Sull'«Espresso», «Report», «The Pillar», «Huffpost» e simili (terza parte)

                                                                                                                    >>> per la parte precedente clicca qui

«Il primo passo di ogni dittatura è la manipolazione senza scrupoli della libera comunicazione, attraverso la seduzione degli scandali e le calunnie, per indebolire la vita democratica e condannare persone e istituzioni.» (...) «La storia di Nabot è paradigmatica di tanti martiri della storia», ha affermato papa Francesco: «È paradigmatica del martirio di Gesù; è paradigmatica del martirio di Stefano; è paradigmatica pure, dall’Antico testamento, di Susanna; è paradigmatica di tanti martiri che sono condannati grazie a una messa in scena calunniosa». Ma «questa storia – ha spiegato ancora il Pontefice – è anche paradigmatica del modo di procedere nella società di tanta gente, di tanti capi di Stato o di governo: comunicano una bugia, una calunnia e, dopo aver distrutto sia una persona sia una situazione con quella calunnia, giudicano quella distruzione e condannano». «Anche oggi, in tanti Paesi – ha fatto presente il Papa – si usa questo metodo: distruggere la libera comunicazione». E ha continuato: «Per esempio, pensiamo, c’è una legge dei media, di comunicazione, si cancella quella legge; si dà tutto l’apparecchio della comunicazione a una ditta, a una società che calunnia, dice delle falsità, indebolisce la vita democratica». Poi «vengono i giudici a giudicare queste istituzioni indebolite, queste persone distrutte, condannano, e così va avanti una dittatura». Del resto, ha aggiunto Francesco, «le dittature, tutte, hanno incominciato così, con l’adulterare la comunicazione, per mettere la comunicazione nelle mani di una persona senza scrupolo, di un governo senza scrupolo». Ma «anche nella vita quotidiana è così» ha fatto notare il Papa. Tanto che «se io voglio distruggere una persona, incomincio con la comunicazione: sparlare, calunniare, dire degli scandali». Oltretutto, ha aggiunto, «comunicare scandali è un fatto che ha una seduzione enorme, una grande seduzione». Così facendo, «non si giudicano alla fine le persone, si giudicano le rovine delle persone o delle istituzioni, perché non possono difendersi». In questa prospettiva Francesco ha suggerito di pensare «a Susanna, per esempio, che dice: “ma io sono nell’angolo, se io cedo alla seduzione e pecco, avrò la condanna del Signore; se io rimango nella mia fede avrò la condanna della gente”». «A me colpisce tanto — ha confidato il Pontefice — vedere come Stefano fa quel lungo discorso per difendersi da quelli che lo accusavano: non ascoltavano e, nel frattempo, sceglievano le pietre per lapidarlo». Per loro, infatti, «era più importante lapidare Stefano che sentire la verità». Proprio «questo è il dramma dell’avidità umana: che anche l’avidità è debole, perché questo re ha voglia di tante cose, ma è un debole, e quando vede che non ce la fa va a letto». Ma ecco che «c’è la crudeltà» di «chi parla all’orecchio e gli dice cosa deve fare: distruggere». E «così abbiamo visto tante persone distrutte per una comunicazione malvagia come questa che ha fatto la regina Gezabèle» ha riconosciuto Francesco, sottolineando: «Tante persone, tanti Paesi distrutti per dittature malvagie e calunniose: pensiamo, per esempio, alle dittature del secolo scorso». In particolare, ha detto il Papa, «pensiamo alla persecuzione degli ebrei: una comunicazione calunniosa contro gli ebrei e finivano ad Auschwitz perché non meritavano di vivere». E questo «è un orrore, ma un orrore che succede oggi: nelle piccole società, nelle persone e in tanti Paesi». Sempre, ha riaffermato il Pontefice, «il primo passo è appropriarsi della comunicazione e, dopo la distruzione, il giudizio e la morte». Dunque «non era un’idea peregrina quella dell’apostolo Giacomo, quando parlò della lingua e della capacità distruttiva della comunicazione malvagia: lui sapeva di cosa parlava». Papa Francesco, 18 giugno 2018

Il 24 settembre 2020 qualcuno – CHI? – recapitò tra le mani di papa Francesco, prima ancora che la rivista arrivasse nelle edicole, una copia dell’«Espresso» con uno scritto di Massimiliano Coccia (alias don Andrea Andreani) – il primo di una lunga serie – e una copertina fabbricata ad arte per provocare la cacciata del cardinale Becciu. Era l’inizio di una vera e propria martellante campagna di diffamazione – altrimenti detta macchina del fango, killeraggio mediatico, mascariamento o character assassination – contro un uomo che, fino a prova contraria, è completamente innocente, vittima della più grave persecuzione a mezzo stampa orchestrata nella storia contro un essere umano.

Papa Francesco ha detto: «Il lawfare inizia attraverso i mass media, che denigrano [l'obiettivo] e insinuano il sospetto di un reato. Si creano indagini enormi e per condannare basta il volume di queste indagini, anche se non si trova il reato». E ancora: «La disinformazione è uno dei peccati del giornalismo, che sono quattro: la disinformazione, quando un giornalismo non informa o informa male; la calunnia – tante volte si usa quello; la diffamazione, che è diversa dalla calunnia ma distrugge; e il quarto è la coprofilia, cioè l’amore per lo scandalo, per le sporcizie. Lo scandalo vende. E la disinformazione è il primo dei peccati, degli sbagli – diciamo così – del giornalismo». Fra l'altro gli accusatori imbrattacarte hanno sputato veleno a comando e a vanvera, tant'è vero che Massimiliano Coccia e l'acida e astiosa Maria Antonietta Calabrò ad esempio, che si tengono su promuovendo a vicenda i propri mal scritti in cui non ne azzeccano una (una mano lava l'altra), hanno puntato più volte i loro strali contro «Angelo Maria Becciu» (letterale!, e probabilmente rivelatore della comune fonte che gli passa le veline in un losco baratto), dimostrando di non conoscere nemmeno il nome della loro vittima designata (figurarsi la realtà dei fatti!), e asservendosi a una perversa campagna di diffamazione fondata sul nulla, se non sulla malizia dei suoi ideatori. La decadenza del giornalismo! A proposito del giornalismo osceno e servile (al servizio della menzogna) della Calabrò, si legga questo articolo.

Questa tristissima vicenda è la rappresentazione plastica della peggiore decadenza del giornalismo disonesto dell’epoca nostra, in cui le lusinghe e le adulazioni vanno a braccetto con le menzogne e le calunnie per manipolare la realtà in un losco e immorale "do ut des". E ancora una volta i giornalisti don Abbondio hanno dato man forte ai giornalisti don Rodrigo. E poi c'è chi, ad esempio su «The Pillar», spara bufale a raffica e si illude di potersi vigliaccamente nascondere dietro l'anonimità. Avranno ottenuto una brutale – ma autosqualificante – gogna mediatica senza precedenti. Una domanda rimane: COME MAI il sistema mediatico italiano e mondiale non ha avuto gli anticorpi – fatte salve pochissime lodevoli eccezioni – per reagire alle polpette avvelenate?

«Non credo che il giornalismo raggiunga la verità», ha scritto pilatescamente il direttore dell'«Espresso» Marco Damilano. A me basterebbe che non propugnasse la menzogna e la calunnia.

(Vignetta di Giovanni Berti ritoccata da Andrea Paganini)























Fa poi impressione il silenzio assordante (omertà?) degli organi di stampa "cattolici", succubi di un'informazione giustizialista e priva di spirito evangelico, che volenti o nolenti fanno il gioco della disinformazione e dei manipolatori. Perché Andrea Tornielli non ha scritto che quelle contro Becciu erano «accuse assurde e infamati» (come scriverà con deprecabile ritardo quando lo stesso promotore di giustizia Diddi darà credito ad accuse altrettanto assurde e anche più infamanti su Giovanni Paolo II)? Il giornalismo "cattolico" è costituito unicamente da abietti e codardi "yes-man" incapaci di parresia? Problemi con la libertà di stampa? O con la verità tout court? Con poche meritevolissime eccezioni, va detto. In ogni caso è grave! La verità ci farà liberi.


  1. BulletPaolo Maninchedda, Il Papa e Becciu: la costruzione del colpevole, in «Sardegna e Libertà», 15 aprile 2025. Tutta da leggere, con attenzione!

  2. BulletIvo Pincara, 17 aprile 2025: Nuove chat che compromettono il Sostituto della Segreteria di Stato e il Promotore di Giustizia vaticano + Un post del 17 aprile 2024 e un riassunto del "caso Becciu", in «Korazym», 17 aprile 2025. Grazie!

  3. BulletVittorio Feltri, Quel che non si dice su Becciu, in «Il Giornale», 18 aprile 2025. APPELLO A PAPA FRANCESCO PER IL VENERDÌ SANTO: UN INNOCENTE CROCIFISSO BASTA. «Ci sono frasi che valgono come quelle che nei gialli si chiamano "pistole fumanti". Ecco alcuni messaggi. Scrive Chaouqui: "Se viene fuori che eravamo tutti d'accordo è la fine" (tutti: cioè le due donne e Diddi e la gendarmeria). Scandalizzata dalla immoralità di questa conduzione delle indagini, la Ciferri scrive al vescovo Parra, numero 3 del Vaticano, forse per farsi assolvere: «(La Chaouqui) conosce tutti i dettagli dell'inchiesta vaticana. Da chi, e come attinge queste informazioni sensibili? (...) La sostanza è questa. Il processo è marcio. (...) mi rivolgo al Papa. Non conosco indirizzo più umano di questo. Oggi è il Venerdì Santo: ne basta uno di Cristo in croce. Santo Padre, lei che può, stacchi i chiodi, e tiri giù da quel legno il cardinale Becciu. In questi giornni è diventato chiaro come il sole che c'è stata una macchinazione, di cui anche Lei è stato vittima, inducendola ad applicare una cocifissione preventiva, tanto le prove le parvero inequivocabili. (...) I giornalisti – e i vaticanisti non sono da meno – si conformarono alla regola aurea della sopravvivenza dei mediocri: dar ragione all'accusatore. (...) La prego perciò (...) di eliminare con atto sovrano – un colpo secco di bisturi – questo tumore che è cresciuto in Vaticano a colpi di intrigo. Tiri giù Becciu dalla croce.» Anche online.

