Citt
nuova, 25/09/2007
Scrittori di frontiera
di
Giovanni Casoli
Una
insolita antologia che illumina in varie prospettive molti capitoli del nostro
Novecento letterario
Andrea Paganini un giovane serissimo studioso
svizzero di letteratura italiana e svizzero- italofona. Me ne sono occupato
recensendo (Citt nuova n. 23/2006) il suo ottimo Un'ora d'oro della
letteratura italiana in Svizzera, analisi storico-critica dei rapporti di molti scrittori italiani,
fuorusciti o esuli in Svizzera durante la Seconda guerra mondiale, con un uomo
singolare, don Felice Menghini parroco di Poschiavo nei Grigioni. Quel libro
che documentava, con preziosit di archivio e scioltezza di cronaca, rapporti
fuggevoli o duraturi ma sempre seri, si completa ora con un'ampia antologia
della vasta corrispondenza di quegli scrittori con il sacerdote-
poeta-letterato e instancabile operatore e organizzatore culturale (Lettere
sul confine - Scrittori italiani e svizzeri in corrispondenza con Felice
Menghini (1940-1947),
con prefazione di C. Carena, Interlinea, 2007), e forma con essa un dittico
assolutamente insostituibile ed esauriente su quella singolare, locale ma
europea stagione letteraria.
Le
lettere, quasi tutte dei corrispondenti, colpiscono subito il lettore attento,
al di l della miniera di notizie, umori, progetti, opere, confidenze,
richieste ecc., per un fatto preciso che dimostra in che senso don Menghini
(morto presto in un incidente di montagna nel 1947) stato un grande; non
tanto per i suoi pur interessanti scritti poetici, e anche prosastici, nei
quali si avviava alla maturit espressiva; neppure, in senso stretto, per la
sua molteplice e instancabile opera di generoso organizzatore ed editore; ma
perch i suoi corrispondenti pi intimi, e fra tutti nominiamo Giorgio
Scerbanenco, Piero Chiara e anche Giancarlo Vigorelli (anche se un po' troppo
centripeto), emergono chiaramente nelle loro lettere sinceri e autentici, e non
facile essere l'una e l'altra cosa insieme, rispettosi e liberi, attirati e
autonomi, tanto da mostrarsi simultaneamente rispettosi, a volte riverenti, e
critici, grati e indipendenti, anzi vivamente propositivi. Una piccola collana,
una rivista locale e qualche altra occasione di pubblicare non bastano a
spiegare la fecondit e a volte la profondit di questi rapporti in un mondo,
come quello letterario, sempre affatturato da calcoli e guerre pi o meno
nascoste, ambizioni ed egoismi invincibili.
Questi
rapporti, in altre parole, disegnano in controluce e di rimbalzo - ed la
bellezza segreta del libro - il ritratto dell'assente-presentissimo Menghini,
uomo per cui il sacerdozio era il volto eterno anche dell'impegno transeunte ma
non contingente della letteratura, dell'arte, della poesia, aspetti correlativi
ma insostituibili dell'itinerarium ad Deum,
ed occasioni di fraterno scambio e carit con gli artisti pi aperti e
bisognosi del suo aiuto. L'esperienza religiosamente artistica - scrisse -
la pi difficile di tutte: appunto perch il primo passo, dir meglio, il
primo slancio, verso la santit. (...) poesia fu ed sempre sinonimo di fede:
difficile e rara nella vita la completa ed eroica manifestazione di questa;
altrettanto difficile e raro nell'esperienza poetica il pieno e perfetto
raggiungimento di quella. E lo diceva alla luce
potente della meditazione che contemplava la vanit e la poca, anzi la minima
importanza delle guerre mondiali e di tutto il miserabile arrabattarsi degli
uomini per le cose di questo mondo e di questa vita, gustando l'agostiniano Quod
aeternum non est, nihil est.
Ecco
perch il giovane Piero Chiara, il futuro narratore disincantato, vedeva in lui
la pi cara figura di amico dentro a quel consorzio ineffabile della poesia.
E
Giorgio Scerbanenco, il prolifico autore di romanzi specialmente gialli, nella
sua non-vicinanza alla Chiesa, con don Menghini si apre totalmente: Non ho
nulla, perch non sono nulla. Anche le poche persone che mi vogliono bene, come
lei, non possono arrivare a me, perch non si pu arrivare al nulla. E se da una parte scrutina con esattezza le poesie dell'amico sacerdote
(Circola in tutte un'aria di delicata mestizia, una pace sempre un poco
tormentata, una fede che non mai stasi),
dall'altra difende con convinzione il suo dovere d'artista di rappresentare
anche il clima corrotto, arido e brutale che nell'aria, la cui descrizione a
volte atterrisce Menghini; e arriva a dichiarare, davvero in un confessionale
laico, Io sono incapace di mettermi da un punto di vista unico, la mia
imparzialit assoluta, o quasi. Mi sembra di comprendere la vittima, ma anche
il suo carnefice. Il carteggio Scerbanenco certo il
pi significativo dell'antologia, e il personaggio tanto umanamente
interessante che Paganini ha editato di lui Il mestiere di uomo (Aragno, 2006), una raccolta di pensieri gi all'origine molto gradita
a Menghini.
In
sintesi: un'ora d'oro che l'accurato e impegnativo scavo prima materiale poi
critico di Paganini ha riportato pienamente alla, luce, illuminando in varia
prospettiva molti capitoli della letteratura del Novecento.