Da Slarus, 268, L,
marzo-aprile 2010, pp. 28-31.
LORA DORO DI FELICE
MENGHINI
Il suo tempo, la sua opera, i
suoi amici scrittori
Atti del Convegno
Poschiavo, 8-9 dicembre 2007
A cura di Andrea Paganini
Nel 1797 Napoleone separ la
Valtellina dai Grigioni (e precisamente da Poschiavo, nella Val Poschiavo). La
Valtellina prima verr annessa alla Repubblica Cisalpina, e dopo la fine di
questa, allItalia. Poschiavo in quella occasione mantenne la sua appartenenza
ai Grigioni; sede duna stamperia fin dal XVII secolo, la cittadina ebbe il
vanto di pubblicare nel 1782 la prima versione italiana del Werther di Goethe
ad opera del milanese Gaetano Grassi. Tipografie, in quel territorio, ce ne
furono sempre molte, da quellevento in poi, a testimonianza dellamore per la
cultura dun popolo in larga misura dorigine lombarda, anche se da lungo tempo
integrato nella storia della Svizzera. I contatti fra le due culture,
norditalica e grigionese, furono intensi e continui, basti pensare, nel
cinquecento, allopera dellistriano Pier Paolo Vergerio. Certo che gli
svizzeri dorigine italiana, fieri della loro ascendenza, si sentirono,
dallottocento in poi, anche quelli di confessione protestante, molto legati a
rappresentanti dellarte e della letteratura della terra degli avi, soprattutto
al Manzoni e a Dante. A tutti noto, per citare un solo caso, lesemplare
commento che Giovanni Andrea Scartazzini (1837-1901), nativo di Bondo in Val
Bregaglia, fece al capolavoro del poeta fiorentino.
Ora, per iniziativa dun giovane,
valoroso scrittore poschiavino, Andrea Paganini, sappiamo che stata di
recente riproposta allattenzione dogni interessato la figura e lopera del
sacerdote e letterato Felice Menghini, anchegli di Poschiavo, perito
trentottenne in un incidente di montagna nel 1948. Proveniente da una famiglia
di tipografi, Menghini fu infaticabile e sensibile pastore danime e cultore di
vari generi letterari, dalla poesia alla traduzione poetica, dal saggio al
romanzo, e fondatore della collana letteraria Lora doro. A tale collana si
richiama nel titolo il volume curato da Paganini, Lora doro di Felice
Menghini, pubblicato dalla rinata casa editrice Lora doro nel 2009, a
cento anni dalla nascita del sacerdote scrittore.
Dopo l8 settembre 1943, vari
prosatori e poeti lombardi si erano rifugiati nei Grigioni; fra loro cerano
nomi destinati a divenire illustri, quali P. Chiara, G.C.Vigorelli, R.Fasani
(nativo questi di Mesocco, nei Grigioni), G.Scerbanenco (dorigine ucraina).
Menghini li accolse tutti con entusiasmo e li incoraggi in ogni modo,
inserendo loro articoli nel giornale di cui era redattore responsabile, Il
Grigioni italiano e loro opere nella collana Lora doro, attiva dal 1945 al
1946. Piero Chiara e Remo Fasani, il primo con Incantavi e il secondo con
Senso dellesilio, fecero i loro primi passi come poeti in quella serie
editoriale, presso cui videro la luce in tutto cinque volumi (ricordiamo anche
quello dedicato alle Rime scelte del Petrarca). La tragica morte di Menghini
mise purtroppo fine alla benemerita iniziativa, con la quale il Nostro
intendeva rinsaldare i legami fra cultura italiana e svizzera e portare a
conoscenza dun vasto pubblico gli autori italiani pi significativi del
secondo dopoguerra. La sua ambizione, il suo progetto esistenziale riteniamo
fosse in fondo questo: fare della letteratura uno strumento delezione per
illuminare, anche in senso religioso, le coscienze incolte o dubbiose. Egli
infatti assunse tale attivit come integrativa della sua missione pastorale,
dal momento che il primo animo, se non dubbioso certamente inquieto, cui
giungesse come ristoro la contemplazione artistica Menghini riconosceva essere
proprio il suo. Mosso da tali intenti egli esord come narratore, con un volume
che vuole indagare nella psiche e nei sentimenti dei suoi connazionali, ma
meglio sarebbe dire conterranei: Leggende e fiabe di Val Poschiavo. Sapevamo,
di don Felice Menghini, che certa critica tipica degli anni 60-70 prendeva le distanze, da lui, giudicandolo uomo
di chiesa e di penna dotato di tanti buoni propositi, ma di scarsa originalit
nei contenuti e spesso artificioso nellespressione. Il volume di Andrea
Paganini viene a far giustizia di tali frettolosi e parziali giudizi; in esso
il curatore offre soprattutto un efficace raffronto, circa lopera di Menghini,
fra punti salienti della sua formazione spirituale, momenti della vita di
relazione e stralci rilevanti della produzione letteraria, ricavandone criteri
e suggerimenti dinterpretazione pi lucidi ed attuali. Balza, da queste
pagine, il ritratto dun personaggio dinteressi vasti e profondi, anticipatore
anche, sotto certi profili, di tendenze estetiche successive. Per quanto ci