  4. BulletLuis Badilla e Robert Calvaresi, Card. Becciu, "chat omissate smascherano macchinazione ai miei danni. Il tempo dell'inganno è finito”. Le macchinazioni sporche nel processo contro il card. Becciu, in «Osservazioni casuali», 64, 12-19 aprile 2025. «... evidenzia e dimostra quanto la cosiddetta grande stampa – che a volte con ironia si apostrofa con l'espressione "i giornaloni" – sia, probabilmente a sua insaputa (tutto da verificare però) parte del trappolone o complotto contro il cardinale Angelo G. Becciu. È accaduto dal primo giorno, da quando il Papa defenestrò il porporato nel giro di mezz'ora, e alcuni Telegiornali delle ore 20 avevano la notizia con anticipo. Come con largo anticipo la rivista "L'Espresso", diretta da Marco Da Milano, parte dell'operazione e le menzogne di Massimiliano Coccia, orchestrarono il carnevale mediatico per condannare il card. Becciu prima di un processo. Per questa stampa, la sentenza, era quanto trapelava dal Vaticano. Una qualche domanda, un dubbio, una perplessità, una contro indagine? No. Secondo questa visione era tutto chiaro e definitivo. Ora questa medesima stampa tace, fa finta, sdrammatizza, ignora. Insomma, ancora una volta, con astuzia, si manipola la verità dei fatti usando il silenzio o altri pretesti. Forse si aspettano ancora ordini dall'alto, per far funzionare il proprio cervello.» Luis Badilla e Robert Calvaresi dicono pane al pane e vino al vino, papale papale.

  5. BulletD.L.V. e D.P., Vaticano. Processi pilotati e millantatrici che aleggiano attorno al Papa, in «Silere non possum», 19 aprile 2025. «Tra le decisioni più discutibili prese da Papa Francesco nei primi mesi, spicca quella di affidare un incarico delicatissimo a una donna priva di competenze e rivelatasi una millantatrice: la calabrese Francesca Immacolata Chaouqui. Quest’ultima è stata condannata per reati gravissimi dal Tribunale dello Stato Vaticano. La sentenza fu emessa sotto la presidenza del Dott. Giuseppe Dalla Torre – un magistrato di ben altro spessore rispetto a figure come Pignatone – e risultò così solida e inequivocabile da non essere nemmeno appellata da alcuna delle parti coinvolte. In un messaggio inviato su Facebook al cardinale Angelo Becciu, Francesca Immacolata Chaouqui dichiarava di essere amica di Domenico Giani e Stefano De Santis. Si tratta di una lunga serie di messaggi, dal tono insistente e persecutorio, attraverso i quali la Chaouqui – già condannata in via definitiva – tentava disperatamente di ottenere la Grazia dal Papa per le sue gravissime azioni ai danni del Papa. Nel corso degli anni, Chaouqui si è distinta per una costante sete di visibilità e potere. Ha spesso millantato contatti e relazioni che nella realtà non possedeva, rappresentando uno dei tanti esempi di chi ambisce a entrare nei circuiti vaticani non per vocazione, ma per puro desiderio di affermazione personale. (...) È bene chiarire che oggi non ha più accesso a Casa Santa Marta, ma grazie all’appoggio di uomini come Stefano De Santis, Alessandro Diddi e altri, ha continuato a ricevere informazioni riservate, dando l’impressione di avere un ruolo che in realtà non le spetta. (...) Le conversazioni che pubblichiamo oggi in esclusiva (...) mostrano chiaramente come la Chaouqui abbia mentito anche durante la sua audizione in aula. Una falsità grave, che costituisce un reato e che il Tribunale non potrà ignorare. (...) Papa Francesco è perfettamente consapevole che Francesca Immacolata Chaouqui rappresenta un problema serio. Le sue azioni hanno arrecato danni non solo all’istituzione, ma anche alla sua stessa figura. Tuttavia, nonostante ne conoscesse la pericolosità, l’ha comunque utilizzata per liberarsi di una figura che ormai considerava scomoda. La rabbia della Chaouqui nei confronti del cardinale Angelo Becciu ha raggiunto livelli patologici. La sua è un’ostilità viscerale, carica di rancore. Ricorda la reazione immatura di chi, una volta ottenuto il “giocattolo”, non tollera di vederselo sottratto. Essere stata scoperta, processata e condannata è stato per lei uno smacco intollerabile, una ferita al suo ego. (...) Da anni, Chaouqui utilizza la minaccia e il ricatto come strumenti di pressione. Fa continui riferimenti a presunte rivelazioni, sostiene di sapere molto più di quanto realmente sappia, e costruisce attorno a sé un’aura di potere fondata su illusioni e intimidazioni. I giornali continuano a chiamarla “la papessa” ma il termine corretto è “la millantatrice”. (...) Durante il processo svoltosi in Vaticano, è emerso un fatto di straordinaria gravità: Alessandro Diddi, Promotore di Giustizia, risultava coinvolto nella vicenda su cui egli stesso era chiamato a indagare. Una circostanza che, alla luce del codice di procedura penale che lui non ha mai studiato, avrebbe dovuto comportare la sua immediata ricusazione e la nomina di un sostituto. (...) a muovere i fili, dietro le quinte, c’era ancora una volta Francesca Immacolata Chaouqui. Nelle sue chat, arriva persino a promettere che Perlasca non avrebbe subito alcuna conseguenza legale. (...) Dai messaggi che ora rendiamo pubblici, risulta evidente che Stefano De Santis e Alessandro Diddi condividevano informazioni riservate con Francesca Immacolata Chaouqui. A confermarlo è il fatto che Chaouqui anticipava sistematicamente a Genoveffa Ciferri le mosse del Promotore di Giustizia, al punto che la stessa, preoccupata, scrisse in una chat: “Se viene fuori che eravamo tutti d’accordo, è la fine.” Gli atti di cui parliamo erano stati secretati proprio da Alessandro Diddi, il Promotore di Giustizia coinvolto direttamente nella vicenda. Una decisione gravissima, che solleva interrogativi urgenti: com’è possibile che il Tribunale vaticano abbia consentito tutto questo? Com’è possibile che un promotore possa secretare atti, fingendo di aver avviato un procedimento di cui, a distanza di tempo, non si conosce ancora nulla? E, soprattutto: chi starebbe conducendo le indagini in questo presunto procedimento? Ancora Diddi? Dunque, l’indagato indaga su sé stesso? O forse le indagini sono in mano a Stefano De Santis, lo stesso che ha passato documenti riservati a Francesca Immacolata Chaouqui? Poiché sembra che Alessandro Diddi abbia dimenticato cosa significhi essere un pubblico ufficiale, glielo ricordiamo: il Promotore di Giustizia vaticano lo è a tutti gli effetti. Se un pubblico ufficiale condivide atti di un’indagine delicatissima con una millantatrice o con una giornalista di cui presenta i libri, oppure – peggio ancora – li consegna a un settimanale come L’Espresso, siamo davanti a un reato di estrema gravità. (...) Eppure, da quando la stampa ha iniziato a sollevare domande su questo caso, Diddi ha scelto il silenzio – un atteggiamento in netto contrasto con la sua consueta prontezza nel rilasciare dichiarazioni contro tutto e tutti. La Sala Stampa della Santa Sede, da parte sua, si è trincerata in un mutismo assordante. Nel piccolo Stato vaticano, le voci però non si fermano. Anche Vatican News e l’intera macchina “non comunicativa” di Piazza Pia restano muti, nonostante la portata senza precedenti di quanto sta accadendo. Stupisce, in particolare, il silenzio di Andrea Tornielli (...). Non dimentichiamo che fu proprio lui, forte delle sue “profonde competenze giuridiche”, a definire quello di Sloane Avenue “un processo giusto”. Ora però le alternative sono due: o Alessandro Diddi si dimette immediatamente, oppure si apre una fase che porterà seri grattacapo. Chiunque abbia un procedimento penale in corso in Vaticano non può più essere costretto a subire questo teatrino da processo kafkiano.» Si aggiunga che anche l'inchiesta che, correndo precipitevolissimevolmente da Raffaele Cantone a Perugia (per tappare una falla?), Diddi afferma di aver aperto a proposito dell'operazione di spionaggio e dossieraggio illecito (Striano, Laudati e co.), puzza terribilmente di messinscena: anche lì Diddi finge di indagare su se stesso?

  6. BulletD.M.T., I cardinali: "Mai più un sud americano". La fabbrica delle fake news vaticane, in «Silere non possum», 23 aprile 2025. DA LEGGERE, CON ATTENZIONE, QUESTO ARTICOLO. Ormai la maschera è caduta, signori Calabrò, Coccia, Diddi, Chaouqui, Perlasca, Pignatone, Ciferri e co.! (ps: io però amo i latinoamericani)

  7. BulletFilippo Di Giacomo, «SI DICEVA IL FALSO PRIMA O SI DICE IL FALSO ADESSO?», Rainews, 27 aprile 2025. «... le finanze della santa sede non sono così mal messe come appariva dagli ultimi bilanci pubblicati» e il "caso Becciu" assomiglia a tanti altri casi di alti prelati fatti dimettere «senza sapere perché! Il problema della (in)giustizia è un problema fondamentale». Oggi abbiamo sentito il brano del Vangelo su san Tommaso: oh, quanto sarebbe bello se tutti – giornalisti, magistrati, clero di tutti i livelli – credessero e testimoniassero solo dopo aver constatato, verificato i fatti! Anziché diffondere menzogne, diffamazioni e calunnie senza freni!

