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Sul sistema giudiziario vaticano (trentunesima parte) >>> per la parte precedente clicca qui
«Se non è rispettata la giustizia, che cosa sono gli Stati se non delle grandi bande di ladri? Perché anche le bande dei briganti che cosa sono se non dei piccoli Stati?» (Agostino, De Civitate Dei, cap. IV, 4).
Partendo da due casi narrati nel libro di Daniele e nel vangelo di Giovanni, papa Francesco spiega cos’è la corruzione della giustizia: quella «che era nei giudici di ambedue i casi», sia con l'innocente Susanna sia con la donna adultera, perché «in ambedue i casi i giudici erano corrotti», tanto contro un'innocente quanto contro una peccatrice. Del resto «sempre ci sono stati nel mondo giudici corrotti» e «anche oggi in tutte le parti del mondo ce ne sono». Da parte loro, i corrotti «credono che fanno bene le cose così, si credono con impunità», ha rimarcato Francesco. A Susanna, i giudici dicono: «o fai questo o faremo una falsa testimonianza» contro di te. «Non è il primo caso che nella Bibbia appaiono le false testimonianze», ha affermato il Papa. «Pensiamo a Nabot, quando la regina Gezabele combina tutta quella falsa testimonianza; pensiamo a Gesù, che è condannato a morte con falsa testimonianza; pensiamo a santo Stefano». Ma, ha avvertito il Pontefice facendo riferimento al passo evangelico di Giovanni, «sono corrotti anche i dottori della legge che portano questa donna — scribi, alcuni farisei — e dicono a Gesù: “Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adultèrio. Ora Mosè, nella legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?”». E «anche questi sono giudici». Gli anziani, con Susanna, «avevano perso la testa lasciando che la lussuria si impadronisse di loro». Costoro, invece, «avevano perso la testa facendo crescere in loro un’interpretazione della legge tanto rigida che non lasciava spazio allo Spirito Santo: corruzione di legalità, di legalismo, contro la grazia». «E poi c’è la quarta persona, Gesù: la pienezza della legge», ha spiegato Francesco. E «lui si incontra come maestro della legge davanti a questi che sono maestri della legge: “Tu che ne dici?” gli domandano loro». Ai «falsi giudici che accusavano Susanna» Gesù risponde così «per bocca di Daniele: “Stirpe di Canaan e non di Giuda, la bellezza ti ha sedotto, la passione ti ha pervertito il cuore! Così facevate con le donne d’Israele ed esse per paura si univano a voi”». E «all’altro gli dice: “O uomo invecchiato nel male! Ecco, i tuoi peccati commessi in passato vengono alla luce, quando davi sentenze ingiuste, opprimendo gli innocenti e assolvendo i malvagi”». «Questa è la corruzione di questi giudici» ha proseguito il Pontefice in riferimento al passo dell’Antico testamento. Invece «agli altri giudici Gesù dice poche cose: “Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei”». In conclusione il Papa ha invitato a pensare a «questa strada, alla malvagità con la quale i nostri vizi giudicano la gente», perché «anche noi giudichiamo nel cuore gli altri» (sintesi della meditazione mattutina di papa Francesco, 3 aprile 2017).
L'operato del Promotore di (In)Giustizia Alessandro Diddi nel "processo del secolo" è connotato da una serie impressionante di negligenze e lacune (abbagli, granchi, errori, omissioni e gravi pecche), nel migliore dei casi. Ma nel sistema giudiziario del Vaticano – dove non vige una conquista della civiltà moderna come la separazione dei poteri – si sono visti anche imbeccamenti calunniosi a certa stampa, «macroscopiche e sconcertanti trasgressioni dei capisaldi elementari del giusto processo» (Geraldina Boni), leggi modificate a procedimento in corso (sempre in sfavore degli imputati: rescripta che «si sono rivelati ingiusti e irrazionali», sempre Boni), magistrati dell'accusa che non obbediscono al giudice, video di testimonianze censurati, verbali pieni di omissis, testimoni che ammettono d'essere stati manipolati (senza che si approfondisca per capire da chi e perché), interrogatori calendarizzati e poi cancellati, messaggi chat tenuti nascosti, una pregiudicata che muove le pedine a proprio piacimento, promotori di giustizia indegni che non ne azzeccano una, giudici che approvano senza battere ciglio... E intollerabili interventi censori sul materiale probatorio. PERCHÉ? Cosa nasconde il Tribunale vaticano? La cosa più grave – a mio parere – è accaduta nel gennaio del 2023: i Giudici, dopo averlo calendarizzato, hanno inspiegabilmente cancellato l'interrogatorio della Chaouqui previsto per il 16 febbraio 2023 (già spostato una volta), nonché il confronto Chaouqui-Ciferri, richiesto dalle difese. In un articolo del 14 gennaio 2023 si legge un'affermazione di Chaouqui, mossa evidentemente da odio: «Io e il papa abbiamo un nostro modo di comunicare informazioni, e non lo spiegherò nei dettagli certo a voi» (QUI). Parlava ai giornalisti che aveva convocato per il suo show, ma… in tribunale non si potrebbe pretendere che spieghi questo “modo di comunicare”? Chi faceva da tramite tra Chaouqui e il papa Francesco? Forse la stessa persona che gli portò l'«Espresso» prima ancora che arrivasse nelle edicole? COME MAI il Promotore di (In)Giustizia Diddi ha nascosto 120 su 126 messaggi intercorsi tra la Chaouqui e la Ciferri? E COME MAI i documenti pontifici e il materiale riservato della Santa Sede detenuti abusivamente dalla Chaouqui, trovati durante una perquisizione effettuata dalla Guardia di Finanza di Roma nel dicembre del 2020, non hanno ancora avuto conseguenze sul piano giuridico? Le contraddizioni emerse sono davvero troppe ed è necessario che tutte le parti dispongano integralmente dei verbali di Perlasca e di tutti i messaggi inoltrati dalla Ciferri, com'era necessario che potessero interrogare approfonditamente la Chaouqui, onde far emergere i retroscena e le motivazioni rancorose delle sue montature. Se non adempie le condizioni minime per il giusto processo, la Giustizia vaticana dimostra di non amare la verità e perde la propria credibilità. E quanto sia importante essere credibili l'ha testimoniato con la vita un magistrato serio e beato: Rosario Livatino. Nel febbraio 2023 papa Francesco ha detto ai magistrati che bisogna «evitare il rischio di "confondere il dito con la luna": il problema non sono i processi, ma i fatti e i comportamenti che li determinano». In questo modo si presume però che quei comportamenti e quei fatti siano veri, contraddicendo ciò che più volte il Papa stesso ha sostenuto in altri contesti, vale a dire che la presunzione di innocenza fino a prova contraria è un diritto umano fondamentale e fa parte delle «armi legali di garanzia. [...] Perché se iniziamo a uscire da quelle garanzie, la giustizia diventa molto manipolabile». Ma se la luna non c'è? Non è forse il senso stesso dei processi quello di verificare se le accuse ipotizzate nel rinvio a giudizio sono vere o false, se sono fondate sulla realtà o su una messinscena? Se bastasse l'esistenza di un processo per dedurre che fatti e comportamenti sono reali, allora non sarebbe nemmeno necessario aspettarne l'esito, sarebbe una perdita di tempo, visto che tutto è già "chiaro" prima; allora Gesù era colpevole a prescindere, e non c'è nulla da discutere, tanto più che era accusato dalla più alta autorità religiosa dell'epoca. Ma CHI ha scritto quel discorso a papa Francesco?, il quale solo poche settimane prima aveva chiarito lucidamente: «... guardatevi da coloro che creano l’atmosfera per un processo, qualunque esso sia. Lo fanno attraverso i media in modo tale da influenzare coloro che devono giudicare e decidere. Un processo deve essere il più pulito possibile, con tribunali di prima classe che non hanno altro interesse che salvare la pulizia della giustizia». E allora, COM'È POSSIBILE ciò che è accaduto nell'Ufficio del Promotore di (In)Giustizia negli ultimi anni? E negli stessi giorni in cui è stata pronunciata la sentenza sul "caso Becciu" sono stati rimpolpati gli stipendi dei magistrati vaticani.
