche”, a definire quello di Sloane Avenue “un processo giusto”. Ora però le alternative sono due: o Alessandro Diddi si dimette immediatamente, oppure si apre una fase che porterà seri grattacapo. Chiunque abbia un procedimento penale in corso in Vaticano non può più essere costretto a subire questo teatrino da processo kafkiano.» Si aggiunga che anche l'inchiesta che, correndo precipitevolissimevolmente da Raffaele Cantone a Perugia (per tappare una falla?), Diddi afferma di aver aperto a proposito dell'operazione di spionaggio e dossieraggio illecito (Striano, Laudati e co.), puzza terribilmente di messinscena: anche lì Diddi finge di indagare su se stesso?
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Ivo Pincara, Le chat depositate all'ONU e rese note da Domani sono l'equivalente di una bomba atomica. I grandi giornali e i telegiornali tacciono. La Santa Sede tace, in «Korazym», 19 aprile 2025. GLI OMISSIS E IL GRAVISSIMO PECCATO DI OMISSIONE. Quello del Vaticano – e dei "giornaloni" – è un silenzio vile o un silenzio complice? Don Abbondio, don Rodrigo o Azzeccagarbugli? Oh, cadranno i sepolcri e grideranno le pietre!
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Sante Cavalleri, Papa Francesco sarà esposto in San Pietro mercoledì quindi a bara già chiusa. Cardinali potranno riammettere Becciu al Conclave, in «Faro di Roma», 21 aprile 2025. «In tema di Congregazioni Generali, già nella prima riunione il cardinale Giovanni Angelo Becciu potrà essere ammesso al Conclave in quanto sono emerse prove di una congiura ai suoi danni.»
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Jean-Baptiste Noé, François, le dernier des péronistes, in «Conflicts», 22 aprile 2025. «... des procès sans respect des normes juridiques, dont celui du cardinal Becciu est le plus emblématique.»
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Felice Manti, Becciu in Conclave? Ecco perché votare è un suo diritto, in «Il Giornale», 22 aprile 2025. «Al di là della sua innocenza, da sempre professata e confermata dalla macchinazione ai suoi danni emersa dalla pubblicazione delle chat tra i suoi accusatori ("Se scoprono che siamo d’accordo il processo salta"), la parola fine spetta alla stessa congregazione generale.»
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Giovanni Maria Vian, Verso il conclave. I cardinali alle prese con il caso becciu, in «Domani», 23 aprile 2025. «Solo successivamente è stato aperto il processo, ora al centro di una severa "analisi critica" in libro di grande interesse – innanzi tutto per il collegio cardinalizio, ma non solo – scritto dai tre giuristi Geraldina Boni, Manuel Ganarin e Alberto Tomer (Il «processo Becciu», Marietti1820). Si è così potuto parlare di una condanna preventiva del prelato sardo, sottoposto a giudizio insieme ad altri, tanto che più correttamente bisognerebbe parlare di processo di Londra. Becciu è stato poi condannato in primo grado, ma con accuse non provate in modo convincente e nel corso di un procedimento nel quale il papa è intervenuto personalmente – con un esercizio senza precedenti dei suoi poteri assoluti anche come capo di stato – firmando quattro provvedimenti per spianare la strada all’accusa. Processo che è stato contrassegnato da vicende clamorose documentate con puntualità da un sito svizzero (www.andreapaganini.ch/CASO_BECCIU.html) e di recente da questo giornale. Suscitando così critiche soprattutto in ambito internazionale ma anche all’interno della curia romana. Con franchezza era intervenuto un giurista autorevole, il novantacinquenne cardinale Julián Herranz, importante esponente dell’Opus Dei, con un appunto consegnato allo stesso pontefice già il 4 dicembre 2020 e che si può leggere anche in italiano nel suo Due papi (Piemme). La pubblicazione del breve testo è stata poi autorizzata dallo stesso papa Francesco, che del libro ha voluto scrivere personalmente – a differenza di tanti altri testi, solo approvati e firmati – la prefazione. A proposito del cardinale Becciu il suo confratello spagnolo ha scritto una frase rivelatrice, e cioè che la sua rinuncia era relativa ai suoi «diritti, ma non ai suoi doveri», tra i quali il principale riguarda proprio l’elezione del papa. Da ieri intanto il prelato sardo alle congregazioni generali sta partecipando. Ma Becciu entrerà in conclave?»