  8. BulletAlessandro Sortino e Marco Occhipinti, Giallo Vaticano: chi ha fatto fuori il cardinale?, in «Le Iene», Italia1, 29 aprile 2025. LA SPIEGAZIONE DELL'IMBROGLIO Francesca Immacolata Chaouqui afferma che Becciu faceva "cose losche", basandosi su quanto sostiene il grande accusatore Perlasca (al processo non c'è altra "prova"). Solo che, al capo dell'Ufficio amministrativo Perlasca, l'idea di addossare quelle colpe al suo superiore Becciu, l'aveva insufflata proprio lei, la "Papessa", manipolandolo con minacce, ricatti e allettamenti. Perlasca, che aveva appena perso il lavoro, è l'"utile idiota" che, in cambio delle sue menzogne, viene scagionato da ogni colpa, benché fosse il vero responsabile dei traffici incriminati, e anzi ottiene la promessa di un posto di lavoro attraente («io di questo sono certa e sicura», sostiene la Chaouqui): profezia che puntualmente si avvera, visto che Perlasca sarà assunto nella magistratura vaticana. Chaouqui – mossa unicamente da uno spirito di vendetta – risulta insomma essere l'alfa e l'omega dell'intera operazione. La domanda a questo punto è: fino a dove arriva l'influenza di questa donna? Come e perché dispone di tanto potere? Sta forse ricattando qualcuno? Con lei, dice, «nessuno è al sicuro». Evidentemente l'imbroglio si basa su un loschissimo "do ut des" in cui la salvezza di Perlasca viene concessa in cambio della cacciata e della condanna di Becciu, conseguendo così la vendetta della Chaouqui: «un'opera ciclopica», dicono. Al processo le testimonianze di Chaouqui e di Perlasca risultano per questo piene di perfide menzogne. La Ciferri da parte sua, stravagante amica di Perlasca, funge da trait d'union tra i due. E gli inquirenti? Da quanto risulta in questo video, il commissario De Santis suggeriva a Chaouqui ciò che Perlasca avrebbe dovuto dire al processo: una manipolazione di testimone, che poi era un modo per scagionare il vero colpevole. Da parte sua Chaouqui, mentendo, afferma di non avere nulla a che vedere con il magistrato Diddi e con lo stesso De Santis: «Io non conosco Diddi, non ho niente a che fare con la gendarmeria, non ho niente a che fare con il processo», si precipita a dichiarare. Solo che al processo Perlasca va in panico e non regge la pressione, perde completamente credibilità. Ecco perché l'amica Ciferri in quei giorni inonda di messaggi chat lo stesso Diddi: perché, a torto o a ragione, è convinta che il magistrato sia una pedina dell'imbroglio (Chaouqui sostiene d'avere una stretta collaborazione con lui, e realmente le conferme sono moltissime) e lo vuole quindi sollecitare a difendere maggiormente il suo sodale Perlasca. E Diddi che fa? Clamoroso: occulta – gravissimamente – i messaggi che risulterebbero utili alla difesa di Becciu e, benché ci sia una notizia di reato, non istruisce alcuna indagine contro la Chaouqui, perché – ammette lui stesso – «in un modo o nell'altro potrei avere un duplice ruolo»: uno scandaloso conflitto di interessi. Inoltre il magistrato mente affermando d'aver bloccato immediatamente la Ciferri sul suo telefonino. Al bravo giornalista Alessandro Sortino, che lo smaschera, dice: «Ma se lei conosce le cose, perché mi fa le domande?», proprio come risponderebbe un imputato colto in castagna. E il giudice Pignatone, perché accetta i giochi sporchi di Diddi? E che ruolo svolgono Parolin, Peña Parra e il "cerchio magico" attorno al Papa in tutto questo? La Ciferri afferma inoltre che la Chaouqui – come Giuda era strato pagato con 30 denari – le ha chiesto 30'000 euro per cotanto servizio di intermediaria con la magistratura; lei ne avrebbe pagati solo 15'000, recapitati attraverso un sindaco della zona. La "Papessa" lo nega – «non ho mai preso un centesimo; non ho mai preso soldi, questo è sicuro» –; ma il sindaco conferma d'averle consegnato il "pacco". Giustamente il giornalista Sortino si domanda: «Ma perché Chaouqui non è mai stata chiamata in Vaticano a deporre?». Poniamoci anche noi questa domanda e cerchiamo una risposta convincente! «Papa Francesco nei suoi ultimi anni di vita potrebbe essere stato vittima di un inganno? Ci potrebbe essere stato un complotto per far fuori uno dei cardinali più influenti per l’elezione del nuovo Papa?» Intanto, contro la malagiustizia vaticana, è stata presentata una denuncia all'ONU! Condividiamo, gente, diffondiamo questo video nel mondo intero! E guardate chi c'è al fianco di Diddi: Maria Antonietta Calabrò, la "giornalista" servile e velenosa che – complice di  una magistratura corrotta, facendosi portavoce di Diddi – ha montato la più violenta e volgare campagna di diffamazione contro un essere umano innocente.

  9. BulletA CINQUE GIORNI DAL CONCLAVE, DALL’INGHILTERRA ARRIVA LA BOMBA: L’ALTA CORTE DI GIUSTIZIA DI SUA MAESTÀ HA CONDANNATO LA SEGRETERIA DI STATO DELLA SANTA SEDE A RISARCIRE CON PIÙ DI 4 MILIONI DI EURO IL FINANZIERE RAFFAELE MINCIONE – SI TRATTA DEL “RIMBORSO SPESE” SOSTENUTE DALLO STESSO E DAL SUO FONDO DI INVESTIMENTO, “INGIUSTAMENTE ACCUSATI DI DISONESTÀ, FRODE E COSPIRAZIONE” PER L’ACQUISTO DELL’IMMOBILE IN SLOANE SQUARE, A LONDRA, PER 275 MILIONI DI STERLINE, in «Dagospia», 2 maggio 2025. SE N'È ACCORTA PERFINO DAGOSPIA. SOLO IN VATICANO – E LA STAMPA "CATTOLICA" – FANNO FINTA DI NIENTE E FANNO PASSARE IL VERO SCANDALO – QUELLO DELLA MALAGIUSTIZIA – SOTTO SILENZIO. IL TUTTO PER CROCIFIGGERE UN INNOCENTE. VERGOGNOSO!

  10. BulletRiccardo Cascioli, Malore, Becciu e Cina: il sistema fa quadrato attorno a Parolin, in «La Nuova Bussola Quotidiana», 5 maggio 2025. «Il potere che manovra la grande stampa sta facendo sparire o negare le notizie che potrebbero danneggiare l'ex segretario di Stato vaticano nella corsa al pontificato.»

  11. BulletGiovanni Maria Vian, Sant'Agostino e universalismo, le radici del pontificato di Leone XIV, in «Domani», 10 maggio 2025. Parolin sapeva che Becciu era innocente, ma... «E sul cardinale veneto devono avere pesato anche le ombre del criticatissimo processo vaticano e la vicenda del confratello Angelo Becciu, escluso dal conclave. Tutto questo è sfuggito però alla stragrande maggioranza dei media, da quanto si è sentito e si è letto durante la sede vacante. L’informazione, soprattutto in Italia, ma non solo, è stata infatti strabordante e ossessiva, infondata e acritica come mai prima.» La stampa tifosa che sosteneva Parolin spudoratamente – cieca e servile – probabilmente lo faceva in modo interessato: lui avrebbe potuto continuare a tener nascoste le porcherie compiute in Vaticano contro il cardinale sardo, con la complicità di una perversa campagna stampa di mascariamento. Inoltre Parolin risulta ricattabile (vedansi le chat Chaouqui-Ciferri).

  12. BulletEliana Ruggiero, Il Papa ai giornalisti: "Scegliete una comunicazione di pace. Disarmiamo le parole per disarmare il mondo", in «Agi», 12 maggio 2025. USCIRE DAI LINGUAGGI SENZA AMORE, SPESSO IDEOLOGICI E FAZIOSI. «Nel “Discorso della montagna” Gesù ha proclamato: «Beati gli operatori di pace» (Mt 5,9). Si tratta di una Beatitudine che ci sfida tutti e che vi riguarda da vicino, chiamando ciascuno all’impegno di portare avanti una comunicazione diversa, che non ricerca il consenso a tutti i costi, non si riveste di parole aggressive, non sposa il modello della competizione, non separa mai la ricerca della verità dall’amore con cui umilmente dobbiamo cercarla. La pace comincia da ognuno di noi: dal modo in cui guardiamo gli altri, ascoltiamo gli altri, parliamo degli altri; e, in questo senso, il modo in cui comunichiamo è di fondamentale importanza: dobbiamo dire “no” alla guerra delle parole e delle immagini, dobbiamo respingere il paradigma della guerra. (…) Viviamo tempi difficili da percorrere e da raccontare, che rappresentano una sfida per tutti noi e che non dobbiamo fuggire. Al contrario, essi chiedono a ciascuno, nei nostri diversi ruoli e servizi, di non cedere mai alla mediocrità. (…) Grazie, dunque, di quanto avete fatto per uscire dagli stereotipi e dai luoghi comuni, attraverso i quali leggiamo spesso la vita cristiana e la stessa vita della Chiesa. (…) Oggi, una delle sfide più importanti è quella di promuovere una comunicazione capace di farci uscire dalla “torre di Babele” in cui talvolta ci troviamo, dalla confusione di linguaggi senza amore, spesso ideologici o faziosi. Perciò, il vostro servizio, con le parole che usate e lo stile che adottate, è importante. La comunicazione, infatti, non è solo trasmissione di informazioni, ma è creazione di una cultura, di ambienti umani e digitali che diventino spazi di dialogo e di confronto. (…) disarmiamo la comunicazione da ogni pregiudizio, rancore, fanatismo e odio; purifichiamola dall’aggressività. Non serve una comunicazione fragorosa, muscolare, ma piuttosto una comunicazione capace di ascolto, di raccogliere la voce dei deboli che non hanno voce. Disarmiamo le parole e contribuiremo a disarmare la Terra. Una comunicazione disarmata e disarmante ci permette di condividere uno sguardo diverso sul mondo e di agire in modo coerente con la nostra dignità umana. (…)  Per questo vi chiedo di scegliere con consapevolezza e coraggio la strada di una comunicazione di pace.»

  13. BulletMimmo Muolo, Il Papa: disarmiamo la comunicazione da odio, pregiudizi e fanatismi, in «Avvenire», 12 maggio 2025.

  14. BulletF.S., C.A.S. e G.Z., Santa Marta era la redazione: Leone XIV rompe il giocattolo mediatico e ora lo infangano, in «Silere non possum», 17 maggio 2025. Un articolo durissimo, ma con non poche verità. «In un mondo che si illude di essere libero e pluralista, la stampa internazionale, e in particolare quella vaticana, si è ormai trasformata in una lobby organizzata dove vige un sistema mafioso. (...) Nella sala stampa vaticana il diritto di cronaca è concesso solo a chi si piega al ricatto dell’accreditamento, e chi prova a raccontare altro si vede revocare l’accesso, ignorare le mail, censurare le domande. È un sistema mafioso, dove tutto è regolato da favori, complicità, vendetta. Pier Paolo Pasolini diceva: «i giornalisti, tutti i giornalisti, mentono» – non perché non possano dire la verità, ma perché non vogliono. E chi osa farlo senza autorizzazione viene massacrato, calunniato, screditato. (...) Uno scaltro cardinale questa mattina chiedeva: “Come mai non è apparso l’editoriale su Vatican News nel quale il grande esperto di diritto Andrea Tornielli parla di ‘parole giuste e strumantalizzate’ proprio come fece quel ridicolo e vergognoso editoriale sul giusto processo. Cos’è un giurista? Questa volta nessun editoriale in difesa del Papa, come mai? C’è da chiedersi chi è che passa queste veline ai colleghi. Chissà”. Eh, si, proprio chissà. Un po’ come resta il mistero di chi passava i documenti a L’Espresso sul caso Becciu. Un mistero irrisolvibile.»

  15. BulletD.P.T., L'informazione selettiva: la Chiesa secondo la setta del Dicastero per la Comunicazione, in «Silere non possum», 21 maggio 2025.

  16. BulletNico Spuntoni, Tra le righe di Leone XIV la svolta sul diritto vaticano, in «La Nuova Bussola Quotidiana», 26 maggio 2025. «Come ha detto l'ex radicale Giuseppe Rippa, si è verificata  una «italianizzazione della struttura giudiziaria vaticana» che ha partorito il pasticcio del processo al cardinale Angelo Becciu e che tra le sue implicazioni ha avuto anche un crescente ruolo della componente mediatica. (...) nella mente di Leone XIV sono ancora fresche le lamentele fatte dai cardinali durante le congregazioni generali ed in particolare gli strascichi poco edificanti del caso Becciu. I cardinali stranieri che poco sapevano della vicenda, arrivati a Roma con qualche pregiudizio, sono infine rimasti scandalizzati dalla modalità con cui il loro confratello sardo è stato «liquidato». Non ci sono logiche di appartenenza dietro a quest'insofferenza se si pensa che uno dei più indignati per il trattamento riservato a Becciu è stato un giovane cardinale ultra-bergogliano, autore dell'intervento più progressista durante il pre-conclave. Che la questione non sia stata irrilevante lo si è visto anche dal responso della Sistina.» Quando una magistratura marcia incontra una macchina della comunicazione vaticana altrettanto marcia... Anche in francese.