Un magistrato dev’essere come la moglie di Cesare: non solo deve essere onesto, ma anche sembrare onesto. Di più, non solo deve essere corretto, ma non deve lasciare dubbi sulla sua correttezza: non è possibile che un magistrato, disobbedendo al Giudice, tenga nascosto materiale probatorio in un processo; non è possibile che ritagli i video degli interrogatori e oscuri le testimonianze con “omissis” distribuiti a proprio piacimento; non è possibile che protegga testimoni che hanno manipolato o che sono stati manipolati per incastrare altre persone; non è possibile che nasconda 120 su 126 messaggi che gli sono stati inoltrati perché venissero resi noti alla Giustizia; non è possibile che usi strumentalmente la stampa amica o cooptata per mettere alla gogna persone che avrebbero diritto a un giudizio equo ed equilibrato; non è possibile che tratti gli inquisiti in modo differente, portandone alcuni a giudizio e ignorando i reati degli altri, a seconda delle convenienze o dei suoi teoremi precostituiti. Non è possibile, insomma, che sussista neanche il dubbio o l’impressione che abbia nascosto o manipolato la verità, anziché portarla alla luce. E che per cotanta prestazione gli sia stato alzato lo stipendio! E invece, mentre Perlasca – definito da Diddi «incapace e inetto» (il capo dell'Ufficio amministrativo del Vaticano!) – (ri)diventa promotore di giustizia, nella primavera 2024 viene introdotta una sorta di impunità per i magistrati! Chi ha orecchi per intendere tragga le conseguenze. Ne va della credibilità della Chiesa Cattolica, non solo del Vaticano. E intanto:
1) Il Papa legifera anche in Italia (contra legem)? Nel marzo del 2024 scoppia lo "scandalo dossieraggio": emerge che nel luglio del 2019 – nello stesso mese in cui papa Francesco con il secondo dei quattro "rescripta" (modifiche alla legislazione, ovviamente vaticana, adottate unicamente per questo procedimento contro Becciu, in deroga alle comuni regole del processo stabilite per legge!) autorizzò lo IOR e l’ufficio del promotore di giustizia ad adottare strumenti tecnologici di intercettazione contro i «soggetti le cui attività di comunicazione siano ritenuti utili per lo svolgimento delle indagini» (e ciò «con il più assoluto riserbo» e con «le modalità più adeguate per l’acquisizione, utilizzazione e conservazione delle prove raccolte») – Pasquale Striano, luogotenente della Guardia di Finanza italiana in servizio alla Procura nazionale antimafia italiana, effettuò accertamenti non autorizzati (quindi illegittimi) contro varie persone coinvolte nel cosiddetto "processo del secolo" in Vaticano; all'operazione avrebbero partecipato anche un magistrato, Antonio Laudati, e membri dei Servizi segreti (deviati?). Il procuratore di Perugia Raffaele Cantone l'ha definito «un verminaio» e pare che dati segreti siano stati forniti – sempre illegalmente – a Servizi stranieri. Anche a quelli del Vaticano, dove – contrariamente alle indicazioni di Moneyval – agiscono magistrati che lavorano/hanno lavorato pure nella giustizia italiana? La domanda diventa fondamentale: CHI SONO I MANDANTI? Chi era a conoscenza di quel "rescriptum" tenuto segreto? Chi in quel momento sapeva che i promotori di giustizia stavano indagando su Becciu? Erano davvero pochissime persone...! E chi di loro poteva intrattenere un contatto (diretto o indiretto) con Striano? Suvvia, non dovrebbe essere difficile trovare la verità. A meno che chi dovrebbe cercare la verità... la voglia in realtà nascondere. Diddi ora dovrebbe indagare sui mandanti in Vaticano... con UN CONFLITTO DI INTERESSE GRANDE COME UNA MONTAGNA!
2) Come se non bastasse, nell'estate del 2024, quando il Tribunale sta ancora scrivendo le motivazioni della sentenza contro Becciu, emergono intrecci sconcertanti; mentre il promotore di (in)giustiza Diddi difende presunti mafiosi e criminali assortiti, il Presidente del Tribunale Giuseppe Pignatone – anche lui pagato con l'Obolo di San Pietro – risulta indagato dalla Procura di Caltanissetta per favoreggiamento alla mafia e per aver comprato delle case in nero dai mafiosi. Prima di morire, il giudice Paolo Borsellino definì la Procura di Palermo «un nido di vipere»; e profetizzò: «Mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia. La mafia non si vendica. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno i miei colleghi e altri». A chi si riferiva? Chi erano le vipere tra i colleghi di Borsellino? Nessuno sia considerato intoccabile! «La giustizia è una cosa divina, peccato che sia affidata agli uomini», ha detto Pignatone; e come dargli torto? Pignatone è ricattato o ricattabile dalla mafia? Con quale credibilità ora il giudice Pignatone può argomentare la condanna contro un imputato distrutto da una campagna stampa di diffamazione senza precedenti e che presenta tutte le caratteristiche del mascariamento? Un indagato per favoreggiamento alla mafia non può essere il Presidente del Tribunale vaticano e pronunciare sentenze in nome del S. Padre.
3) Nell'aprile del 2025, con la scoperta delle chat tenute colpevolmente nascoste dal promotore di ingiustizia Diddi (chat presentate in una denuncia all'ONU), emergono le prove del complotto imbastito contro Becciu dal trio Chaouqui-Ciferri-Perlasca, apparentemente con la collaborazione dello stesso Diddi, l'«anello debole» della catena (e quindi manipolabile?), il quale mentendo ha sempre detto di non essere stato in contatto con Chaouqui. C'è dietro un loschissimo "do ut des"?
Del resto il cardinale Julián Herranz, Presidente emerito del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi e Presidente emerito della Commissione Disciplinare della Curia Romana, aveva già rilevato il rischio legato a questa magistratura: «Un fatto che per esempio danneggia o può danneggiare l’indipendenza della funzione del Papa, e causa pregiudizio all’immagine della Chiesa e del Pontificato, è la fuga di notizie relative a comportamenti delittuosi ancora nella fase istruttoria o sotto processo. Queste fughe, in se stesse illecite, possono risultare ingiustamente ingiuriose per alcune persone, e mettere in pericolo – creando pressioni e divisioni nell’opinione pubblica – l’indipendenza del processo giudiziario. In questo modo si cade nel vizio della corruzione che in alcuni Paesi oggigiorno coinvolge la funzione giudiziaria (paesi anche di famosa tradizione giuridica) e porta alla dipendenza dai poteri mediatici, politici e finanziari della società civile. Il fatto, inoltre, che i tribunali dello Stato Vaticano siano costituiti nella loro maggioranza da giudici e promotori di giustizia procedenti dalla Magistratura di una determinata nazione, fanno dubitare che questo foro sia il più logico e competente per giudicare delitti che per la loro natura afferiscono al bene comune della Chiesa universale e si riferiscono a membri della gerarchia ecclesiastica e organi di governo della Santa Sede».
