Come tutte le cose belle e buone, la cultura appartiene a chi ne fa uso.
Come tutte le cose belle e buone, la cultura appartiene a chi ne fa uso.
«I nostri migliori». Uomini di studio e di penna in corrispondenza con Arnoldo M. Zendralli, a cura di Andrea Paganini, numero speciale dei «Quaderni grigionitaliani», LXXXVII, 4 (dicembre 2018), 270 pp.
Un numero monografico speciale dei «Quaderni grigionitaliani»: un vero e proprio libro, contenente un epistolario ruotante attorno alla figura del fondatore della Pro Grigioni Italiano, Arnoldo Marcelliano Zendralli (1887-1961), che per decenni si trovò al centro d’una rete di rapporti e di collaborazioni con vari esponenti della cultura e delle lettere.
Andrea Paganini vi ha raccolto, trascritto e commentato un corpus di 260 lettere intercorse tra Zendralli e quindici letterati – «uomini di studio e di penna» (quattordici uomini e una donna, per la precisione) –, vale a dire scrittori, poeti, studiosi di linguistica e di letteratura: i grigionesi Leonardo Bertossa, Remo Fasani, Peider Lansel, Giovanni Luzzi, Felice Menghini e Anna Mosca; i ticinesi Piero Bianconi, Guido Calgari, Enrico Celio, Vittore Frigerio, Giovanni Laini, Pio Ortelli e Giuseppe Zoppi; il bernese Karl Jaberg e l’italiano Piero Chiara (che nei Grigioni esordì come poeta e come critico letterario).
«I nostri migliori» – come li chiama Zendralli – sono insomma coloro che maggiormente contribuirono a valorizzare la cultura del Grigioni italiano e a sprovincializzarla: con studi e pubblicazioni – «più che la parola detta può la parola scritta» – che non finiscono di suscitare stupore e ammirazione per la vita culturale che fiorisce da una minoranza che si sforza di emanciparsi dalla sua marginalità geografica.
Dal carteggio – che per certi versi è una continuazione di quello pubblicato dal curatore nel volume Lettere sul confine. Scrittori italiani e svizzeri in corrispondenza con Felice Menghini (Interlinea, Novara 2007) – risulta un quadro composito e a tratti suggestivo che getta luce non solo sulla biografia del fondatore della Pgi e sui suoi corrispondenti, ma anche su un’epoca, una terra e una temperie intrisi di ideali e di tensioni culturali non comuni. Ne nasce, oltretutto, un senso di ammirazione e di gratitudine nei confronti di chi, per quegli ideali e quei fermenti, in un modo o nell’altro, diede le sue forze migliori.
In appendice Andrea Paganini presenta una riflessione terminologica – con approfondimenti diacronici e sincronici – sul nome del Cantone dei Grigioni e sul rispettivo aggettivo, proponendo un leggero cambiamento delle norme elaborate fra gli altri da Zendralli e stabilite dal Governo retico nel 1950.
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