  17. BulletNico Spuntoni, Il Papa incontra Becciu. Il cardinale escluso verso la riabilitazione, in «Il Tempo», 28 maggio 2025. «Più di un decennio dopo da allora, sono stati in qualche modo i due protagonisti del conclave: uno non entrando in Sistina nonostante l'età anagrafica glielo consentisse, l'altro invece uscendone vestito di bianco. (...) Sicuramente l'esigenza di rimettere ordine nel caos normativo di questi anni è stata una delle richieste più frequenti sollevate nel pre-conclave. (...) Peraltro il direttore Matteo Bruni non ha spiegato perché Becciu sia stato incluso tra i "non elettori" già da prima del 2023».

  18. BulletVik van Brantegem, Si riaccende la speranza di un giusto processo per il Cardinal Becciu, in «Korazym», 28 maggio 2025.

  19. BulletD.R.S., Chaouqui. La donna che tradì Bergoglio torna alla ribalta: e ora è indagata, in «Silere non possum», 4 giugno 2025. L'ECATOMBE DELLA GIUSTIZIA VATICANA «Il 22 dicembre 2016, la condanna definitiva per Choauqui, alla quale non fecero neppure appello dato il fatto che era una decisione motivata perfettamente, anzi, fin troppo clemente. Da allora, Chaouqui ha chiesto ripetutamente la grazia, sempre negata da Francesco. Tuttavia, questa donna non si è mai arresa e ha sempre millantato conoscenze e contatti. Basti ricordare i suoi rapporti con Stefano De Santis, Commissario della Gendarmeria Vaticana, con il quale strinse contatti da quando fu incarcerata. Negli ultimi mesi sono emersi messaggi e audio compromettenti, intercorsi tra Chaouqui, De Santis e Genevieve Ciferri, che quest’ultima ha poi inviato ad Alessandro Diddi. Dai messaggi emerge un quadro inquietante: Chaouqui anticipava le mosse del Promotore di Giustizia e sapeva in anteprima gli sviluppi processuali, in particolare quelli legati al processo contro il cardinale Angelo Becciu. Un processo in cui Becciu è stato attaccato, anche da Alessandro Diddi, senza alcun rispetto per la sua dignità episcopale. A diffondere, per prima, la notizia dell’indagine su Chaouqui è stata Maria Antonietta Calabrò, definita da più parti come la “portavoce di Alessandro Diddi”. Giornalista da tempo impegnata in una sistematica campagna mediatica contro il cardinale Becciu, Calabrò è nota per aver promosso incessantemente un libro che altro non è se non un copia e incolla di quanto le è stato riferito direttamente da Diddi. La sua posizione è smaccatamente schierata a favore del Promotore di Giustizia, un dettaglio che mina ulteriormente la già flebile credibilità del personaggio. Come se non bastasse, Diddi ha partecipato alla presentazione del libro di Calabrò, uno degli imputati che Diddi ha processato. Una scena indegna persino della magistratura italiana, oggi spesso criticata per l’eccessiva esposizione mediatica. Proprio durante quella presentazione, alcuni giornalisti andarono a fare delle domande al Promotore di Giustizia, il quale affermò alcune cose false smentite anche dai fatti. Diddi, il quale non ha mai ottenuto competenze in diritto canonico o in quello vaticano, ha sempre agito con fare spavaldo e da sbruffone. Sia in aula nel processo Becciu, sia in altri procedimenti facendo interrogatori a dipendenti che venivano illegalmente arrestati. Nel suo curriculum non esiste alcuna traccia di formazione specifica negli ambiti richiesti per poter esercitare nello Stato della Città del Vaticano. Eppure guida l’Ufficio che dovrebbe rappresentare l’equilibrio e la giustizia dello Stato del Papa. Durante il processo Sloane Avenue, quando vennero portate alla luce le chat tra Chaouqui e De Santis, Diddi omissò i messaggi, impedendo alle difese di leggerli, in un abuso di potere gravissimo. Dichiarò di aver aperto un fascicolo sulla vicenda, ma oggi — a distanza di tempo — si scopre che l’indagine su Chaouqui è partita solo ora, segno che anche su questo punto aveva mentito. La domanda allora sorge spontanea: chi indaga su tutto questo? Diddi stesso? Lo stesso Diddi coinvolto nei fatti? È una situazione paradossale, da Corea del Nord, dove colui che dovrebbe essere imparziale addirittura è parte del problema. È urgente che Alessandro Diddi si dimetta immediatamente e che l’indagine venga affidata a terze parti imparziali, in grado di accertare le responsabilità penali e disciplinari che verosimilmente toccano anche lui. Una cosa è certa: un’indagine condotta da Alessandro Diddid non può avere alcuna credibilità. Si tratta di un avvocato romano che risulta indagato dalla procura per aver abbandonato un’aula di tribunale in Calabria mentre era difensore di alcuni imputati. Ora, con questa mossa mediatica, pare voler fare colpo su Papa Leone XIV, il quale è chiamato a decidere sul suo futuro e su quello di Stefano De Santis, ormai sparito dall’entourage pontificio — non guida più neppure l’auto del Papa. Il vento è cambiato. E qualcuno ha paura di perdere il proprio posto.» È davvero una farsa da scompisciarsi che a dare la notizia sia la "portavoce" di Diddi, protagonista del "giornalismo" più vergognoso prodotto dal consorzio umano.

  20. BulletChaouqui indagata, la difesa di Becciu: «La verità viene a galla, macchinazione contro il cardinale», in «L'Unione Sarda», 5 giugno 2025. «Uno sconcertante piano di inquinamento che ha condizionato l’indagine e il processo»

  21. BulletCaso Becciu, i legali: "La verità inizia a venire a galla, si faccia piena luce", in «Il Tempo», 5 giugno 2025. «L’indagine sembra confermare quanto in parte emerso durante il processo. Già all’alba dell’inchiesta si parlò di macchinazioni in danno del Cardinale Becciu per costruire accuse infondate ai suoi danni, ma si registrava un clima da gogna mediatica che non consentiva alcun tipo di difesa. Poi la verità ha cominciato a farsi largo nel corso del processo evidenziando uno sconcertante piano di inquinamento che ha condizionato l’indagine prima e il processo poi.» «L’innocenza del Cardinale Becciu è pienamente supportata dalle prove raccolte nel processo, peraltro confermate dagli inquietanti documenti pubblicati di recente da alcuni organi di informazione. Ci auguriamo che si ricostruisca approfonditamente la verità e che si faccia piena luce su tutte le condotte di cui il Cardinale è stato vittima. Senza dimenticare che oggi, finanche la sentenza di primo grado – che abbiamo già provveduto ad impugnare – ha certificato che il Cardinale Becciu non si è appropriato “neanche di un centesimo”»

  22. BulletNico Spuntoni, Chi ha incastrato Angelo Becciu? Indagata Francesca Immacolata Chaouqui, in «La Nuova Bussola Quotidiana», 7 giugno 2025. SENZA LA TESTIMONIANZA – TAROCCATA – DI PERLASCA, BECCIU NON SAREBBE STATO RINVIATO A GIUDIZIO. «Nella seconda udienza del processo sulla gestione dei fondi della Segreteria di Stato il promotore di giustizia vaticano Alessandro Diddi si era lamentato di chi «vaneggia di prove false». Quattro anni dopo, forse, il dubbio deve essere venuto anche a lui se pochi giorni fa ha deciso di aprire un fascicolo per traffico di influenze, falsa testimonianza e subornazione proprio in relazione a quel procedimento. (...a meno che non lo sapesse bene già prima, nAP) Il promotore vaticano, che nella requisitoria del 18 luglio 2023 aveva detto che il monsignore non era un «testimone manipolato, oltre che manipolabile», ora indaga proprio per accertare se Perlasca è stato manipolato. Di manipolazione parlano apertamente i legali di Becciu, gli avvocati Maria Concetta Marzo e Fabio Viglione, che in una nota hanno evocato «uno sconcertante piano di inquinamento che ha condizionato l’indagine prima e il processo poi». (... ) la notizia del nuovo fascicolo non avvicina ancora la verità su una vicenda che rischia di diventare una macchia nella memoria del pontificato bergogliano. Quel che è certo è che l'indagine aperta dal promotore di giustizia contraddice inequivocabilmente l'editoriale del direttore del Dicastero per la Comunicazione Andrea Tornielli che aveva parlato, dopo una sentenza di solo primo grado, di «processo giusto e trasparenza» per criticare le contestazioni mosse, tra gli altri, dalla difesa di Becciu. Come si può parlare di «trasparenza» se lo stesso promotore di giustizia ora indaga per reati come falsa testimonianza, subornazione e traffico di influenze che sarebbero stati commessi proprio nell'ambito di quel processo?»

  23. BulletD.T.A., Il paradosso della comunicazione vaticana: le immagini di Rupnik scomparse senza dare spiegazioni, in «Silere non possum», 11 giugno 2025.

  24. BulletAndrea Gagliarducci, Da Francesco a Leone XIV, dieci caratteristiche del cambio di pontificato (per il vaticanista), in «Vatican Reporting», 16 giugno 2025.

  25. BulletLuigi O. Rintallo, Non si difende la libera informazione con le mistificazioni, in «Agenzia Radicale», 24 giugno 2025.

  26. BulletPino Nano, Mario Nanni grande Maestro di giornalismo e di vita, in «Giornalisti Italia», 26 giugno 2025. Poi è stata la volta del cardinale Angelo Becciu, a cui Mario Nanni ha dedicato poco prima di morire forse il suo libro di inchiesta più importante “Il Caso Becciu, Ingiustizia in Vaticano”, un libro di grande coraggio e pieno di mille verità inedite, «legate ad un processo – ha sottolineato il Cardinale Becciu – che mi ha visto vittima sacrificale di una campagna mediatica denigratoria di confini e di livelli inimmaginabili. Oggi grazie anche all’inchiesta pubblica di Mario Nanni molte verità incominciano a venir fuori e presto spero di vedere fatta completa giustizia sulla mia storia di uomo e di pastore della Chiesa».

  27. BulletNico Spuntoni, Sala stampa. Costi folli e pochi risultati, in «Il Tempo», 30 giugno 2025. «Angelo Becciu che, pur avendo 77 anni, viene inserito tra i non elettori. Eppure lo scorso 30 maggio la congregazione dei cardinali ha messo nero su bianco che la sua non partecipazione all'ultimo conclave è scaturita dal suo passo indietro, non da altro. I cardinali hanno ritenuto di non formalizzare all'esterno le due famose lettere attribuite a Bergoglio e che risalivano al settembre 2023 e alla degenza al Gemelli di marzo. Perché, però, Bruni ha inserito Becciu tra i non elettori ben prima del 2023, cioè della data del primo presunto documento papale che avrebbe dovuto escluderlo dal successivo conclave?»