La domanda è ormai imbarazzante, in Italia come in Vaticano: chi deve indagare e cercare la verità, se le persone sospette, coloro che si comportano in modo equivoco o losco, sono i magistrati e i membri delle forze dell'ordine (Diddi, Pignatone, Striano, Laudati, Cafiero De Raho, Natoli, Scarpinato...)?
Felice Manti, Le chat segrete sul caso Becciu, tre imputati ricusano il pm Diddi, in «Il Giornale», 23 settembre 2025. OTTIMA SINTESI DELLA GIORNATA DI IERI «Una pubblica accusa ricusata come il Promotore di Giustizia Alessandro Diddi perché avrebbe concordato con personaggi estranei alle indagini come gestire il processo. Un presidente del Tribunale accusato di aver "comprato in nero case dai mafiosi" come l'ex pm Antimafia Giuseppe Pignatone, nei guai a Caltanissetta per aver occultato un'indagine che per i pm sarebbe costata la vita a Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Un testimone subornato non dal principale indagato ma da due persone gonfie di malanimo e risentimento, come rivelerebbero alcune chat tra il 9 agosto 2020 e il maggio 2024, con tanto di dazione di denaro (15mila euro) su cui indagano i pm. Eccolo, per citare l'omonimo libro di Alberto Vacca presentato nei giorni scorsi a Roma dai Quaderni radicali, il "pasticciaccio brutto" del processo a monsignor Giovanni Angelo Becciu. (...) L'eventuale sostituzione di Diddi (cittadino vaticano assieme a Pignatone grazie a un motu proprio di Bergoglio a un pugno di giorni dalla sentenza di primo grado) così come la probabile acquisizione delle chat porterebbero il processo ad allungarsi ulteriormente, con un grave danno d'immagine per il Vaticano, uscito già malconcio da un verdetto viziato da troppi sospetti e da quattro "rescripta" delle regole processuali decise in corsa da Papa Francesco, che come emerge dalle chat sarebbe stato mal informato sulle presunte ruberie del cardinale strombazzate dall'Espresso e da Report, di cui non c'è traccia nella sentenza. Per Papa Leone XIV, che ha parlato con Becciu e ha visto i principali protagonisti di questo processo (tranne la Chaoqui, che si è rifiutato di incontrare), sarà un calice che si annuncia comunque amaro.»
Sante Cavalleri, Processo vaticano: problemi di notifiche e tempistiche su richieste appello. Diddi non ha presentato in tempo il ricorso. Dopo la richiesta di ricusazione una bella figuraccia, in «faro di Roma», 23 settembre 2025. «Il Tribunale d’Appello del Vaticano dovrà pronunciarsi sulla richiesta di inammissibilità dell’intero procedimento a causa del non rispetto dei termini, da parte del Promotore di Giustizia Alessandro Diddi, da ieri assente in aula dopo la richiesta di ricusazione presentata dalle difese a causa anche delle chat che rivelano una cospirazione ai danni del card. Giovanni Angelo Becciu, presente invece anche oggi in aula alla seconda udienza del Processo di Appello per la gestione dei fondi della Santa Sede, che ruota intorno alla compravendita del palazzo di Sloane Avenue a Londra. (...) Secondo la difesa quindi, il Promotore di Giustizia avrebbe sbagliato sia la forma (entro 8 giorni dalla sentenza di primo grado ha presentato non già delle vere e proprie motivazioni ma la sua requisitoria), sia la tempistica (a quel punto non poteva depositare aggiunte alle motivazioni 5 giorni prima dell’inizio del processo d’Appello, come hanno fatto gli avvocati, ma 5 giorni dopo la fissazione della sua data). Se viene respinta la richiesta di appello del Promotore di giustizia, come già avvenuto secondo i legali in precedenti processi, le assoluzioni in primo grado, passano in giudicato e il processo d’Appello si concentrerebbe sulle sole condanne. I tempi si accorcerebbero. Ma soprattutto verrebbe ulteriormente minata la credibilità del Promotore di Giustizia e dunque delle indagini preliminari e del conseguente rinvio a giudizio. (...) I legali del cardinale Giovanni Angelo Becciu, insieme a quelli degli altri imputati Enrico Crasso, Raffaele Mincione e Fabrizio Tirabassi, hanno depositato alla Corte d’Appello vaticana un’istanza di ricusazione nei confronti del Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi. Al centro della richiesta ci sono migliaia di messaggi WhatsApp, consegnati da Genoveffa Ciferri, che chiamerebbero in causa lo stesso promotore e altri protagonisti del processo, mettendo in dubbio la genuinità delle prove raccolte e la terzietà dell’accusa. Secondo la difesa, dalle chat intercorse tra Ciferri, Diddi, Francesca Immacolata Chaouqui e mons. Peña Parra, nonché da un audio attribuito al commissario di gendarmeria Stefano De Santis, emergerebbe un’attività volta a “dirigere e influenzare” le dichiarazioni di mons. Alberto Perlasca. Quest’ultimo, dopo essere stato indagato, è diventato il principale testimone dell’accusa contro Becciu e gli altri imputati. L’istanza sottolinea come Perlasca sia stato indotto a rilasciare dichiarazioni accusatorie in cambio della prospettiva di non finire a processo, promessa che si sarebbe poi concretizzata con l’archiviazione della sua posizione. La documentazione prodotta evidenzierebbe un “condizionamento genetico” delle prove dichiarative, in contrasto con le regole fondamentali del diritto processuale. Particolarmente grave, secondo i ricorrenti, il ruolo del promotore Diddi, che non avrebbe interrotto tempestivamente la comunicazione con la signora Ciferri e avrebbe depositato in aula solo 126 messaggi, omettendo gran parte della chat. Circostanza che contrasterebbe con quanto dichiarato dallo stesso Diddi in un’intervista televisiva, dove affermava di aver bloccato subito la comunicazione. Il nodo centrale della richiesta è dunque la presunta mancanza di imparzialità del promotore di giustizia. Se le chat e gli audio fossero falsi, Diddi sarebbe parte lesa; se invece fossero veri, rischierebbe un coinvolgimento diretto nell’attività di inquinamento probatorio. In entrambi i casi, sostengono i firmatari, egli non potrebbe esercitare il ruolo di pubblico ministero con le necessarie garanzie di indipendenza. L’istanza richiama persino le parole dello stesso Diddi che, in un passaggio dell’intervista, aveva ammesso di aver dovuto “astenersi tenuto conto del fatto che, in un modo o nell’altro, poteva avere un duplice ruolo”. Ora che i messaggi emersi superano i diecimila, la difesa ritiene non più sostenibile la sua permanenza nel processo.»
Peppe Rinaldi, La vera trattativa, in «Tempi», 23 settembre 2025.
Luca Fazzo, Così Scarpinato imbeccava l'ex pm, in «Il Giornale», 23 settembre 2025.
