Edoardo
Barbieri, Andrea Paganini, Un'ora d'oro della letteratura italiana in
Svizzera,
in ÇAlmanacco BibliograficoÈ, 0, novembre 2006, pp. 7-8.
000-d Andrea
Paganini, UnĠora dĠoro della letteratura italiana in Svizzera, Prefazione di Michele Fazioli,
Locarno, Armando Dad Editore, 2006 (LĠofficina. Nuove ricerche sulla Svizzera
italiana, 19), pp. 320 + 32 di fotografie fuori numerazione, ISBN
88-8281-187-5, s.i.p.
LĠautore, giovane storico e critico della
letteratura italiana, si cimenta brillantemente nella ricostruzione storica di
un evento editoriale di particolare interesse. Scoperte anni addietro in una
soffitta della nativa Poschiavo le carte e lĠarchivio del sacerdote Felice
Menghini (1909-1947), oltre a un prezioso carteggio coi numerosi intellettuali
italiani rifugiatisi in Svizzera negli anni Ġ40 (carteggio che vedr presto la
luce), Paganini vi ha rinvenuto la documentazione relativa alla collana
editoriale ÒLĠora dĠoroÓ, pubblicata a Poschiavo tra 1945 e 1946, presso la
Tipografia del Grigione Italiano di propriet appunto della famiglia Menghini.
Unendo le carte ritrovate, i libri pubblicati, gli articoli, le recensioni e le
poesie comparsi a suo tempo sui giornali svizzeri, nonch qualche testimonianza
successiva, lĠautore ha modo di ridisegnare in maniera esemplare unĠintensa
avventura intellettuale e umana.
A
dire il vero gi cĠera stato chi, proprio in memoria di quel momento tragico ma
eccezionale, aveva richiamato alla memoria lĠopera di Menghini: Piero Chiara
nel 1977 con la raccolta delle sue poesie e Remo Fasani con uno studio
complessivo della sua figura nel 1995. In questo caso per, senza che lĠautore
ceda alla tentazione di una troppo tecnicistica esposizione dei dati, la massa
del materiale ritrovato permette di passare dalla rievocazione memorialistica,
pi propriamente alla storia dellĠeditoria. Con ci Paganini resta un letterato
attento innanzitutto ai testi pubblicati e alla loro interpretazione.
Menghini,
sacerdote cattolico in nulla dissidente, laureato in lettere alla Cattolica con
Mario Apollonio, fu brillante poeta e traduttore dal tedesco, ma soprattutto
animatore culturale della minoranza italiana della Svizzera (e della piccola enclave italofona nel Canton Grigioni), con
unĠassidua presenza di conferenziere e autore di articoli sui giornali locali.
Avvicinatosi con lĠumilt del pastore e lĠacutezza dellĠintellettuale a un
gruppo di esuli italiani, seppe intessere con loro il progetto di una collana
libraria che riuscisse a dar voce di parola e di poesia a unĠansia di
ricostruzione morale e civile. Nacque cos ÒLĠora dĠoroÓ. Tale esperienza qui
scandagliata nel suo contesto storico-culturale, ma anche nei suoi propri esiti
letterari e poetici (minuta e preziosa, per esempio, lĠanalisi di una serie
di versioni italiane di poesie di Rainer Maria Rilke).
Figlia,
dal punto di vista del prodotto editoriale, dei suggerimenti di Giancarlo
Vigorelli (ai suoi contatti si devono sia la scelta di alcuni collaboratori sia
la creazione del bozzetto della copertina, impreziosita da una curiosa
incisione: non arriv invece a vedere la luce una sua raccolta dal titolo Americana), la collana ebbe in realt un modesto
esito numerico: solo cinque volumetti, il cui valore per assai superiore
alla loro esile mole. Si ricorderanno dunque Incantavi, una raccolta di rime di Piero Chiara; Il senso dellĠesilio, poesie di Remo Fasani; Rime scelte del
Canzoniere di Francesco
Petrarca, con un saggio di Aldo Borlenghi; Giovanni Bertacchi poeta della
montagna, un saggio-antologia
di Emilio Citterio; Il fiore di Rilke, nella traduzione dello stesso Menghini. Altri contatti
intessuti con Giovanni Laini, Reto Roedel e Anna Mosca non ebbero invece
seguito, quantomeno nella collana che cess la propria vita assieme al suo
ideatore.
Resta
fuori dallĠesperienza qui analizzata il rapporto con Giorgio Scerbanenco, che
port questi a pubblicare a puntate sul settimanale ÇGrigione ItalianoÈ
unĠacuta serie di riflessioni morali dal titolo complessivo Il mestiere di
uomo (se ne veda ora
lĠedizione a cura di Paganini, Torino, Aragno, 2006). Don Felice Menghini
dallĠalto delle sue montagne vedeva chiaro e lontano: purtroppo, proprio la
montagna lo trad troppo presto perch il suo sogno divenisse qualcosa di pi
di una grande e struggente ora dĠoro.
E.B.