  28. BulletI.R., Italia. Giornalisti sotto tiro, in «Silere non possum», 16 luglio 2025.

  29. BulletDiritto di replica, in «Domani», 2 agosto 2025. NON è vero che Chaouqui abbia incontrato papa Leone XIV. Le notizie false vanno giustamente smentite. Oh, se solo fossero state smentite anche le dozzine di menzogne pubblicate da certa stampa negli ultimi cinque anni!

  30. BulletLuigi Bisignani, Chi consiglia a Meloni elezioni subito, in «Il Tempo», 17 agosto 2025. In Paradiso, parlando di Leone XIV, Francesco confessa agli altri Papi: «Spero non ascolti i corvi che gli svolazzano intorno. Io l’ho fatto ed ho sbagliato, anche a mettere alla gogna il cardinal Becciu». Se lo scrive Bisignani... è ben trovato. E nessuno – dei lusingatori e degli adulatori – ha aiutato papa Francesco a rimediare al suo terribile errore! Anzi... Una vergogna incancellabile.

  31. BulletFrancesco Capozza, La «casta» di Bergoglio. Agli eventi di Leone XIV solo giornalisti selezionati, in «Il Tempo», 28 agosto 2025.

  32. BulletF.G., La casta di Piazza Pia. Il volto nascosto del Giubileo, in «Silere non possum», 10 settembre 2025.

  33. BulletAudiovideo presentazione di 'Quer pasticciaccio brutto del processo Becciu' di Alberto Vacca con Felice Manti, Giovanni Minoli, Giuseppe Rippa, Luigi O. Rintallo, in «Agenzia Radicale», 20 settembre 2025. UNO SCANDALO COME QUELLO DI GIUDA NEL SINEDRIO... E LA PERDITA DI CREDIBILITÀ DELLA CHIESA «Poi c'è la storia incredibile legata a coloro che hanno deciso questa condanna che non sta in piedi. Sono stato l'unico a scrivere che cinque giorni prima della condanna di mons. Becciu papa Bergoglio con un motu proprio ha deciso di dare al Presidente del Tribunale e al Promotore di giustizia la cittadinanza vaticana, con tutto quello che la cittadinanza vaticana comporta. Io ho trovato quell'accostamento volgare, perché solo l'idea che qualcuno possa avere barattato una condanna con un vitalizio fa rabbrividire. Io spero che questa verità non si dimostri mai tale, perché sarebbe un guaio se scoprissimo che come Giuda nel Sinedrio qualcuno si è venduto per la cittadinanza vaticana. Poi c'è il tema dei "rescripta", cioè delle regole processuali cambiate in corsa quattro volte, con effetti retroattivi. Questo è un tema da cui non ci si può sottrarre. È un tema che ha a fare con la certezza del diritto e con la necessità che le regole processuali non possano e non debbano essere cambiate in corsa, se non per favorire eventualmente il "reo", non certo con ipotesi di reato precostituita e prestabilita, che deve inevitabilmente essere adattata come un pezzo di puzzle "jolly" che andava bene in qualsiasi punto. E infine la questione vera, che ha a che fare con la credibilità della Chiesa. Perché dal momento in cui noi prendiamo dei giudici civili per condannare un cardinale, prendiamo una sentenza penale, la mettiamo sul tavolo a disposizione di enne tribunali che devono valutare questa condanna e poi abbiamo il Tribunale di Londra che comincia a dire: "Questa cosa non torna. Tu come hai fatto a dire questo? Ma perché hai detto questo? Perché questo personaggio è stato condannato quando questa cosa non l'ha fatta? Santa Sede, risarcisci questo soggetto!" Lì, tutto quello che s'era fatto, forse in buona fede, per provare, nel nome di un pontificato votato a una rivoluzione della storia della Chiesa, per restituire anche ai fedeli come me un'immagine della Chiesa che voleva rinnovarsi, che voleva togliere delle scorie, degli elementi di nequizia, di speculazione, di uso distorto del denaro delle elemosine... E questo discorso si fa complicando un percorso giudiziario, infilando dentro un iter giudiziario delle questioni che non hanno niente a che vedere con le cose che Becciu avrebbe fatto – e che non ha fatto! –, lì il risultato finale è una complessiva e definitiva perdita di credibilità della Chiesa. E questo è un tema che inevitabilmente ognuno di noi si deve porre, perché poi non è più in gioco soltanto il cardinale Becciu, la sua funzione, il trono e il conclave, e tutto ciò che da quel processo e da quella condanna si è generato: qui è in discussione l'intera storia, l'intera vitalità di un'istituzione sacra come la Chiesa che questo genere di operazioni spericolate ha rischiato seriamente di mettere in discussione. (...) Quei è in gioco non solo Becciu e non solo la Chiesa, ma anche il senso di giustizia che noi giornalisti liberi, per quanto possibile, dobbiamo cercare di difendere» (Felice Manti). LE SCHIFEZZE NELLA STORIA DELLA CHIESA CONTRO UN GRAMMO DI GESÙ CRISTO «Anche nei processi dell'inquisizione c'era un grammo di giustizia in più di quella che abbiamo visto nel "caso Becciu". (...) Il fatto che Diddi sia lì è una cosa che nella storia del diritto umano non s'è mai visto. Per fortuna che... schifezze potenti nella storia della Chiesa ce ne sono state tantissime, ma il Vangelo è più forte, e Gesù Cristo anche. La speranza è che qualche grammo di Vangelo e qualche grammo di Gesù Cristo emerga anche nell'appello. E la storia della Chiesa ci dimostra che è possibile» (Giovanni Minoli). LA MALAGIUSTIZIA E LA DESTRUTTURAZIONE DELLA LEGITTIMITÀ E DELLA PACE «Immaginate il trasferimento della italianizzazione sul Vaticano, dove la giustizia non ha neanche l'impianto minimo strutturale! Si affida a delle casualità, a una terribile mostruosa macchina, per cui il Capo – anche in buona fede – può decidere anche di trascinare qualunque avvenimento, non solo attraverso il racconto che abbiamo fatto dei "motu propri" e di tutte le altre situazioni che sono state completamente trascurate da un sistema informativo disgustosamente subalterno e... completamente antivaticano! Ogni qualvolta la verità viene preclusa, si contribuisce alla destrutturazione della legittimità e anche della pace collettiva» (Giuseppe Rippa). IL PRIMO RESPONSABLE DEL PASTICCIACCIO (ACCUSATORE E MAGISTRATO SUPREMO DELLO STATO) «Tutto questo pasticciaccio chi l'ha creato? Il primo è stato il Papa, perché ha firmato l'atto di denuncia contro ignoti, perché lo IOR aveva detto che nella Segreteria di Stato probabilmente era stato commesso un reato di riciclaggio di denaro. (...) Lui è accusatore! Poi cambia le regole processuali (...) cambiando le carte in tavola dopo che il processo era già iniziato: questo atto di  giustizia (dal punto di vista del Papa) sostanzialmente è stato un atto di ingiustizia contro Becciu, perché lo ha sottratto al suo giudice naturale, che era il collegio dei cardinali» (Alberto Vacca). UN CRISTIANO ONESTO E GENEROSO COLPITO DA UN SISTEMA MARCIO «Voi conoscete Striano, il famoso ufficiale della Guardia di finanza che avrebbe fatto dossieraggi (...). Ebbene, l'inizio di questo presunto dossieraggio parte proprio dal "caso Becciu", perché Striano si è occupato di alcuni personaggi ricorrenti nell'agenda di Becciu prima ancora che il "caso Becciu" venisse fuori. E questo è un elemento che non è stato sufficientemente percorso, il che ci fa pensare che questa narrazione mainstream sia stata anche creata ad arte, a tavolino, da chi avrebbe dovuto fare un altro lavoro. Perché aprire un'interrogazione come inquirente antimafia su soggetti che non avevano niente a che fare con la mafia è un fatto che non si può far passare così. Chi ha chiesto a questo signore di fare queste indagini? Queste sono tutte risposte che inevitabilmente questo processo di appello deve dare! E noi faremo il possibile, dopo esserci battuti per la verità, per continuare a dare voce a questo processo (...). Noi ci impegniamo a seguire con grande attenzione le fasi di questo processo, proprio per capire se questi sentimenti, se questo feeling, se queste good vibes, se queste sensazioni positive saranno vere oppure no. E io non escludo che nel corso di questi mesi vengano fuori altre sorprese, altre costruzioni che non faranno altro che rafforzare l'idea che Becciu è stato purtroppo il "vaso di coccio" di un gioco che c'è stato alle sue spalle, e alle spalle del Papa, che ha veramente incrinato la credibilità del Vaticano. (...) Io sono ragionevolmente convinto che alla fine la verità verrà fuori. (...) C'è anche da valutare l'impatto che Becciu ha avuto nel Conclave. Becciu ha avuto la dignità di fare un passo indietro (...) nell'interesse supremo della Chiesa. E questo dimostra ancora una volta che lui ha anteposto l'interesse della Chiesa al suo, ha messo prima il Papa e la Chiesa, davanti a sé. E solo questo dovrebbe dirci che tipo di persona è Becciu» (Felice Manti).