Luigi Bisignani, Bisignani sul processo a Becciu: sotto il Cupolone va in onda un cinepanettone alla Vanzina, in «Il Tempo», 23 settembre 2025. ANCHE QUESTA VOLTA BEN INFORMATO, BISIGNANI «Caso unico: lo stesso pm a rappresentare l'accusa sia in primo che in secondo grado. Una follia giuridica. Il porporato, aggiustandosi lo zucchetto e la fascia di seta moiré rossa, giocherellando con la gran croce sul petto, ha alzato gli occhi al cielo e con un sibilo ha aggiunto: «Eppure glielo avevamo ripetuto già nelle Congregazioni generali: questo processo non si doveva fare... Perché il procuratore che a Roma difende boss e delinquenti di rango, Oltretevere fa il Torquemada. Ma si sa, anche in Vaticano nessuno ascolta. Ed effettivamente per Papa Prevost, oggi, è un bel problema. (...) La difesa parla di prove occultate e inquinate, di contatti irregolari e di falsità varie: accuse pesantissime. «Dal caso Becciu al caso Diddi», ridacchia un vecchio monsignore. Sin dall'inizio, del resto, il copione era chiaro: un cinepanettone in salsa vaticana. Arresto-show di Cecilia Marogna, mezza suora e mezza spia da discount. Un procuratore che riceveva messaggini anche notturni: 133 in tutto, ne deposita 126 ma ne rende leggibili solo 8, e tiene il resto nel cassetto. Non giustizia, ma sceneggiata. La ricusazione lo dice chiaro: processo teleguidato via chat. Non sono solo le prove a far crollare l'impianto, ma anche il metodo. Ora resta l'imbarazzo di papa Prevost, costretto a spiegare come mai la Chiesa di Bergoglio si sia fatta incatenare a un processo-farsa.»
Quentin Finelli, Affaire de Sloane Avenue : du pape François au pape Léon XIV, une nouvelle phase d’un procès marqué par une communication « hésitante » du Vatican, in «Tribune Chrétienne», 23 settembre 2025. «Alors que la justice vaticane s’efforce de reprendre la main, la communication institutionnelle du Saint-Siège peine à convaincre. Vatican News, sous la direction éditoriale d’Andrea Tornielli, a publié un article qui minimise fortement l’importance des messages Ciferri-Chaouqui, allant jusqu’à qualifier de « simple narration » les accusations de manipulations. Ce récit partiel, qui omet de mentionner l’ouverture de l’enquête de juin dernier, soulève de nouvelles critiques sur la manière dont les médias du Vatican présentent le dossier. L’affaire de Sloane Avenue, qui devait au départ illustrer la volonté de transparence du Vatican, s’est transformée en un long chemin judiciaire et institutionnel. Avec l’ouverture de l’appel, nous entrons dans une nouvelle phase: non seulement la cour devra examiner les zones d’ombre du premier procès, mais elle devra aussi donner des signes clairs que la justice vaticane est capable de fonctionner avec impartialité et crédibilité. Au-delà de l’aspect strictement judiciaire, la communication officielle du Saint-Siège apparaît comme l’un des points faibles de ce dossier. Vatican News, en cherchant à minimiser ou à orienter certains éléments, donne l’impression de défendre une version institutionnelle plutôt que d’informer avec transparence. Cette posture fragilise la confiance des fidèles et nourrit le soupçon, alors que l’Église a précisément besoin de clarté et de vérité.Sous le pontificat de Léon XIV, une opportunité s’ouvre : rompre avec les ambiguïtés de la période précédente et établir une culture de communication plus sobre, plus fidèle aux faits et moins partisane. Si le procès en appel permet de rétablir certaines garanties et si la communication ecclésiale sait faire preuve d’humilité et de rigueur, alors cette douloureuse affaire pourra au moins servir de leçon pour l’avenir de la justice et de la crédibilité du Vatican.» LA MANIPOLAZIONE – DEL PAPA, DELLA CHIESA INTERA – COMINCIA DALLO SCANDALO DELLA (DIS)INFORMAZIONE VATICANA, EVIDENTEMENTE IN COMBUTTA CON GLI ARCHITETTI DEL COMPLOTTO.
G.A., Leone XIV parla ai giuristi: tra legalità e verità, in «Silere non possum», 23 settembre 2025. «È un richiamo che suona come un atto di verità, soprattutto in un Occidente che ama presentarsi come garante dei diritti fondamentali ma che, nella realtà, li calpesta non appena vengono meno potere o denaro. Perché sappiamo bene che troppo spesso la giustizia non difende i deboli: si piega ai forti. Nei sistemi segnati dalla corruzione – e Leone non ha esitato a indicare, davanti a rappresentanti delle istituzioni giudiziarie vaticane, italiane e americane, queste necessità – chi non è “amico” del Pubblico Ministero o di qualche alto dirigente delle Forze dell’Ordine rischia di non ottenere mai tutela, neppure quando subisce le più gravi ingiustizie. In questi contesti che pure si definiscono democratici, la giustizia smette di essere presidio di libertà e diventa strumento di oppressione: un’arma per silenziare chi denuncia, o un mezzo per consolidare interessi privati e persino frodare lo Stato. Leone XIV invita allora a un passo ulteriore: «Pensare sempre alla luce della verità e della sapienza, interpretare la legge andando in profondità, oltre la dimensione puramente formale, per cogliere il senso intimo della verità di cui siamo al servizio». È la differenza tra legalità e giustizia. Si può rispettare la lettera della legge e, allo stesso tempo, tradirne lo spirito. La toga, simbolo di onore e di responsabilità, diventa così l’abito che copre il tradimento della verità. (...) Sant’Agostino ammoniva che «la giustizia non è tale se non è nello stesso tempo prudente, forte e temperante». Se manca l’armonia delle virtù, la giustizia degenera in arbitrio. E allora non resta che prendere sul serio l’avvertimento di Leone XIV: la giustizia deve tornare a essere virtù prima ancora che procedura, servizio prima ancora che istituzione, difesa del debole prima ancora che bilanciamento di poteri. Solo così potrà dirsi davvero giustizia. Il resto, direbbe Agostino, non è che maschera e inganno: «Uno Stato senza giustizia non è che una grande banda di ladri». A richiamarlo è stato lo stesso Leone XIV.»
Sante Cavalleri, Processo vaticano: problemi di notifiche e tempistiche su richieste appello. Diddi non ha presentato in tempo il ricorso. Dopo la richiesta di ricusazione una bella figuraccia, in «Faro di Roma», 23 settembre 2025. «Il Tribunale d’Appello del Vaticano dovrà pronunciarsi sulla richiesta di inammissibilità dell’intero procedimento a causa del non rispetto dei termini, da parte del Promotore di Giustizia Alessandro Diddi, da ieri assente in aula dopo la richiesta di ricusazione presentata dalle difese a causa anche delle chat che rivelano una cospirazione ai danni del card. Giovanni Angelo Becciu, presente invece anche oggi in aula alla seconda udienza del Processo di Appello per la gestione dei fondi della Santa Sede, che ruota intorno alla compravendita del palazzo di Sloane Avenue a Londra. (...) Secondo la difesa quindi, il Promotore di Giustizia avrebbe sbagliato sia la forma (entro 8 giorni dalla sentenza di primo grado ha presentato non già delle vere e proprie motivazioni ma la sua requisitoria), sia la tempistica (a quel punto non poteva depositare aggiunte alle motivazioni 5 giorni prima dell’inizio del processo d’Appello, come hanno fatto gli avvocati, ma 5 giorni dopo la fissazione della sua data). Se viene respinta la richiesta di appello del Promotore di giustizia, come già avvenuto secondo i legali in precedenti processi, le assoluzioni in primo grado, passano in giudicato e il processo d’Appello si concentrerebbe sulle sole condanne. I tempi si accorcerebbero. Ma soprattutto verrebbe ulteriormente minata la credibilità del Promotore di Giustizia e dunque delle indagini preliminari e del conseguente rinvio a giudizio. (...) I legali del cardinale Giovanni Angelo Becciu, insieme a quelli degli altri imputati Enrico Crasso, Raffaele Mincione e Fabrizio Tirabassi, hanno depositato alla Corte d’Appello vaticana un’istanza di ricusazione nei confronti del Promotore di Giustizia, Alessandro Diddi. Al centro della richiesta ci sono migliaia di messaggi WhatsApp, consegnati da Genoveffa Ciferri, che chiamerebbero in causa lo stesso promotore e altri protagonisti del processo, mettendo in dubbio la genuinità delle prove raccolte e la terzietà dell’accusa. Secondo la difesa, dalle chat intercorse tra Ciferri, Diddi, Francesca Immacolata Chaouqui e mons. Peña Parra, nonché da un audio attribuito al commissario di gendarmeria Stefano De Santis, emergerebbe un’attività volta a “dirigere e influenzare” le dichiarazioni di mons. Alberto Perlasca. Quest’ultimo, dopo essere stato indagato, è diventato il principale testimone dell’accusa contro Becciu e gli altri imputati. L’istanza sottolinea come Perlasca sia stato indotto a rilasciare dichiarazioni accusatorie in cambio della prospettiva di non finire a processo, promessa che si sarebbe poi concretizzata con l’archiviazione della sua posizione. La documentazione prodotta evidenzierebbe un “condizionamento genetico” delle prove dichiarative, in contrasto con le regole fondamentali del diritto processuale. Particolarmente grave, secondo i ricorrenti, il ruolo del promotore Diddi, che non avrebbe interrotto tempestivamente la comunicazione con la signora Ciferri e avrebbe depositato in aula solo 126 messaggi, omettendo gran parte della chat. Circostanza che contrasterebbe con quanto dichiarato dallo stesso Diddi in un’intervista televisiva, dove affermava di aver bloccato subito la comunicazione. Il nodo centrale della richiesta è dunque la presunta mancanza di imparzialità del promotore di giustizia. Se le chat e gli audio fossero falsi, Diddi sarebbe parte lesa; se invece fossero veri, rischierebbe un coinvolgimento diretto nell’attività di inquinamento probatorio. In entrambi i casi, sostengono i firmatari, egli non potrebbe esercitare il ruolo di pubblico ministero con le necessarie garanzie di indipendenza. L’istanza richiama persino le parole dello stesso Diddi che, in un passaggio dell’intervista, aveva ammesso di aver dovuto “astenersi tenuto conto del fatto che, in un modo o nell’altro, poteva avere un duplice ruolo”. Ora che i messaggi emersi superano i diecimila, la difesa ritiene non più sostenibile la sua permanenza nel processo.»