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D.M.T., I cardinali: "Mai più un sud americano". La fabbrica delle fake news vaticane, in «Silere non possum», 23 aprile 2025. DA LEGGERE, CON ATTENZIONE, QUESTO ARTICOLO. Ormai la maschera è caduta, signori Calabrò, Coccia, Diddi, Chaouqui, Perlasca, Pignatone, Ciferri e co.! (ps: io però amo i latinoamericani)
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Giovanni Maria Vian, Conclave, giallo su Becciu: spuntano le lettere del papa, in «Domani», 25 aprile 2025. «Nel 2020 vengono presentate al pontefice accuse di peculato nei confronti di Becciu, che in un’udienza di lavoro con Bergoglio viene drammaticamente privato dei diritti connessi al cardinalato. La clamorosa decisione papale precede di quasi un anno l’inizio di un complicato e lungo processo davanti al tribunale dello stato vaticano che riguarda anche una decina di persone per un investimento immobiliare londinese. Si tratta di una misura senza precedenti nei confronti del cardinale, che lo storico Alberto Melloni – certo non ostile al pontefice scomparso e ora autore di un libro delle elezioni papali (Marietti1820) – ha definito abrasivamente «crocifissione preventiva». Alla fine nel 2023 arriva per Becciu la condanna in primo grado a cinque anni e mezzo. Ma dopo un procedimento tortuoso molto criticato, come mostra con ricchezza di elementi e argomentazioni il libro, appena uscito, dei giuristi Geraldina Boni, Manuel Ganarin e Alberto Tomer (Marietti1820), e come risulta da un sito svizzer (https://www.andreapaganini.ch/CASO_BECCIU.html) che segue sin dall’inizio il caso Becciu raccogliendo centinaia di articoli. Nel frattempo il prelato, che è in attesa del processo di appello, era stato tuttavia invitato da papa Francesco a partecipare a liturgie e cerimonie come gli altri cardinali. (...) Becciu sta partecipando sin dall’inizio alle congregazioni generali e il suo caso è esploso per la sua richiesta di entrare in conclave come elettore. Da due diverse fonti risulta che in un primo tempo il decano del collegio, il novantunenne bresciano Giovanni Battista Re, non avendo disposizioni scritte da parte del pontefice defunto, gli avrebbe detto di essere favorevole. Secondo queste notizie, nelle ore successive Re, curiale di lunga esperienza che ha il compito di condurre le congregazioni generali, avrebbe incontrato il collega statunitense di origini irlandesi Kevin Joseph Farrell, che per un ventennio è stato membro dei legionari di Cristo. Il settantasettenne prelato – che ricopre il ruolo antichissimo di camerlengo di Santa romana chiesa e in questa veste presiede alla sede vacante – avrebbe comunicato al cardinale decano la volontà di papa Francesco, espressagli tempo fa soltanto a voce, che Becciu non entrasse in conclave. A questo punto le due fonti riferiscono che Re avrebbe chiesto al collega sardo un passo indietro. Becciu però gli avrebbe detto di non essere disposto a farlo. Poi in congregazione generale, informazioni su questo nodo sarebbero state chieste da un cardinale e il decano avrebbe risposto che c’era un accordo tra lui e il prelato sardo. Immediatamente il cardinale Becciu avrebbe replicato, esponendo punto per punto i fatti e confermando l’intenzione di non rinunciare al suo dovere di eleggere il papa, non essendovi un documento del pontefice a dimostrare l’affermazione del camerlengo. Il quale sarebbe rimasto in silenzio. Molto saggiamente allora i cardinali avrebbero deciso di trattare la questione più avanti, quando tra l’altro i presenti saranno più numerosi degli oltre cento di questi primi giorni. A sostenere l’opportunità della decisione è una teoria molto suggestiva, elaborata da canonisti e teologi medievali. Secondo uno di loro, Egidio Romano, «la potestà papale rimane nella chiesa, ossia nel collegio dei cardinali». A fargli eco è Agostino Trionfo, detto l’Anconitano, quando afferma che la «potestà del papa è perpetua» ma nello stesso tempo «non può perpetuarsi nel papa, poiché anch’egli muore, alla stregua degli altri uomini».