  34. BulletFranca Giansoldati, Becciu, domani il processo d'appello: primo test per Leone XIV. Dalla richiesta del conclave alle false testimonianze, la vicenda, in «Il Messaggero», 21 settembre 2025. ECCELLENTE RIASSUNTO DI FRANCA GIANSOLDATI. IL VERO SCANDALO È QUELLO DEL COMPLOTTO CONTRO UN INNOCENTE IN CUI ANCHE LA MAGISTRATURA E LA GENDARMERIA PAIONO COINVOLTE. «Una vicenda suddivisa in tre tronconi che si è rivelata complessa e piena di colpi di scena, in cui si sono incrociate in tribunale persino false testimonianze, agenti segreti più volte tirati in ballo, registrazioni illegali sul suolo italiano da parte di gendarmi vaticani, la presenza di strani suggeritori dietro le quinte per manipolare il principale accusatore del cardinale Becciu, il suo ex braccio destro in Segreteria di Stato, un tempo responsabile dell'ufficio finanziario: monsignor Alberto Perlasca. Infine, da registrare, persino le incursioni personali nel processo da parte di Papa Francesco che ha firmato ben ben quattro decreti a processo in corso, pur di dare maggiori poteri inquirenti all'ufficio del Promotore di Giustizia.  L'appello parte con tanti problemi. Il primo riguarda il Promotore di Giustizia che in questo caso risulta essere lo stesso magistrato – Alessandro Diddi –  il quale in primo grado aveva rappresentato l'accusa. Tuttavia a rendere il quadro assai malfermo sono gli elementi che nel frattempo sono emersi, vale a dire la trascrizione completa della messaggistica WhatsApp tra Francesca Chaouqui e Genoveffa Ciferri che si sviluppa per 3.225 pagine, a cui devono aggiungersi pure numerosi messaggi vocali; quella tra la Ciferri e monsignor Peña Parra (altre 278 pagine) e quella tra la Ciferri e il Promotore di Giustizia, Diddi (ben 42 pagine). Di conseguenza resta da capire se l'impianto processuale seguirà i binari individuati e scelti a suo tempo da Papa Francesco, oppure se Leone XIV vorrà intervenire (ma non si sa come) per riequilibrare il quadro. Tutto il processo poggia sul memoriale di monsignor Alberto Perlasca, il monsignore che è stato il responsabile dell'ufficio finanze in Segreteria di Stato, un tempo fedelissimo di Becciu, diventato in seguito il suo più feroce accusatore. Nelle oltre ottanta udienze del processo di primo grado (costato la condanna di Becciu e di altri nove, tra cui un sacerdote, finanzieri e funzionari vaticani) è emerso con chiarezza quel memoriale potrebbe essere frutto di manipolazioni, nel senso che a Perlasca venne suggerito cosa dire e cosa non dire da un “anonimo magistrato in pensione”, dietro il quale però si nascondeva la lobbista Francesca Chaouqui, la quale, a sua volta, sempre dai messaggi Whatsapp, era in contatto con il Promotore di giustizia Diddi.  Una mossa che aveva consentito a lui, e all'allora presidente del tribunale, Giuseppe Pignatone, di rifiutare tutte le richieste delle difese degli imputati di prendere visione di quel materiale necessario per la difesa. I documenti sembrano dare effettivamente corpo al complotto.  Sei mesi fa circa gli avvocati del finanziere Raffaele Mincione (anch'egli condannato) hanno depositato all'ONU tutti i messaggi che il Tribunale vaticano aveva ritenuto di non diffondere per asserite “esigenze di segretezza”. E' da quelle carte che si evince che Chaouqui non solo conosceva nei dettagli tutta la fase dell'inchiesta ben prima che Perlasca scrivesse il memoriale. Un testo che sembra essere strutturato praticamente sotto dettatura. Nelle chat ci sono i anche diversi riferimenti al ruolo pro-attivo avuto dal gendarme Stefano De Santis (era il responsabile delle indagini) per i suoi contatti diretti con Chaouqui. De Santis in aula aveva però negato categoricamente di aver avuto contatti con Chaouqui, così come aveva smentito di aver effettuato una registrazione sul territorio italiano di una conversazione avvenuta in un ristorante, tra Becciu e monsignor Perlasca. Chaouqui, in uno dei messaggi, scrive a Genoveffa Ciferri, la donna amica di Perlasca e punto di contatto indiretto tra Chaouqui e Perlasca, “Dobbiamo capire cosa devi dire, per evitare che le chat siano considerate attendibili ova mai si decidesse di dissegretarle, perche in questo caso avrebbe ragione Becciu. Va disinnescata la bombaper me vale cio che ho detto al processo. Non conosco Diddi. Se viene fuori che eravamo tutti d'accordo è la fine”.  Il 26 settembre 2020, un anno prima del processo di primo grado in Vaticano, Francesco decise di punire in modo inusuale il cardinale Becciu. Lo chiamò a Santa Marta mostrandogli subito un articolo pubblicato dall'Espresso che riportava gran parte del memoriale di Perlasca, carte che avrebbero dovuto essere coperte dal segreto istruttorio. In base a quell'articolo Bergoglio decise di agire e togliere al porporato i diritti del cardinalato. «Contro di me è stato ordita una congiura», una frase che Becciu ha ribadito anche davanti a tutti i cardinali riuniti prima del conclave. Durante le Congregazioni Generali il tema di come è stata amministrata la giustizia per anni in Vaticano è stata al centro di numerosi interventi a porte chiuse. “Basta con il giustizialismo” hanno detto alcuni porporati, esplicitando la richiesta che il prossimo Papa, chiunque risultasse eletto, volesse riportare le regole canoniche in primo piano. La medesima richiesta è arrivata anche dopo il conclave, nella prima riunione dei cardinali, in tanti hanno esortato Leone XIV a “riformare e correggere” questo settore.  Chi è Francesca Chaouqui? All'inizio del pontificato di Bergoglio l'esperta in pr è stata per un certo periodo di tempo una sua stretta collaboratrice. Ma poco dopo finì a processo e condannata a 10 mesi per concorso nella divulgazione illecita di notizie e documenti durante lo scandalo Vatileaks. Adesso si trova di nuovo indagata in Vaticano per traffico di influenze (avrebbe ricevuto del denaro da Genevieve Ciferri per subornare il principale accusatore di Becciu, monsignor Perlasca). Inoltre, è accusata pure di falsa testimonianza per la deposizione resa in tribunale, durante il processo per il Palazzo di Londra. Nei mesi scorsi, oltre alla messaggistica Whatsapp, la trasmissione delle Iene aveva fatto ascoltare un audio in cui si sentiva una conversazione telefonica tra Chaouqui e il gendarme De Santis in cui è quest'ultimo suggeriva cosa far dire a monsignor Perlasca.»

  35. BulletNico Spuntoni, Appello per Becciu, ma i media vaticani bypassano i giudici, in «La Nuova Bussola Quotidiana», 23 settembre 2025. DAVVERO LUCIDA E ACUTA L'ANALISI DI NICO SPUNTONI 1) SULL'AMMISSIBILITÀ DELLA RICUSAZIONE DEL PROMOTORE DI (IN)GIUSTIZIA ALESSANDRO DIDDI, IL QUALE S'È DIMOSTRATO DEL TUTTO INADATTO A ESERCITARE QUEL RUOLO E  2) SULL'IMPUDENTE PREVENZIONE BULLISTA  (SEMPRE IN VIOLAZIONE DEL DIRITTO UMANO ALLA PRESUNZIONE DI INNOCENZA, SULLA LINEA DELLA MELLONIANA "CROCIFISSIONE PREVENTIVA") DEGLI ORGANI DI (DIS)INFORMAZIONE VATICANI. «... intanto Diddi avrà due giorni per fare le sue deduzionie valutare se fare di sua iniziativa un passo indietro che eviterebbe alla Corte di Cassazione dello Stato della Città del Vaticano formata dai cardinali Matteo Maria Zuppi, Augusto Paolo Lojudice, Mauro Gambetti e Kevin Joseph Farrell di doversi pronunciare sulla ricusazione. La sua partecipazione all'appello come promotore di giustizia, peraltro, è stata resa possibile da uno dei tanti interventi a gamba tesa fatti da Francesco in materia giudiziaria. L'8 febbraio 2021 il Papa argentino promulgò un motu proprio che in un comma cambiò quanto da lui stesso deciso solamente un anno prima e stabilì l'esercizio dell'ufficio del promotore di giustizia in tutti e tre i gradi di giudizio. Una novità che Geraldina Boni, Manuel Ganarin e Alberto Tomer nel loro volume Il processo Becciu. Un’ analisi critica (Marietti 1820, Bologna 2025) hanno commentato osservando come in questo modo «l’impianto accusatorio rischia di essere pedissequamente omologato e appiattito alla tesi sostenuta in prima istanza dal promotore di giustizia, con evidente pregiudizio – potenziale o effettivo – degli imputati». Alla Nuova Bussola la professoressa Boni, ordinario di diritto canonico, di diritto ecclesiastico e di storia del diritto canonico dell'Università di Bologna, ha detto di ritenere «senz’altro opportuno che la corte d’appello vaticana possa valutare le ripercussioni che i rescritti concessi da Papa Francesco nel 2019-2020 al promotore di giustizia hanno avuto sull’itinerario processuale». Per la docente «la corte d’appello potrebbe confutare le argomentazioni addotte dal tribunale vaticano di prima istanza, secondo cui gli imputati sarebbero stati comunque garantiti dal contraddittorio che si è svolto in aula durante il dibattimento» perché «non è plausibilmente sostenibile la tesi per la quale questa fase potrebbe in qualche modo “sanare” le anomalie che si sono verificate nella precedente fase investigativa: e ciò in quanto sono state direttamente vulnerate una serie di istanze che si innestano nel diritto divino e che, perciò, non tollerano alcuna violazione anche nell’ipotesi in cui si sia goduto del supporto del Papa: il quale è stato indotto ad avvalersi in modo arbitrario delle proprie prerogative di governo». Si vedrà come questa brutta storia, che molti in Vaticano oggi vorrebbero chiudere al più presto e che sostengono sarebbe stato meglio non aprire, andrà a finire sul fronte giudiziario. Chi è chiamato a raccontarla dai media ufficiali, intanto, dà prova di voler ostinatamente insistere su una narrazione partigiana già costata diverse brutte figure. A questo proposito resta indimenticabile l'editoriale di Andrea Tornielli dal titolo Processo giusto e trasparenza pubblicato su Vatican Newsper difendere a spada tratta la sentenza di primo grado. Era il 30 ottobre 2024 e la tesi della «trasparenza» è stata smentita apertamente dallo stesso ufficio del promotore di giustizia vaticano che ha aperto la già citata indagine per subornazione, falsa testimonianza e traffico di influente in riferimento a fatti che sarebbero avvenuti proprio in relazione a quell'indagine e quel processo di primo grado. All'epoca il direttore editoriale del Dicastero per la comunicazione si spinse al punto di provare a confutare in prima persona le tesi legittimamente sostenute dalle difese degli imputati ed impartire la morale al cardinale imputato. Un po' troppo persino per Francesco che autorizzò (lui in persona, non Tornielli) la pubblicazione di una controreplica di Becciu dal titolo Il diritto alla difesa su Vatican News. Le cose però non sono cambiate da quelle parti e domenica sul portale ancora diretto a livello editoriale da Tornielli è uscito un articolo a firma di Salvatore Cernuzio che presentava l'inizio del processo d'appello a suon di giudizi ed amnesie. L'autore cerca di ridimensionare vistosamente il peso delle chat Ciferri-Chaouqui. Si limita a dire, ad esempio, che «alcune difese hanno asserito che le due donne hanno condizionato il monsignore nelle sue scelte e nelle sue dichiarazioni» dimenticando come lo stesso promotore di giustizia Diddi abbia sostenuto nell'udienza del 1 dicembre 2022: «le chat spiegano chiaramente che alla Ciferri le domande sono arrivate dalla Chaouqui» in riferimento al famoso memoriale di Perlasca. Cernuzio scrive che «le dichiarazioni di Perlasca secondo una comune narrativa, avrebbero dato il via alle indagini concluse col rinvio a giudizio». Il giornalista di Vatican News attribuisce alla «comune narrativa» quanto invece si ritrova negli atti: prima del memoriale del 31 agosto 2020 mai era emerso il nome di Becciu nell'indagine e nell'interrogatorio del 29 aprile 2020 monsignor Perlasca aveva escluso responsabilità del suo ex superiore. Cernuzio dalle colonne di un portale ufficiale – che dovrebbe essere imparziale specialmente a ridosso dell'apertura del processo d'appello – bolla come «toni che sembrano anche richiamare vendette personali» quelli di chi ha sostenuto l'ipotesi di condizionamenti sull'indagine e sul processo di primo grado testimoniati dalle chat. La tesi, ricordiamo, sostenuta dalle difese di alcuni degli imputati e finita nell'istanza di ricusazione ritenuta ammissibile ieri dalla corte. Cernuzio poi "ruba" il posto ai giudici e conclude che «tale materiale non ha influito nella formulazione del verdetto». A che servono i successivi gradi di giudizio? Non basta quello del giornalista? Sembra davvero incredibile leggere simili "sentenze" su un organo ufficiale della Santa Sede. Eppure è tutto vero. Il solerte Cernuzio, però, nella ricostruzione fatta sulla «questione chat» appare un po' distratto e si dimentica di menzionare l'apertura dell'indagine vaticana dello scorso giugno con capi d'imputazione inerenti proprio ai fatti di quelle conversazioni. L'ennesima brutta pagina per la comunicazione vaticana che Leone XIV ha dovuto ereditare dalla stagione bergogliana.»