Andrea Massidda, Processo Becciu. La Corte d'appello accoglie la ricusazione dell'accusa, in «La Nuova», 25 settembre 2025. «Non il merito delle accuse ma la credibilta dell'accusa stessa. Si è aperto così il processo (...). Stando alle conclusioni dell'istanza presentata dai difensori, il materiale prodotto ai giudici dimostrerebbe «la inevitabile esistenza di un interesse personale nel procedimento da parte del promotore di giustizia professor Alessandro Diddi», mentre quel ruolo «postula una assenza di interesse rispetto ai fatti da accertare.»
Mario Mossa (Facebook, 25 settembre 2025): «Il giudizio popolare è il fuoco più devastante che esista. Non cerca la giustizia, che neppure conosce. Non cerca la verità, che già possiede. Cerca solo il sangue, il patibolo. Un mostro spaventoso. (... La magistratura vaticana) Ha nascosto prove; ne ha create di nuove. Ha fatto cambiare dal Papa le regole della procedura, col processo in corso, perché il sacco non gli tornava giusto. Ha negato alla difesa i controinterrogatori dei testi. Ha trasformato un imputato nel supertestimone, al quale era stato detto cosa dire. Ha dato ascolto a due pregiudicate. Così il Promotore di giustizia Diddi è arrivato a ottenere la condanna. Adesso è di fatto ricusato, dopo che la corte d'appello vaticana ha ammesso la richiesta delle difese. Forse c'è tempo per ristabilire l'ordine delle cose e condannare i veri colpevoli; per restituire la dignità al cardinale Becciu. Almeno quella. Perché la sua carriera è finita senza rimedio. Che era uno degli scopi di uno dei casi più scandalosi di sempre. Certamente il più grande della Chiesa cattolica degli ultimi secoli. (...) Ogni volta succede così. Le belve si scatenano. Non saprebbero, per la gran parte, scrivere il proprio nome, ma spiegano come si ricostruisce una storia. Cosa va scritto e cosa no. Che pena.»
D.S.A. e L.M., Sloane Avenue. Il crollo del "processo del secolo", in «Silere non possum», 25 settembre 2025. LENTAMENTE (TROPPO LENTAMENTE) VERSO I TRIONFO DELLA VERITÀ «Il paradosso è che coloro che sono stati assolti – sacerdoti funzionari che hanno servito la Santa Sede con dedizione, senza aver mai commesso alcun crimine – non avevano bisogno di un “cavillo” per dimostrare la loro innocenza: lo avevano già fatto in primo grado e lo avrebbero fatto in secondo. Quello che fa più male, ora, è vedere ridotta a un tecnicismo la fine di un percorso che ha infangato la vita di persone integre, gettandole in un vortice di sospetti e insinuazioni. Un vortice alimentato da chi ha trasformato il Vaticano in un far west, senza alcun rispetto per la figura sacerdotale. (...) questa bagarre è stata pianificata e orchestrata da una donna repressa, ossessionata da un odio spasmodico verso colui che ritiene responsabile della sua cacciata dal Vaticano, e da un avvocato assetato di notorietà, ansioso di comparire sui giornali come il grande fustigatore. Ma non basta: l’intera vicenda è stata resa possibile dall’operato truffaldino e illegale di alcuni membri degli organi di polizia di questo Stato, che da anni praticano dossieraggi, intercettazioni abusive e pedinamenti su cardinali, vescovi, sacerdoti e laici. Un’attività costruita non per cercare la verità, ma per colpire, screditare e manipolare. (...) Oggi, forse, iniziamo finalmente a intravedere il trionfo della verità.»
Sante e Giancarlo Cavalleri, Processo Becciu: tre udienze, tre sconfitte per Diddi. Il cardinale: "Un bel segno, ma il cammino continua", in «Faro di Roma», 25 settembre 2025. «È un bel segno, ma c’è ancora un cammino da fare», ha commentato Becciu all’uscita dall’aula, senza ostentare rivincite personali ma lasciando trapelare la soddisfazione di chi ha visto incrinarsi un impianto accusatorio costruito a colpi di clamore e forzature giuridiche. (...) Le chat acquisite dagli atti processuali mostrano una realtà sorprendente: dietro alcune delle manovre che hanno alimentato l’inchiesta ci sarebbe stata la regia di Chaouqui, già coinvolta nel caso Vatileaks 2. Dai messaggi emergono contatti, pressioni, progetti di delegittimazione che avrebbero avuto come obiettivo la costruzione di un “caso Becciu” capace di travolgere non solo il cardinale, ma anche gli equilibri interni della Curia. Queste rivelazioni gettano un’ombra pesante sulla genuinità delle accuse, alimentando il sospetto che il processo sia stato condizionato da macchinazioni e interessi estranei alla ricerca della verità. La combinazione tra le sentenze sfavorevoli a Diddi e la pubblicazione delle chat segna un momento cruciale. Il cardinale Becciu, che per anni è stato dipinto dai media mainstream come l’emblema della corruzione vaticana, oggi appare come la vittima di un meccanismo che ha mescolato fretta giudiziaria, pressioni mediatiche e giochi di potere. Non è ancora la fine del percorso: «Il cammino continua», ha ricordato lo stesso Becciu. Ma il vento sembra girare. Ogni battuta d’arresto dell’accusa avvicina l’ex Sostituto a una riabilitazione che quanti lo conoscono avvertono come urgente e necessaria, e quanti hanno seguito il processo auspicano sulla base dell’assoluta mancanza di prove che sostengano l’ingiusta condanna subita in primo grado. Il vero sconfitto, al di là delle singole sentenze, è il metodo Diddi: l’idea che il diritto possa essere piegato all’urgenza di colpire, contando sul sostegno politico e sulla ratifica papale per coprire le crepe. Le ultime udienze dimostrano che questa stagione è finita. Il processo Becciu, nato per segnare una svolta nella giustizia vaticana, rischia ora di passare alla storia per il suo contrario: come il caso in cui le forzature e i giochi di potere si sono ritorciti contro chi li aveva orchestrati.»