riguarda, quello che noi sentiamo pi vicino il Menghini poeta e traduttore
di poesia. In entrambe queste attivit, secondo noi, non difficile ravvisare
un atteggiamento psicologico dellautore, che costituisce forse il contrassegno
pi evidente della sua vocazione allarte in senso lato. Abbiamo parlato delle
sue inquietudini, delle sue incertezze, che non sono, come tendevano a
insinuare quei critici di cui sopra, sintomi rivelatori duna personalit
dappoco. Nella rapida parabola espressiva e vitale di questo sacerdote, il cui
animo reca in s impressi sia pure di riflesso e tacitamente gli echi di due
guerre mondiali, non cՏ contrasto, come per i romantici, fra passione e
ideale. Poich in lui lideale si identifica con Dio, Dio stesso che sana e
risolve il contrasto, tramutandolo anzi in prospettiva edificante di vita. Un
vero prete deve avere le sue certezze di fede, e Menghini le ha, ma non certo
motivo di scandalo che egli possa nutrire dubbi sulle sue capacit di far
fronte a un compito cos gravoso come quello desser guida danime e nel
contempo artista originale. Specialmente nella situazione culturalmente fluida
che da sempre caratterizza un territorio di frontiera. Donde labbarbicarsi di
don Menghini a delle certezze assolute, diciamo di carattere etico-estetico. Il
bello nasce da Dio, opera di Dio, per cui lanimo sensibile che sabbandona
alla contemplazione del bello, della natura, che da Dio proviene, raduna in s
tante considerazioni e pensieri positivi, su Dio e sulla sua presenza nel
mondo, che poi in grado di trasmettere a coloro che a quella contemplazione
non hanno saputo elevarsi. Lio di Menghini quindi un io sempre in rapporto
col mondo. Per quanto abbiamo potuto leggere, di questo autore, si tratta dun
approccio estetico-moraleggiante eppure concreto alla realt che percorre tutta
la sua poesia, e ne forma la cifra. Egli ama rievocare la sua infanzia e
giovinezza e i loro luoghi, con accenti che sono commossi e delicati a un
tempo. Si percepisce, nelle poche liriche riportate da Paganini, a cominciare
dalla prima, Tramonto in campagna, che nei versi di Menghini cՏ anzitutto un
forte sentimento del tempo, inteso come spazio o misura entro cui luomo ha un
importante compito da adempiere: maturare in s la coscienza di non essere
vissuto invano. Oppure, ma non cՏ molta differenza, Menghini pu intendere la
vita (si veda Mistero) come alternanza, o spazio, fra dolore e consolazione.
Non sempre la sua esposizione scorrevole, ma le pi volte chiara,
trasparente, grazie a un acuto intuito della natura, di sapore forse tardoromantico,
ma con la novit duna fede nellazione, nella solidariet che conquista
continua (Ecco si calma il vento).
Il fattore estetizzante
saccentua poi, in Menghini, nella sua opera di traduttore; del resto, quando
pose mano alle sue versioni poetiche, lEuropa era ancora sotto leffetto di
autori, per citare un italiano e
un tedesco, come DAnnunzio e George. Egli tradurr, cosa sintomatica, anche
George, ma il suo prediletto Rainer Maria Rilke. Del quale, in termini di
fede, non condivide certo il cristianesimo fortemente intriso destetismo, ma
sicuramente soggiogato dal balenare delle sue immagini, dallaccostamento
improvviso e prezioso di concetti e figurazioni. E i versi che rendono
lespressione tedesca non hanno le rime, non hanno forse il levigato incanto
della parola originale, ma una sorta danelito franto che dice il modo in cui
un animo accoglie il senso di mistero che da quelle liriche emana, che
stupore dinanzi al sacro. Cos per Il cigno, cos per i Sonetti a
Orfeo, che Paganini riporta nel capitolo specificamente dedicato a Menghini
traduttore di Rilke. Gli intenditori di poesia sanno che atteggiamenti come
quelli che abbiamo riscontrato in Menghini verranno poi variamente
riecheggiati, in maniera quasi del tutto inconsapevole, da poeti italiani delle
generazioni successive, dagli anni 50 in poi; basti pensare a Ungaretti, e a
certe composizioni di Saba.
Il volume di Andrea Paganini
passa poi a esaminare gli altri modi in cui si espresso il variegato mondo
letterario di Menghini: i suoi rapporti con personaggi di Poschiavo, con
scrittori importanti, quali Chiesa, Vigorelli, Scerbanenco, il valore
documentale dei suoi pezzi giornalistici e dei suoi vari appunti, ecc.
Esaurienti, al riguardo, le esposizioni di critici di vaglia, quali, per fare
solo pochi nomi, Massimo Lardi, Raffaella Castagnola, Pietro Monfortani. Il
lettore vede cos da una parte alimentata, da unaltra appagata ma pronta a
riproporsi, la propria curiosit intorno a questa accattivante figura di prete
e dartista che seppe fare, della sua breve vita, esemplare testimonianza e
atto dofferta a Dio e agli uomini.
Claudio Angelini