  36. BulletFelice Manti, Le chat segrete sul caso Becciu, tre imputati ricusano il pm Diddi, in «Il Giornale», 23 settembre 2025. OTTIMA SINTESI DELLA GIORNATA DI IERI «Una pubblica accusa ricusata come il Promotore di Giustizia Alessandro Diddi perché avrebbe concordato con personaggi estranei alle indagini come gestire il processo. Un presidente del Tribunale accusato di aver "comprato in nero case dai mafiosi" come l'ex pm Antimafia Giuseppe Pignatone, nei guai a Caltanissetta per aver occultato un'indagine che per i pm sarebbe costata la vita a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Un testimone subornato non dal principale indagato ma da due persone gonfie di malanimo e risentimento, come rivelerebbero alcune chat tra il 9 agosto 2020 e il maggio 2024, con tanto di dazione di denaro (15mila euro) su cui indagano i pm. Eccolo, per citare l'omonimo libro di Alberto Vacca presentato nei giorni scorsi a Roma dai Quaderni radicali, il "pasticciaccio brutto" del processo a monsignor Giovanni Angelo Becciu. (...) L'eventuale sostituzione di Diddi (cittadino vaticano assieme a Pignatone grazie a un motu proprio di Bergoglio a un pugno di giorni dalla sentenza di primo grado) così come la probabile acquisizione delle chat porterebbero il processo ad allungarsi ulteriormente, con un grave danno d'immagine per il Vaticano, uscito già malconcio da un verdetto viziato da troppi sospetti e da quattro "rescripta" delle regole processuali decise in corsa da Papa Francesco, che come emerge dalle chat sarebbe stato mal informato sulle presunte ruberie del cardinale strombazzate dall'Espresso e da Report, di cui non c'è traccia nella sentenza. Per Papa Leone XIV, che ha parlato con Becciu e ha visto i principali protagonisti di questo processo (tranne la Chaoqui, che si è rifiutato di incontrare), sarà un calice che si annuncia comunque amaro.»

  37. BulletQuentin Finelli, Affaire de Sloane Avenue : du pape François au pape Léon XIV, une nouvelle phase d’un procès marqué par une communication « hésitante » du Vatican, in «Tribune Chrétienne», 23 settembre 2025. «Alors que la justice vaticane s’efforce de reprendre la main, la communication institutionnelle du Saint-Siège peine à convaincre. Vatican News, sous la direction éditoriale d’Andrea Tornielli, a publié un article qui minimise fortement l’importance des messages Ciferri-Chaouqui, allant jusqu’à qualifier de « simple narration » les accusations de manipulations. Ce récit partiel, qui omet de mentionner l’ouverture de l’enquête de juin dernier, soulève de nouvelles critiques sur la manière dont les médias du Vatican présentent le dossier. L’affaire de Sloane Avenue, qui devait au départ illustrer la volonté de transparence du Vatican, s’est transformée en un long chemin judiciaire et institutionnel. Avec l’ouverture de l’appel, nous entrons dans une nouvelle phase: non seulement la cour devra examiner les zones d’ombre du premier procès, mais elle devra aussi donner des signes clairs que la justice vaticane est capable de fonctionner avec impartialité et crédibilité. Au-delà de l’aspect strictement judiciaire, la communication officielle du Saint-Siège apparaît comme l’un des points faibles de ce dossier. Vatican News, en cherchant à minimiser ou à orienter certains éléments, donne l’impression de défendre une version institutionnelle plutôt que d’informer avec transparence. Cette posture fragilise la confiance des fidèles et nourrit le soupçon, alors que l’Église a précisément besoin de clarté et de vérité.Sous le pontificat de Léon XIV, une opportunité s’ouvre : rompre avec les ambiguïtés de la période précédente et établir une culture de communication plus sobre, plus fidèle aux faits et moins partisane. Si le procès en appel permet de rétablir certaines garanties et si la communication ecclésiale sait faire preuve d’humilité et de rigueur, alors cette douloureuse affaire pourra au moins servir de leçon pour l’avenir de la justice et de la crédibilité du Vatican.» LA MANIPOLAZIONE – DEL PAPA, DELLA CHIESA INTERA – COMINCIA DALLO SCANDALO DELLA (DIS)INFORMAZIONE VATICANA, EVIDENTEMENTE IN COMBUTTA CON GLI ARCHITETTI DEL COMPLOTTO.

  38. BulletMario Mossa (Facebook, 25 settembre 2025): «Il giudizio popolare è il fuoco più devastante che esista. Non cerca la giustizia, che neppure conosce. Non cerca la verità, che già possiede. Cerca solo il sangue, il patibolo. Un mostro spaventoso. (... La magistratura vaticana) Ha nascosto prove; ne ha create di nuove. Ha fatto cambiare dal Papa le regole della procedura, col processo in corso, perché il sacco non gli tornava giusto. Ha negato alla difesa i controinterrogatori dei testi. Ha trasformato un imputato nel supertestimone, al quale era stato detto cosa dire. Ha dato ascolto a due pregiudicate. Così il Promotore di giustizia Diddi è arrivato a ottenere la condanna. Adesso è di fatto ricusato, dopo che la corte d'appello vaticana ha ammesso la richiesta delle difese. Forse c'è tempo per ristabilire l'ordine delle cose e condannare i veri colpevoli; per restituire la dignità al cardinale Becciu. Almeno quella. Perché la sua carriera è finita senza rimedio. Che era uno degli scopi di uno dei casi più scandalosi di sempre. Certamente il più grande della Chiesa cattolica degli ultimi secoli. (...) Ogni volta succede così. Le belve si scatenano. Non saprebbero, per la gran parte, scrivere il proprio nome, ma spiegano come si ricostruisce una storia. Cosa va scritto e cosa no. Che pena.»

  39. BulletLuis Badilla e Robert Calvaresi, Il processo Becciu, così amplificato in passato anche con menzogne e mistificazioni, comincia a crollare strepitosamente. La via della verità è aperta. Cambia il vento in Vaticano e anche l’aria tra i giornalisti, ma non tutti, in «Osservazioni casuali», 86, 20-27 settembre 2025. Quegli ordini usciti da Santa Marta in violazione dei più fondamentali diritti umani. E i giornalisti del mondo – quasi tutti – comportatisi come pecoroni, sulla linea del più becero clericalismo. Uno scandalo epocale. «L'ormai cosiddetto “processo Becciu”, che la stragrande maggioranza della stampa italiana ha fiancheggiato come erano le indicazioni che uscivano dalla Sala stampa di Santa Marta, ora, nel sua fase di appello, squarcia verità ma riconosciute. Non sappiamo come andrà a finire. Ad ogni modo le decisioni della Corte sull'inammissibilità dell'appello del Promotore Alessandro Diddi, anticipano come possibili e probabili altre piccole e grandi svolte. I commenti che si potrebbero fare sono molti e alcuni piuttosto devastanti. Il processo contro il cardinale Becciu non si sarebbe dovuto fare. Si è trattato di una montatura, di un complotto, e alcuni volti dei colpevoli sono riconoscibili. Per ora serve pazienza e attenzione.» PS: Oh, eccome se sono riconoscibili i volti e i nomi dei colpevoli, dentro e fuori le mura vaticane! Io ne sto stilando l'elenco.  Un consiglio ai primi: diano al più presto le dimissioni e si allontanino – tanto – dal Vaticano. Meglio di propria iniziativa, se hanno un briciolo di dignità, oltre l'apparenza.

  40. BulletLuis Badilla e Robert Calvaresi, “Caso Becciu”. La Corte d'Appello rinvia il dibattimento al 3 febbraio 2026, con prosecuzione i giorni 4, 5, e 6. La presenza della stampa, in «Osservazioni casuali», 88, 4-11 ottobre 2025. «Il press point del Papa. Non male. Un buon inizio che potrebbe aiutare a ulteriori novità nel rapporto di una parte consistente della stampa specializzata con la Sede Apostolica. Anche il Papa stesso vuole dare un suo contributo al ricupero di rapporti sani, meno tossici e dunque più veritieri. Diversi e importanti sono i motivi per cui Papa Leone, almeno così appare, privilegia un breve incontro personale aperto con i vaticanisti. Per ora lo ha fatto già cinque martedì, successivi. Accetta qualsiasi domanda. Risponde brevemente con chiarezza. Si può registrare in video e in audio. Nessun mistero. Nessun occultamento. Nulla insomma che permetta poi usare e abusare con le solite oscure formule tipo: “da indiscrezioni vicine a … giornalisti amici personali … mi è stato detto nell’incontro …” Negli anni del pontificato di Francesco, questo delicatissimo rapporto con i media, vettori e persone, è stato nocivo per il Pontefice stesso e per la credibilità della stampa. La verità è che sia l’uno sia l’altro si sono strumentalizzati a vicenda tentando di trarre il massimo profitto. Purtroppo spesso tutto ciò si è fatto a scapito della verità e della corretta informazione. Si è arrivato al punto che il “buon” vaticanista è colui che esegue e non quello che racconta i fatti; quello fa scivolare mezze verità o manipolazioni e non quello che critica con rispetto e fondamento. Molti operatori dei media in questi anni hanno dimenticato che il si rispetta e si ama la Chiesa solo con la verità.»

  41. BulletPino Nano, "Becciu non prese neanche un centesimo", forte la presa di posizione del suo collegio di difesa, in «Prima Pagina News», 14 ottobre 2025. «La sofferenza è palese ma temperata e sostenuta dalla forza dell'innocenza. Spera che al più presto si entri nel merito delle questioni per poter ottenere giustizia. Quella che attende da ormai cinque anni. La grande fede, di cui offre quotidiana dimostrazione anche a noi, lo ha certamente aiutato in questo doloroso cammino. (...) Di macchinazione ai suoi danni il Cardinale parlò fin dal primo momento. Sia quanto emerso nel processo che quanto scoperto successivamente attraverso le note chat dimostra che qualcuno ha utilizzato l'indagine per colpirlo. C'è stato chi voleva ad ogni costo che il Cardinale Becciu risultasse il capro espiatorio, a prescindere dalle concrete responsabilità che invece per essere accertate necessitano di contributi sempre genuini per non mandare fuori strada chi ha il compito di verificare. Ma oggi si è accertato che non si appropriò di alcuna somma. Neanche di un centesimo. Che cosa si sarebbe scritto sui giornali di tutto il mondo cinque anni fa se si fosse partiti da questo dato? Ci sarebbe stata una gogna della stessa portata?»