Francesco Peloso, Processo Becciu, nuovo colpo di scena in Vaticano: dichiarato inammissibile l'appello dell'accusa, in «Domani», 25 settembre 2025. CAMBIA IL VENTO «Il promotore di giustizia Diddi, nell’appellarsi rispetto alla sentenza di primo grado, ha commesso errori formali che hanno portato alla decisione della Corte. Le conseguenze non sono di poco conto. Da processo del secolo a processo infinito: è questa la piega che sta prendendo il procedimento giudiziario in corso in Vaticano sull'affaire della compravendita, con i fondi riservati della Segreteria di Stato, di un immobile di lusso situato in Sloane Avenue, a Londra. Questo almeno è quanto sta emergendo dalle prime udienze del processo di appello segnate da una serie di colpi di scena che, di fatto, stanno mettendo in discussione le scelte compiute dall’accusa nel primo grado del procedimento. In breve, nell'udienza del 25 settembre è accaduto che la Corte d'appello vaticana, presieduta da mons. Alejandro Arellano Cedillo, ha dichiarato l'inammissibilità dell'appello proposto dal promotore di giustizia Alessandro Diddi rispetto alla sentenza di primo grado del 16 dicembre 2023. In sostanza, se le difese avevano fatto ricorso in appello per tentare di ribaltare la sentenza, altrettanto aveva fatto l’ufficio del promotore di giustizia (equivalente al pubblico ministero), solo che quest’ultimo aveva commesso una serie di errori formali che hanno determinato la decisione della Corte. (...) In pratica, il promotore Diddi non aveva depositato una dichiarazione con la quale impugnava la sentenza di primo grado, ma si era limitato a depositare la requisitoria pronunciata al termine del processo (un atto, dunque, antecedente alla stessa formulazione e alla pronuncia della sentenza), senza contare che non aveva rispettato i tempi per farlo. (...) Il presidente della corte, mons. Arellano, ha poi dato lettura di una sentenza parziale. Introducendola ha citato il favor rei (le garanzie in favore dell’accusato), rimarcando così il rispetto dei principi del giusto processo [principi non rispettati nel processo di primo grado ].»
Valentina di Giorgio, Caso Becciu: juicio de apelación del Vaticano se adentra en aguas inexploradas en medio de cuestionamientos sobre el papel de la fiscalía, in «Zenit», 26 settembre 2025. «¿puede una ciudad-estado que opera como una monarquía absoluta demostrar de forma convincente su adhesión a los principios del debido proceso? La publicación de miles de páginas de mensajes de WhatsApp y grabaciones de audio no ha hecho más que aumentar la incertidumbre. Sugieren una red de influencias, con intermediarios laicos —en particular Francesca Chaouqui, figura conocida por anteriores escándalos de filtraciones del Vaticano— que supuestamente persuadieron a monseñor Alberto Perlasca, quien fuera sospechoso, para que declarara contra Becciu. Ese drástico giro en 2020 transformó la investigación y, en última instancia, garantizó las condenas. La defensa ahora argumenta que este testimonio estuvo viciado desde el principio. (...) El futuro de Diddi pende de un hilo, a la espera de la decisión del Tribunal Supremo de Casación del Vaticano, presidido por el cardenal Kevin Farrell. Ya sea que continúe en su cargo o se vea obligado a dimitir, la apelación inevitablemente determinará cómo tanto los miembros del Vaticano como la comunidad católica mundial perciben la credibilidad del sistema de justicia de la Santa Sede. Para una ciudad acostumbrada a los rumores en los pasillos y a los juicios a puerta cerrada, el espectáculo de los abogados defensores ridiculizando abiertamente los documentos de la fiscalía, calificándolos de «ofensivos para nuestra inteligencia» y «una falta de respeto» hacia el tribunal, no tiene precedentes. Cualquiera que sea el veredicto final, el juicio ya ha expuesto a la justicia del Vaticano a un nivel de escrutinio que ha buscado evitar durante mucho tiempo, una exposición de la que puede que no haya vuelta atrás.» Anche in inglese.
Francesco Capozza, Diddi, bocciato il ricorso. E ora Becciu ci spera, in «Il Tempo», 26 settembre 2025. A proposito del titolo: il card. Becciu ha sempre nutrito speranza, come un uomo che sa di essere innocente e, tutto sommato, crede anche nella possibilità di una giustizia terrena.
Luigi Bisignani, Il giurista e quell'errore da principiante, in «Il Tempo», 26 settembre 2025. «UNA STORIA GROTTESCA FIRMATA BELZEBÙ? «Il professore che pontificava sul codice ha ignorato il codice stesso. (...) La palla passa alla “Cassazione” vaticana, per deliberare sull’istanza di ricusazione del Promotore Diddi. Un organo unico al mondo, composto da quattro cardinali. Peccato che già alla partenza la squadra scricchioli: uno dei quattro, risulta palesemente incompatibile per essere stato testimone di una delle persone coinvolte nelle chat allegate alla ricusazione. Tanto che nei corridoi della Curia i giuristi si interrogano se non sia il caso di ridurre il collegio a tre giudici. Ma, si sa, le regole in Vaticano sono elastiche come un rosario di gomma: così qualcuno propone di chiamare una delle due professoresse già indicate come possibili supplenti. E qui il paradosso tocca il grottesco: una delle due candidate ha pubblicato libri insieme proprio a Diddi, il Promotore che ha sbagliato l’appello. Cioè: il giudice del giudice diventa la collega di penna dell’accusatore. Se non fosse vero, sarebbe geniale satira, quasi come il film di Totò. Le vie del Signore, si sa, sono infinite, ma in questo caso sfociano in un vicolo cieco di conflitti d’interesse. E da lassù, Bergoglio (...) ride amaro, con Pignatone che ha presieduto il Tribunale ed è sotto inchiesta per una storiaccia di mafia e il SuperPM che inciampa sul diritto sussurra: «ma questi due chi me li aveva raccomandati... Belzebu?».
John L. Allen Jr., Will 'ungly mess' in Becciu case obscure the real issue facing Vatican justice?, in «Crux», 28 settembre 2025. IL PASTICCIACCIO DELLA MALAGIUSTIZIA VATICANA «“Ugly mess” seems about right, given that we’re talking about a trial riddled with procedural irregularities, one which featured charges of the chief prosecutor colluding with two shady Italian laywomen to cook the testimony of the star witness, and where the presiding judge is now under investigation in Sicily for alleged mob ties. (...) It’s an especially humiliating result for Diddi, who in Dec. 2024 published a book on the Vatican’s penal procedure, yet now has been revealed to have either ignored or never understood one of its principalet codicils. (...) In modern democratic societies, the hallmark of a truly legitimate system of justice is its independence. It must not be subject to the control of any external force, including the political establishment of the state in which it operates. It’s a principle with which Catholic social teaching agrees; St. John Paul II in 2000, for instance, said the judiciary in a democratic state requires its own “autonomous and constitutionally protected function.” There is no such separation of powers in the Vatican, where the pope is the supreme executive, legislative and judicial authority. In terms of the Vatican’s judiciary, including its civil branch, the pope hires and fires the judges, he sets the rules of procedure, and he’s free to intervene in any case at any time. Pope Francis, in fact, used that authority liberally in the Becciu case. In such a system, modern expectations of due process can never be satisfied, no matter how virtuous the individual actors may be. To put it differently, the problem with civil justice in the Vatican isn’t just a particular prosecutor or a given trial. It’s structural, and it pivots on a complete lack of separation of powers. Until that underlying defect is addressed, no civil trial the Vatican conducts will ever be taken seriously by responsible jurists anywhere else, no matter how properly it may be run. (...) In any event, the separation of powers in the civil sphere, not the spiritual, will have to be addressed sooner or later. One hopes the “ugly mess” of the present case won’t delay that day of reckoning.» Anche in italiano.