  42. BulletD.C.T., Vaticano, giornalista aggredito alla Lateranense: la doppia morale della Segreteria di Stato, in «Silere non possum», 21 ottobre 2025.

  43. BulletSante Cavalleri, Calunnie contro il cardinale Becciu: il Tribunale vaticano condanna Nicola Gianpaolo. Un caso che interroga l'informazione e il servizio pubblico, in «Faro di Roma», 30 ottobre 2025. «La sentenza arriva dopo anni di illazioni e campagne mediatiche che hanno contribuito a gettare un’ombra sul nome del cardinale Becciu, accusato pubblicamente di condotte mai dimostrate e oggi riconosciute proprio come false. (...) La vicenda solleva inevitabilmente interrogativi sulla qualità del giornalismo d’inchiesta e sulla responsabilità del servizio pubblico. (...) È quanto ha voluto ricordare sul sito Korazym.org anche Mario Becciu, fratello del cardinale, docente universitario e psicoterapeuta, che dopo aver espresso solidarietà a Sigfrido Ranucci per il recente attentato subito, ha però stigmatizzato il metodo e il tono dell’inchiesta televisiva: «L’inchiesta condotta servendosi di un burattino condannato in primo grado dal tribunale Vaticano dimostra la faziosità, il senso di impunità e un uso patologico del servizio pubblico. Questa condanna dimostra la colossale calunnia ordita con un dispiegamento di forze massmediatiche incredibili per distruggere una persona innocente. Vorrei ricordare a Ranucci che, come cita il Libro del Siracide (28,18), ‘ne uccide più la lingua che la spada!’». (...) La sentenza odierna segna dunque un momento di verità, che richiama tutti — magistrature, media e opinione pubblica — a una più rigorosa cultura della responsabilità e della giustizia.»

  44. BulletLuis Badilla e Roberto Calvaresi, Comunicato del Dicastero delle Cause dei Santi sulla condanna del Tribunale vaticano a Nicola Giampaolo, calunniatore del card. Becciu e altri. La stampa odierna però tace. Perché?, in «Osservazioni casuali», 91, 25 ottobre-1° novembre 2025. «Allora una parte rilevante della stampa italiana era molto entusiasta, con impegno ed efficacia, a propagandare la leggenda del Papa "giustiziere" che lavorava giorno e notte "contro la corruzione in Vaticano". Di questa iconografia, che piaceva molto allo stesso Papa Bergoglio e anche al suo ampio entourage, e che era il perno della dicitura "pontificato riformista", faceva parte il "caso Becciu" iniziato e aperto da L'Espresso guidato allora dall'attuale giornalista Rai Marco Damilano. L'affabulazione calunniosa dell'avvocato Giampaolo, seppure clamorosamente menzognera, venne accreditata come attendibile e dunque inflazionata. Perché? Perché era utile alla campagna in corso contro il cardinale Becciu. Per questa stampa "ben informata" oggi è meglio tacere evitando così di riconoscere di aver mentito.»

  45. BulletM.P., Italia. L'arbitrio come prassi: anatomia di una giustizia fuori controllo, in «Silere non possum», 14 novembre 2025. «In Italia, il rapporto fra magistratura requirente e stampa è diventato un territorio poroso, ambiguo, dove gli atti riservati circolano con una velocità che ha poco a che fare con la legalità e molto con gli equilibri interni del potere. I documenti secretati finiscono sui giornali prima che nelle mani degli avvocati. (...) Le strategie investigative vengono pilotate attraverso i media, che diventano megafoni di ciò che le procure vogliono far trapelare. Non è un’opinione, sono fatti che osserviamo ogni giorno sui giornali, nelle aule di giustizia e nelle televisioni dello Stato. Ma in Italia l’idea che la giustizia si regga su rapporti non trasparenti non scandalizza più nessuno. Si è smarrita persino la percezione del problema. (...) «Le sentenze finali del tribunale non vengono pubblicate, non sono accessibili neppure ai giudici». Una dinamica che oggi trova inquietanti somiglianze nei labirinti delle nostre procure. Il parallelo con Kafka non è una figura retorica: è un richiamo necessario. Perché quando un Paese permette che l’arbitrio diventi prassi, il risultato non è solo una giustizia inefficiente, ma una democrazia svuotata del proprio senso. E allora la domanda torna, inevitabile, come un’eco della vicenda di Josef K.: cosa resta della legalità, quando chi è chiamato a garantirla vive fuori dalla legge? Non è una questione tecnica. È la ferita più delicata della nostra civiltà giuridica. E finché continueremo a fingere che non sia così, continueremo a camminare in quel mondo dove — come accade nel romanzo — le colpe si decidono in stanze opache, e l’innocenza non è un diritto, ma una concessione.» Solo in Italia?

 

Clicca sulla casella che ti interessa

Sull'Obolo di San PietroCASO_BECCIU_OBOLO.htmlCASO_BECCIU_OBOLO.htmlshapeimage_3_link_0
Sul "caso Becciu" in generale


> ultime novitàhttps://www.andreapaganini.ch/CASO_BECCIU_I.htmlCASO_BECCIU_XXXV.htmlhttps://www.andreapaganini.ch/CASO_BECCIU_I.htmlshapeimage_4_link_0shapeimage_4_link_1
Sull'accusa d'aver trasferito 
del denaro in Australia 
e sull'ipotesi di complotto 
contro il card. PellCASO_BECCIU_AUSTRALIA.htmlCASO_BECCIU_AUSTRALIA.htmlCASO_BECCIU_AUSTRALIA.htmlCASO_BECCIU_AUSTRALIA.htmlCASO_BECCIU_AUSTRALIA.htmlshapeimage_5_link_0shapeimage_5_link_1shapeimage_5_link_2shapeimage_5_link_3
Sulle accuse di aver arricchito 
se stesso o propri familiari

> ultime novitàCASO_BECCIU_FAMIGLIA.htmlCASO_BECCIU_FAMIGLIA.htmlCASO_BECCIU_FAMIGLIA_III.htmlCASO_BECCIU_FAMIGLIA.htmlshapeimage_6_link_0shapeimage_6_link_1shapeimage_6_link_2
Sulla vicenda Marogna 
(impropriamente chiamata "dama del cardinale")
CASO_BECCIU_MAROGNA.htmlCASO_BECCIU_MAROGNA.htmlCASO_BECCIU_MAROGNA.htmlCASO_BECCIU_MAROGNA.htmlshapeimage_7_link_0shapeimage_7_link_1shapeimage_7_link_2
Sul palazzo di Londra 
in Sloane Avenue 60

> ultime novitàCASO_BECCIU_PALAZZO.htmlCASO_BECCIU_PALAZZO.htmlCASO_BECCIU_PALAZZO_V.htmlCASO_BECCIU_PALAZZO.htmlshapeimage_8_link_0shapeimage_8_link_1shapeimage_8_link_2
Processi e sentenze di Londra, di Roma ecc. a proposito della compravendita del palazzo 
in Sloane Avenue 60CASO_BECCIU_LONDRA.htmlCASO_BECCIU_LONDRA.htmlCASO_BECCIU_LONDRA.htmlCASO_BECCIU_LONDRA.htmlCASO_BECCIU_LONDRA.htmlshapeimage_9_link_0shapeimage_9_link_1shapeimage_9_link_2shapeimage_9_link_3
Sulla Messa "in coena Domini" celebrata da papa Francesco 
a casa del cardinale BecciuCASO_BECCIU_MESSA.htmlCASO_BECCIU_MESSA.htmlCASO_BECCIU_MESSA.htmlCASO_BECCIU_MESSA.htmlshapeimage_10_link_0shapeimage_10_link_1shapeimage_10_link_2
Sulla causa di beatificazione 
di Aldo Moro
(e sulle altre accuse di Report)
CASO_BECCIU_MORO.htmlCASO_BECCIU_MORO.htmlCASO_BECCIU_MORO.htmlCASO_BECCIU_MORO.htmlshapeimage_11_link_0shapeimage_11_link_1shapeimage_11_link_2
Sul sistema giudiziario vaticano


> ultime novitàCASO_BECCIU_GIUSTIZIA.htmlCASO_BECCIU_GIUSTIZIA_XXXII.htmlCASO_BECCIU_GIUSTIZIA.htmlshapeimage_12_link_0shapeimage_12_link_1
Come vivono tutto questo 
il cardinale Becciu 
e la sua famiglia?
CASO_BECCIU_VITA.htmlCASO_BECCIU_VITA.htmlCASO_BECCIU_VITA.htmlCASO_BECCIU_VITA.htmlshapeimage_13_link_0shapeimage_13_link_1shapeimage_13_link_2
Il rinvio a giudizio
(3-26 luglio 2021)CASO_BECCIU_RINVIO.htmlCASO_BECCIU_RINVIO.htmlCASO_BECCIU_RINVIO.htmlshapeimage_14_link_0shapeimage_14_link_1
Il Conclave e papa Leone


> ultime novità.CASO_BECCIU_CONCLAVE.htmlCASO_BECCIU_E_PAPA_LEONE_V.htmlCASO_BECCIU_CONCLAVE.htmlshapeimage_15_link_0shapeimage_15_link_1
Sulle querele contro «L'Espresso», Perlasca, Ciferri, Chaouqui e co.CASO_BECCIU_QUERELA.htmlCASO_BECCIU_QUERELA.htmlCASO_BECCIU_QUERELA.htmlCASO_BECCIU_QUERELA.htmlshapeimage_16_link_0shapeimage_16_link_1shapeimage_16_link_2
Il processo in Vaticano 


> ultime novitàCASO_BECCIU_PROCESSO.htmlCASO_BECCIU_PROCESSO_XXI.htmlCASO_BECCIU_PROCESSO.htmlshapeimage_17_link_0shapeimage_17_link_1
Il puzzle della verità
(il complotto) 

> ultime novitàCASO_BECCIU_COMPLOTTO.htmlCASO_BECCIU_COMPLOTTO.htmlCASO_BECCIU_COMPLOTTO_VI.htmlCASO_BECCIU_COMPLOTTO.htmlshapeimage_18_link_0shapeimage_18_link_1shapeimage_18_link_2
Sull'«Espresso» e co.


> ultime novitàCASO_BECCIU_ESPRESSO.htmlCASO_BECCIU_ESPRESSO.htmlshapeimage_19_link_0shapeimage_19_link_1
Altro


> ultime novità.CASO_BECCIU_ALTRO.htmlCASO_BECCIU_ALTRO_IV.htmlCASO_BECCIU_ALTRO.htmlshapeimage_20_link_0shapeimage_20_link_1