Luis Badilla e Robert Calvaresi, Il processo Becciu, così amplificato in passato anche con menzogne e mistificazioni, comincia a crollare strepitosamente. La via della verità è aperta. Cambia il vento in Vaticano e anche l’aria tra i giornalisti, ma non tutti, in «Osservazioni casuali», 86, 20-27 settembre 2025. Quegli ordini usciti da Santa Marta in violazione dei più fondamentali diritti umani. E i giornalisti del mondo – quasi tutti – comportatisi come pecoroni, sulla linea del più becero clericalismo. Uno scandalo epocale. «L'ormai cosiddetto “processo Becciu”, che la stragrande maggioranza della stampa italiana ha fiancheggiato come erano le indicazioni che uscivano dalla Sala stampa di Santa Marta, ora, nel sua fase di appello, squarcia verità ma riconosciute. Non sappiamo come andrà a finire. Ad ogni modo le decisioni della Corte sull'inammissibilità dell'appello del Promotore Alessandro Diddi, anticipano come possibili e probabili altre piccole e grandi svolte. I commenti che si potrebbero fare sono molti e alcuni piuttosto devastanti. Il processo contro il cardinale Becciu non si sarebbe dovuto fare. Si è trattato di una montatura, di un complotto, e alcuni volti dei colpevoli sono riconoscibili. Per ora serve pazienza e attenzione.» PS: Oh, eccome se sono riconoscibili i volti e i nomi dei colpevoli, dentro e fuori le mura vaticane! Io ne sto stilando l'elenco. Un consiglio ai primi: diano al più presto le dimissioni e si allontanino – tanto – dal Vaticano. Meglio di propria iniziativa, se hanno un briciolo di dignità, oltre l'apparenza.
Andrea Gagliarducci, Leo XIV and the "trial of the century", in «Monday Vatican», 29 settembre 2025. Anche in italiano. E in portoghese. E in spagnolo. E in francese. «Paradossalmente, il pontificato di Papa Francesco ha assistito a un riavvicinamento con il suo ingombrante vicino italiano. L’accordo tra Italia e Santa Sede, che prevede che i dipendenti vaticani paghino le tasse anche in Italia, risale al 2015. Questo accordo ha minato la sovranità della Santa Sede. Persino l’Autorità di Informazione Finanziaria, i cui membri erano internazionalizzati, è tornata a essere gestita da Italiani provenienti dalle fila della Banca d’Italia. E, ovviamente, la giustizia vaticana non è mai stata così strettamente legata alla giustizia italiana come quando Giuseppe Pignatone è stato nominato Presidente del Tribunale di Primo Grado. Allo stesso tempo, i membri del Tribunale hanno spesso ricoperto incarichi in Italia: le ultime riforme di Papa Francesco hanno anche eliminato il requisito che almeno un giudice lavori esclusivamente per il Vaticano.»
Sandro Magister, Cantiere aperto, sulle macerie della giustizia vaticana, in «Settimo Cielo», 30 settembre 2025. «“Il fatto che la vittima si faccia avanti e formuli un'accusa, e che l'accusa sia presumibilmente fondata, non annulla la presunzione di innocenza. Quindi anche l'imputato deve essere protetto, i suoi diritti devono essere rispettati”. (...) Il secondo “vulnus” inferto ai principi basilari del sistema penale della Chiesa è la frequente applicazione retroattiva all’imputato di norme a lui sfavorevoli ma inesistenti nel momento in cui egli avrebbe compiuto il delitto per cui è sotto accusa, perché emanate solo in epoca successiva. Dagli esperti di diritto ecclesiastico si sono levate forti critiche a queste lesioni del “giusto processo” che ormai connotano i processi canonici. (...) può essere anche un rischio salutare. Ed è ciò che sostiene Geraldina Boni, ordinaria di diritto canonico all’università di Bologna e consulente del dicastero vaticano per i testi legislativi, nonché presidente in Italia della Commissione interministeriale per le intese con le confessioni religiose, a coronamento di un documentatissimo saggio su “La lesione dei principi di legalità penale e del giusto processo nell’ordinamento canonico”, scritto assieme ai suoi allievi, ora professori, Manuel Ganarin e Alberto Tomer : “L’intervento quasi suppletorio e surrogatorio del potere temporale potrebbe dispiegare un potente stimolo, tale da scoraggiare e distogliere l’autorità confessionale dalla tentazione insidiosa di voler reprimere senza alcuna indulgenza atti odiosi e deplorevoli, intento certo in sé astrattamente lodevole, ma al costo, inaccettabile, della distruzione di quella conquista di civiltà, alla quale pure l’ordinamento canonico ha generosamente collaborato, che è il giusto processo”. (...) Ma anche questo processo ha provocato un diluvio di critiche da parte di giuristi e canonisti, per “le violazioni gravissime del diritto, persino di quello divino” (...). Con in più ulteriori materie di critica sia per quanto venuto alla luce nell’intervallo tra i due processi, sia per quanto sta accadendo ora nel processo d’appello, dove però già si notano i segni di un’inversione di rotta. (...) Il presidente della corte d’appello, l’arcivescovo Alejandro Arellano Cedillo, ha accolto la richiesta di ricusazione e ha rimandato la decisione finale sulla sorte di Diddi alla corte di cassazione dello Stato della Città del Vaticano : una corte che papa Francesco ha affidato nel 2023, con scelta sconcertante, a quattro cardinali del tutto digiuni di diritto come Joseph Farrell, Matteo Maria Zuppi, Augusto Paolo Lojudice e Mauro Gambetti, con l’ausilio di due giuriste, Antonia Antonella Marandola e Chiara Minelli, la prima delle quali è però anche coautrice di libri con lo stesso Diddi.» Sarà possibile dare un taglio all'arbitrarietà della giustizia vaticana? Anche in tedesco. E in francese. E in inglese. E in spagnolo.
Francesco Capozza, Papa Leone parla per la prima volta del caso Becciu: "Il processo deve andare avanti", in «Il Tempo», 30 settembre 2025. «... due novità, che sono poi anche la vera notizia. La prima: questo Papa non intende interferire nel processo, come ripetutamente fatto dal suo diretto predecessore anche con atti legislativi a processo di primo grado in corso ed evidentemente non sta nemmeno prendendo in considerazione l’ipotesi di graziare il cardinale Becciu (il quale, peraltro, ha sempre rifiutato l’ipotesi). La seconda: nessun accenno al promotore di giustizia Alessandro Diddi, ma solo ai giudici e agli avvocati della difesa. Un segnale importante, quest’ultimo, rivolto a tutti quelli che già immaginavano Papa Leone imporre la sua volontà ai quattro cardinali della Cassazione vaticana chiamati a decidere sulla richiesta di ricusazione avanzata dalle varie difese nei confronti di Diddi.»
U Vatikanu započeo žalbeni postupak u financijskom procesu, in «Tockazarez», 1° ottobre 2025.
Giuseppe Nardi, Leo XIV. und der Preis der "Ganzheitlichkeit", in «Katholisches», 1° ottobre 2025. «In bezug auf den Finanzprozeß um Kardinal Angelo Becciu zeigt sich Leo XIV. staatsmännisch nüchtern: keine Einmischung, keine Einflußnahme – ein klares Signal für Rechtsstaatlichkeit innerhalb des Vatikans. Damit kehrt er zur Linie Benedikts XVI. zurück. Von Franziskus war man anderes gewohnt: intransparente Interventionen, vor allem zugunsten von Freunden oder Freunden von Freunden. Leo XIV. demonstriert an dieser Stelle einen Stilwechsel.»
Felice Manti, «Distruggere i brogliacci? Da Pignatone una prassi contro la legge», in «Il Giornale», 3 ottobre 2025. Affidare a questo "signore" l'amministrazione dell'(in)giustizia in Vaticano? Fatto.
Carmine Gazzanni e Claudia Carotenuto, Mafia e appalti: nel mirino l'ex magistrato Giuseppe Pignatone, in «Far West» di Salvo Sottile, 3 ottobre 2025. SEGUITE BENE, PER FAVORE! A questo soggetto, il giudice Giuseppe Pignatone, è stata affidata la presidenza del Tribunale vaticano. E ha condannato un innocente, senza un briciolo di prova. A che gioco sporco si sta giocando in Vaticano? Chi è onesto non può restare indifferente. Chi tace è complice.
Riforma o farsa? Così il Papa dei poveri ha trasformato il Vaticano in un condominio di privilegiati, in «Silere non possum»; 3 ottobre 2025. «Il Santo Padre Leone XIV guarda con grande attenzione anche alle questioni economiche e giudiziarie. Non lo proclama ai quattro venti, ma ha già incaricato alcuni collaboratori di fiducia di approfondire diversi dossier», confida un cardinale che ha servito a lungo nella Curia Romana. Il presule spiega che Prevost sta valutando ogni nodo con calma, rispettando i tempi che gli sono propri: «Abbiamo attraversato dodici anni difficili, e non si può pensare di rimettere ordine in poche settimane», osserva. (...) Papa Francesco è stato, paradossalmente, il pontefice che più ha esercitato il potere temporale da quando questo fu ufficialmente sottratto al papato il 20 settembre 1870. Se con san Paolo VI si era arrivati perfino a deporre il Triregno, gesto dal valore non solo simbolico ma epocale, con Bergoglio si è visto l’esatto contrario: ha deposto i segni esteriori, ma ha esercitato il potere temporale con una voracità mai vista nel Terzo Millennio.»
Prosecutor in Cardinal Becciu fraud trial is a liar, says banker, in «The Times», 3 ottobre 2025.
D.D.R., Fine dell'era dei dossier di Bergoglio. Leone XIV riporta al centro la Guardia Svizzera, in «Silere non possum», 4 ottobre 2025. «Il nuovo Pontefice ha iniziato a smantellare le logiche di potere e connivenza che avevano dominato l’era precedente. Stefano De Santis, che fu sempre accanto a Bergoglio durante gli spostamenti, è scomparso dalla scena: oggi è coinvolto in una vicenda che molti già chiamano il “caso Garlasco vaticano”. Un magistrato accusato di rapporti ambigui con una millantatrice e un Commissario della Gendarmeria, De Santis appunto, che passava informazioni riservate. La differenza, però, è che — a differenza del caso Garlasco — qui nessun procuratore sembra voler procedere con perquisizioni o indagini reali. Chi è accusato di azioni gravissime rimane tranquillamente al suo posto, senza la minima intenzione di dimettersi. Ma Leone XIV ha voluto dare un segnale forte, indicando chiaramente dove vuole riportare la struttura: ognuno al suo posto.»
Ivo Pincara, Il processo va avanti nonostante il Promotore di Giustizia, in «Korazym», 7 ottobre 2025. «L’Avv. Gian Domenico Caiazza, difensore del finanziere Raffaele Mincione, , ha rilevato che lo stesso Ufficio del Promotore di Giustizia nel 2022, con il processo Caloia (l’ex Presidente dello IOR) “ha chiesto ed ottenuto la inammissibilità di un atto di impugnazione per genericità dei motivi non più di tre anni fa”. Perché, ha domandato, oggi argomenta l’inammissibilità dello stesso mezzo, senza informarci di cosa accaduto nel frattempo?»
Franca Giansoldati, Vaticano, braccio di ferro Pm-Corte d'Appello sul processo di Londra: la parola va alla Cassazione, udienze sospese fino al 2026, in «Il Messaggero» 6 ottobre 2025. «E' stato anche rilevato un fatto anomalo, e cioè che lo stesso Ufficio del Promotore di Giustizia tre anni fa, nel 2022, con il processo Caloia (l’ex presidente IOR) aveva chiesto ed ottenuto la inammissibilità di un atto di impugnazione per genericità dei motivi. Di conseguenza, hanno chiesto in coro gli avvocati, perchè oggi il Promotore argomenta l’inammissibilità dello stesso mezzo, senza informarci di cosa accaduto nel frattempo? (...) Leone XIV davanti alle telecamere due settimane fa ha fatto sapere che «il processo deve andare avanti» e che lui «non ha intenzione di interferire» lasciando ai giudici d'appello e agli avvocati della difesa il compito di arrivare alla conclusione. L'uso del verbo “interferire” scelto dal pontefice per sottolineare che avrebbe lasciato parlare solo il Diritto Canonico, ha inevitabilmente fatto affiorare, invece, l'interventismo massiccio del pontefice precedente arrivato persino a firmare ,a indagini aperte, quattro decreti (rescripta) al fine di assegnare al Promotore di Giustizia – il pm - carta bianca assoluta sull'uso di intercettazioni, di misure cautelari e di libertà nel visionare il materiale sequestrato. Si tratta di un nodo incandescente – anche da un punto di vista canonico - sul quale i giudici al processo d'Appello dovranno affrontare al pari di un secondo problema macroscopico emerso in questi mesi e riguardante le chat omissate a suo tempo dal Promotore di Giustizia per non ben precisate questioni di riservatezza. Durante il processo di primo grado erano state secretate e tenute nascoste alle difese le conversazioni tra due donne, la lobbista Francesca Chaouqui, e Genoveffa Ciferri (l'amica del principale accusatore del cardinale Becciu, monsignor Perlasca), nonchè un gendarme e lo stesso Promotore di Giustizia, in un intreccio vorticoso di manipolazioni e macchinazioni. In oltre tremila pagine di chat sembrerebbe affiorare un quadro piuttosto opaco al punto da far scendere in campo diversi autorevoli canonisti, come per esempio Geraldina Boni: in Vaticano non ci sarebbe stato nemmeno un giusto processo perchè gli imputati non sono mai stati messi a conoscenza di questa montagna di materiale scottante.»
Il caso Pignatone e il silenzio che puzza di paura: soldi in nero, boss e prove distrutte. Ma nessuno fiata, in «La Novità», 6 ottobre 2025. Troppi complici?
Giusy Iorlano, Regno Unito, il finanziere Raffaele Mincione fa causa per frode commerciale contro il Vaticano, in «Milano Finanza», 9 ottobre 2025. Se tu non applichi la giustizia, poi può darsi che la applichi qualcun altro.
È morto Michele Morello, il giudice che assolse Enzo Tortora, in «Rainews», 9 ottobre 2025. Il coraggio della verità. Ce ne sono anche in Vaticano di giudici come questo?